Un poema
libero da grammatica e da suoni
delle parole
libero
da tracce.
Un poema fratello
d’altri poemi
che spengano la sete
ai corsi d’acqua
e rilucano come pietre al sole.
Un poema
che sia senza il sapore
della mia bocca e sia
libero
da segnali di denti sopra il dorso.
Poema nato
agli angoli di strade, lungo i muri
come povere parole
con parole appassite
però
libero tanto
che da se stesso tragga
la decisione
d’essere
scritto o no.
IMPEGNO
Tocca ora al corpo
morire
giorno per giorno
andare
e disabituarmi
del volto
che io
chiamavo mio.
INTENTO
Ho tanto usato
questo corpo
tanto.
È giusto ch’io lo lasci
e lo metta a giacere. Perché sia
dimenticato.
SAZIETÀ BIOGRAFICA
Ho forse camminato senza piedi
e volato senz’ ali.
Sono un sogno svanito.
Scrivo lettere ai fiumi di frequente
mentre coltelli
puntano al mio cuore.
Che posso dire
(se smettono gli uccelli di cantare)
e come amare
(se amano gli amanti il suicidio)?
Gli assassini conoscono il mio nome.
INGANNO
In fin dei conti
costruiamo edifici
case giardini dove
sono sbocciate rose
tremule. In fin dei conti siamo sempre
sottomessi agli impegni d’ogni giorno
alle stagioni
dell’anno
ed alla rotazione della terra.
La nostra patria pensavamo fosse
questa.
da Risco, Nankin Editorial, Sao Paulo, 1998
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