G. Scursi, Liber carminum
Dopo circa quattro secoli di silenzio, è tornato alla luce, ad opera di uno studioso, che da anni sta profondendo le sue energie alla riscoperta ed alla valorizzazione della cultura fiorita nella parte meridionale dell’Italia nei secoli XVI e XVII, ed in particolar modo della Calabria, l’opera completa di Giandomenico Scursi, forse l’ultimo epigono dell’umanesimo e rinascimento napoletano e meridionale in genere. Di Scursi, medico e poeta, aveva in un paio di occasioni soltanto accennato Vito Capialbi, che, nella prima metà dell’800, parlando di avvenimenti e personaggi di Vibo Valentia, ne riportava due brevi carmi di non ignobile fattura.
La scoperta del manoscritto autografo, cui nei tempi successivi al Capialbi, non si era data eccessiva importanza, e si credeva addirittura perduto, è opera di G. Scalamandrè. Questi, come si è detto, da tempo si sta dedicando alla scoperta ed alla valorizzazione di poeti ed uomini di cultura fioriti in Calabria nei secoli XVI e XVII; e, prima che gli venisse tra le mani il codice inedito di Scursi, si è a lungo occupato di Domenico Pizzimenti, un altro eminente personaggio di Vibo Valentia, alla cui influenza, che risaliva al magistero del Minturno, Scursi deve molto della sua formazione culturale e poetica. L’ ambiente era piccolo e facili le influenze.
L’ editore, però, non ha fatto solo opera di trascrizione ed edizione del codice; ma ha profuso impegno ed energie per collocare nella giusta luce un poeta ancora ignoto. Con pazienti e faticose ricerche in archivi pubblici e privati, in biblioteche ed opere di coetanei e conterranei, ha tracciato nell’introduzione un quadro vivo e scientificamente ineccepibile dell’ambiente di Vibo Valentia e di Napoli, dove Scursi ha trascorso gli anni più importanti della sua giovinezza e vi ha assimilato quella cultura che rendeva la città partenopea un centro di primissimo piano e meta preferita di artisti e poeti ..
Oltre all’ambiente del paese natio, allora un centro ricco e fiorente e commercialmente e culturalmente, Scursi è stato suggestionato soprattutto dal fascino della cultura napoletana, dove ancora viva era l’eco del Pontano e del Sannazzaro. Ma prima di dedicarsi alla lettura ed allo studio di così grandi umanisti, Scursi aveva già una buona conoscenza della poesia latina: Virgilio, Ovidio, Tibullo, Properzio e Marziale sono continuamente presenti nei carmi del poeta calabrese.
I CV Carmi che Scursi ha affidato al suo manoscritto sono vari, nel contenuto, nell’ispirazione e nella fattura: risentono dei diversi stati d’animo del poeta, dell’occasione e, soprattutto, della persona cui sono dedicati. La loro lettura, comunque è scorrevole e piacevole.
Un accenno particolare merita la traduzione, condotta con gusto e fedeltà, senza indulgere a rifacimenti personali anche là dove l’intervento dello studioso sarebbe stato necessario. Oltre al verso latino, molto spesso di squisita fattura, il lettore può parimenti ammirare la traduzione, opera poetica anch’essa, non indegna di Scursi.
Orazio Antonio Bologna