L’arte di Prospero
Il celebre monologo del V atto di The Tempest contiene la rinuncia di Prospero alla sua arte magica. Prospero ha appena perdonato i suoi nemici, smarriti nell’incanto dell’ isola che sembra averne assorbito il passato e filtrato la coscienza colpevole; scioglie l’incantesimo, e affida ad Ariel il compito di liberarli.
Rimasto solo sulla scena, Prospero pronuncia il monologo che si apre con un’invocazione agli evanescenti spiriti della natura che lo hanno servito, e, verso dopo verso, risuonano suggestivi echi dal discorso di Medea nel settimo libro delle Metamorfosi.
Prospero: «Ye elves of hills, brooks, standing lakes, and g roves, ( … ) / you demi-puppets that / By moonshine do the green, sour ringlets make, / Where of the ewe not bites; and you whose pastime / ls to make midnight mushrumps, that rejoice / To hear the solemn curfew, by whose aid / ( Weak masters though ye be) l have bedimmed / The noontide sun, called forth the mutinous winds, / And twixt the green sea and the azured vault / Set roaring war; to the dread rattling thunder / Have l givenfire (. .. ) / graves at my command / Have waked their sleepers, oped, and let’ em forth / By my so potent art.» (V. 1. 34-50)1.
In Ovidio, Medea ripete la sua invocazione magica nella notte misteriosa:
«Nox, ait arcanis fidissima, quaeque di Maria Paola Altese diurnis / aurea cum luna succeditis ignibus astra (. .. ). / Telius, polientibus instruis herbis, / auraeque et venti montesque amnesque lacusque / dique omnes nemorum dique omnes noctis, adeste! Quorum ope, cum volui, ripis mirantibus amnes / in fontes rediere suos, concussaque sisto, / stantia concutio cantu freta, nubila pello / nubilaque induco, ventos abigoque vocoque, (. . .) / et silvas moveo, iubeoque tremescere montes / et mugire solum manesque exire supulchris.» (VII, 196-206)2.
Ma se Medea si prepara a compiere un potente sortilegio di magia nera (ridarà la gioventù al vecchio Esone), Prospero conclude rinnegando la «barbara» magia e i suoi strumenti.
Prospero: «this rough magic / l here abjure (. .. ) / /’ li break my staff, / Bury it certain fathoms in the earth, / and deeper than did ever plummet sound / l’li drown my book». (V. 1. 50-57)3.
Prospero ha scelto di riconciliarsi con coloro che lo hanno tradito (Antonio, fratello «sleale», e Alonso, re di Napoli, dotato di un fratello altrettanto malvagio) e con il mondo degli uomini. Egli salperà dall’isola e tornerà ad essere il legittimo duca di Milano.
La tempesta magica che ha causato il naufragio della nave dei suoi nemici e gli incantesimi creati con l’aiuto di Ariel sono ormai alle sue spalle. L’arte di Prospero ha svelato il gioco costruito sullo scambio di realtà e illusione, inganno e verità, e ora viene respinta per raccogliere il pentimento dei cattivi e sostituita dal desiderio di una armonia finale, suggellata dalle prossime nozze di Miranda e Ferdinando, non a caso figli rispettivamente di Prospero e Alonso. È il lieto fine prospettato dal romance, che però non risolve la complessità del personaggio di Prospero e soprattutto l’ambiguo senso tragico della sua dedizione alle arti magiche, compreso il forte richiamo letterario alla Medea delle Metamorfosi. E non solo. Come ha sottolineato Harold Bloom nella sua lettura di questa ultima favola della maturità di Shakespeare, nella tessitura narrativa di The Tempest e nel personaggio di Prospero sembra permanere un mistero. E pone la domanda: «Perché il testo allude con tanta sottigliezza alla storia di Faust per poi trasformare la leggenda fino a renderla irriconoscibile?4»
La presenza di un confronto sotterraneo tra i due personaggi è certo molto suggestiva, a prescindere dalla conclusione dello stesso Bloom, che sembra propendere per una implicita riduzione del personaggio di Marlowe a modello ironicamente fallimentare nei confronti del ruolo quasi-divino ricoperto da Prospero. Il ruolo di Prospero oscilla infatti tra l’ambizione punita del Faust marlowiano, che emerge nel lungo racconto-prologo del primo atto, e uno sviluppo anti- tragico del personaggio.
Come Faust, avido studioso di arti occulte, Prospero non è però un eroe tragico compiuto5. Egli partecipa della tragedia di Faust come di quella di Lear, e condivide con Lear la colpa di essersi allontanato dalle responsabilità dello Stato.
Prospero: «The government I cast upon my brother, / And to my state grew stranger, being transported / And rapt in secret studies» (I. ii. 75-77)6.
Ma la colpa di Prospero nasce come per Faust dall’amore per lo studio, dalla sua dedizione ad un’arte occulta che contiene il pericolo del diabolico7. «Arte», sottolinea Melchiori8, è una parola-chiave di The Tempest, forse la più importante, in rapporto dialettico con quella «natura» che domina il tessuto verbale del Lear .
Per «arte» (solo la parola art/arts ricorre trenta volte in The Tempest) si intendeva l’arte magica, anche se il termine veniva esteso a tutte le attività intellettuali volte al superamento della condizione naturale dell’uomo. E Prospero descrive se stesso come uomo di impareggiabile valore nelle arti liberali: «1or the liberal arts / Without a parallel» (I. ii. 73-74).
È difficile stabilire quali fossero nel Rinascimento i confini tra il ruolo del filosofo, dello scienziato o del mago. Una questione assai complessa che lo storico Garin esamina a partire dall’affermazione di un nuovo tipo di intellettuale inquieto, «non vincolato ad ortodossie di sorta, uno sperimentatore di ogni campo della realtà come Leon Battista Alberti o Leonardo da Vinci, anelante a verità arcane e rivelazioni misteriose come Ficino, mago come Cornelio Agrippa, banditore di pace universale come Erasmo, medico dei corpi nell’armonia con le forze della natura come Paracelso, testimone di verità come Giordano Bruno»9.
Certamente, il clima culturale dell’Inghilterra di Elisabetta e poi del regno di Giacomo I combinava l’interesse continentale e umanistico per i classici con le istanze puritane della Riforma, che ponevano in primo piano la questione della salvezza e delle Scritture. Gli ideali umanistici della generazione di Shakespeare passano attraverso libri quali Schoolmaster (1570) di Roger Ascham o la traduzione delle Vite di Plutarco ad opera di Thomas North (1579), e si aprono al neoplatonismo che giunge in Inghilterra soprattutto attraverso i modelli italiani (Il Cortegiano di Castiglione venne tradotto in inglese nel 1561).
Gli esiti del neoplatonismo, rilanciato in Europa sul finire del Quattrocento da Marsilio Ficino, sono molteplici e riguardano il filosofo come l’uomo di scienza, fino a toccare i territori della magia e dell’occulto, in un comune disegno di indagine universale sui rapporti tra le cose, ed in primo luogo tra uomo e natura.
L’«Arte» di Prospero, suggerisce Kermode, ha in questo senso una doppia funzione: da un lato è capacità soprannaturale di governare gli elementi della natura, conquistata attraverso uno studio virtuoso e consapevole, dall’altro, è riflesso di un simbolico mondo platonico dominato dall’intelletto e opposto al mondo materiale dei sensi e degli istinti che sull ‘ isola è rappresentato da Caliban10.
Prospero può trasformare le umane passioni e gli appetiti dei sensi convertendoli ad una più nobile ragione (la trasformazione è anche il concetto fondamentale di tutto il processo alchemico, e attraversa The Tempest, suggerita dal sea-change della canzone di Ariel). Ed emerge infine una tensione verso una visione ‘ordinata’ della storia, nella quale la legittimità della successione dinastica è garantita dalle nozze di Miranda e Ferdinando.
La magia bianca di Prospero, opposta alla magia nera di Sycorax, e tuttavia così potente da vincere gli incantesimi della strega che prima di lui aveva dominato l’isola, è stata respinta. In qualità di mago Prospero ha forse superato gli ambigui confini tra un’arte benevola e la stregoneria, e il conflitto simbolico tra la memoria di Sycorax (adombrato anche nel richiamo letterario alla Medea ovidiana) e il proprio potere sembra in ultimo confluire in una privata e tutta umana battaglia tra bene e male11. Così, in una delle battute più enigmatiche del dramma, egli riconosce come appartenente a sé quella creatura mostruosa nata dalla strega, e rivolgendosi a Caliban dice: «this thing of darkness 1/ Acknowledge mine» (V. I. 275-276)12. La «barbara» magia deve cedere il posto alla storia e ad una morale imperniata sul perdono, il cui valore cristiano appare però più funzionale ad un recupero laico dell’ordine civile; ed è possibile scorgere una implicita aderenza a quella condanna della magia contenuta nel trattato di Giacomo I, Basilicon Doron, e variamente presente nel dibattito religioso e nella cultura del tempo, come nella commedia satirica di Ben Jonson intitolata The Alchemist (1610) e rappresentata dalla stessa compagnia di Shakespeare un anno prima di The Tempest.
Il racconto shakespeariano sfocia nella ricomposizione delle armonie precedentemente spezzate: il motivo filosofico della discordia concors annunciato dalla forma del romance. Se non fosse per quello spirito tragico che continua ad affiorare in Prospero, nel pensiero per il proprio futuro di solitudine e di morte, in quella Milano dove: «Every third thought shall be my grave» (V. I. 312)13. Fino all’Epilogo, che, come ha osservato Kott14, sembra un inquietante ritorno al punto di partenza, una grande fuga lirica dagli accenti strazianti.
Prospero: «Now I want / Spirits to enforce, art to enchant; / And my ending is despair, / Unless I be relieved by prayer, / Which pierces so, that it assaults / Mercy itself, andfrees allfaults» (Epilogue, 13-18)15.
Gonzalo, vecchio e onesto cortigiano, è stato testimone privilegiato dell’inafferrabile mistero della condizione umana, e ha rivelato la spaventosa nudità quasi alchemica di quel percorso di conoscenza dentro l’isola che coinvolge tutti, personaggi e spettatori.
Gonzalo: «Al! torment, trouble, wonder, and amazement /Inhabits here. Some heavenly power guide us / out of this fearful country! (V.I. 104-106). «Al! of us (found) ourselves / When no man was his own». (V.I. 212-213)16.
Nell’arco di un tempo compreso tra le tre e le sei, in un significativo rispetto delle unità aristoteliche, Prospero ha celebrato, per l’ultima volta prima di lasciare l’isola, la meravigliosa e terribile magia del mondo che diventa teatro, e che, scrive Agostino Lombardo17, rimane il senso più profondo di The Tempest.
Maria Paola Altese
NOTE
1 W. Shakespeare, La Tempesta, trad il. di S. Quasimodo, Mondadori, 1991, p. 149-150. «O voi, elfi dei colli, dei ruscelli, e dei laghi tranquilli e delle selve; ( … ) / o voi piccoli gnomi che a lume di lunafate cerchi d’erba aspra che la pecora / non bruca, che per gioco fate nascere / i funghi di mezzanotte e con gioia / udite il grave coprifuoco; voi, / mie deboli potenze: / col vostro aiuto ho oscurato il sole / a mezzogiorno, suscitato i venti / impetuosi ho sollevato il verde / mare in furia contro la volta azzurra, / dato fuoco al tremendo / e strepitoso tuono, (. .. ) / con la mia arte potente, / al mio comando, le tombe svegliarono / i morti, si aprirono a liberarli».
2 Ovidio, Metamorfosi, a cura di P. Bernardini Marzolla, Einaudi, 1994, p. 257-259. «Notte, fedelissima custode dei misteri; astri d’oro, che con la luna succedete ai bagliori del giorno; ( … ) Terra, che fornisci ai maghi erbe potenti, e voi brezze e venti e monti e fiumi e laghi, déi tutti delle foreste, déi tutti della notte, assistetemi! Grazie a voi, quando voglio i fiumi tornano fra le rive stupite alle sorgenti, rendo immoto il mare agitato, immoto lo agito per incantesimo, nuvole scaccio e nuvole raduno, mando via i venti oppure li chiamo, (. .. ) sradico e smuovo le querce, le selve, ordino ai monti di tremare, al suolo di muggire, alle ombre di uscire dai sepolcri».
3 «Rinnego, ora, la barbara magia (. .. ) / spezzerò la mia verga / e la metterò giù molte tese / sotto terra, e là, dentro il mare, dove / non giunge lo scandaglio, affonderò il mio libro», cit.
4 Harold Bloom, Shakespeare, The Invention of the Human, (1998), Milano, 2003, p. 491.
5 Molti critici hanno sottolineato la complessità interpretati va del disegno di The Tempest che si fonda sull’unione di tre diversi tipi di strutture drammaturgiche: tragica, pastorale, romanzesca. Cfr. Alessandro Serpieri (a cura di) , La Tempesta, introduzione, Marsilio, 2001.
6 «Affidai il governo a mio fratello. In breve tempo, / rapito dagli studi di magia, / divenni indifferente al mio alto grado». trad. il. cil.
7 Il «rapt in secret studies» di Prospero sembra evocare l’esclamazione di Faust «Tis magic, magic that hath ravished me» (Marlowe, 110), conferendogli una connotazione negativa che contiene il pericolo del diabolico. Cfr. Vaughan and Vaughan (editors) The Tempest, introduction, The Arden Shakespeare, 1999, p. 64.
8 Giorgio Melchiori, introduzione a La Tempesta, in Teatro completo di William Shakespeare, Milano, 1981, pag. 786.
9 Eugenio Garin, (a cura di), L‘uomo del Rinascimento, Bari, Laterza, 1995, p. 170.
10 Frank Kermode (editor), The Tempest, introduction, The Arden Shakespeare, 1954, pag. XLVIII.
11 Cfr. Stephen Orgel (editor), W. Shakespeare, The Tempest, introduction, Oxford, 1994.
12 «Riconosco come mio / questo essere delle tenebre». trad. il. cit.
13 «Ogni tre pensieri, uno sarà / per la mia tomba». trad. il. cit.
14 Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo (1961), Milano, 2006, pag. 167-170.
15 «Ora non ho più spiriti al comando, / non ho potere più per incantesimi, / e la mia fine sarà disperata / se non m’aiuta almeno una preghiera / che giunga in cuore
alla Misericordia, / liberando ogni mio peccato». trad. it. cit.
16 «Tormento, angoscia, meraviglia e terrore / abitano qui: una potenza celeste / ci guidi fuori da questo luogo spaventoso». «Noi abbiamo / ritrovato noi stessi,
quando nessuno era più se stesso». trad. il. cit.
17 Cfr. Agostino Lombardo, La Grande Conchiglia, Bulzoni, 2002.
Da “Spiragli”, anno XXI n.1, 2009, pagg. 25-28.
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