L’anima nella danza: van Hoecke, tutta una vita per l’arte
Micha van Hoecke, un artista di origine russa, è uno dei più grandi coreografi viventi. Con la sua compagnia, l’Ensemble, e con il balletto Maria Callas, la voix des choses, ha rappresentato il nostro paese in Cina per l’Anno della Cultura e dell’ Arte italiana, dopo il trionfale successo di San Pietroburgo.
Personaggio poliedrico, oltre che coreografo è attore, musicista, pittore. Da oltre venti anni vive in Italia, a Castiglioncello, con i suoi danzatori e le sue danzatrici in una sorta di «famiglia allargata», ma soprattutto in una comunione artistica e umana: da Marzia Falcon, col fascino delle sue gambe sinuose, all’infinitamente plasmabile Miki Matsuse, dall’intramontabile Yoko Wakabyaski, all’intensa Catherine Pantigny. Per non parlare della grande Savignano, trasfigurata dalla sua recente collaborazione con Micha, che sembra averla condotta a una seconda giovinezza. Tutti validi artisti che lo hanno seguito da Bruxelles dove lui ha lavorato con Béjart, il quale lo aveva chiamato, ancora giovane, alla guida della sua famosa scuola Mudra. In Micha convivono due mondi: l’Oriente e l’Occidente. Due modi di intendere la vita, di interpretare l’arte, di proporsi al pubblico. Per i suoi sessant’anni, Carmela Piccione, una giornalista romana studiosa di musica e di danza, ha dedicato all’artista Micha van Hoecke un robusto saggio, ricco di notazioni critiche e documenti fotografici, da servire per un capitolo di storia della danza in Italia.
Una edizione pregiata, che fa onore al mondo dell’editoria. Contiene, tra l’altro, un lungo, appassionato colloquio con il coreografo sull’arte, la danza, la musica, la politica, la religione, la società. Vengono svelati fatti e avvenimenti inediti, i suoi amori, i motivi ispiratori delle sue creazioni, i rapporti con gli altri protagonisti. Il volume offre una serie di testimonianze di eminenti personalità del mondo dell’arte e dello spettacolo, come Jean Babilée, Luis Bagalov, Riccardo Muti e la moglie Cristina Mangiavillani, Maurice Béjart, Roberto De Simone, Carla Fracci, Liliana Cavani, Suso Cecchi D’Amico, Piero Lorca Massime, Vittoria Ottolenghi, Nicola Piovani, Luca Victor Ullate, Marella Ferrera, Catherine Pantigny, François Weyergads e tanti altri. Ne viene fuori un uomo e un artista inflessibile, rigoroso, severo, di straordinaria classe, appeal, ironia.
La danza accompagna le pagine del libro, ne scandisce i capitoli, le dichiarazioni di intenti, le riflessioni, le confessioni. Un leitmotiv che abbraccia una vita costellata di creazioni, soprattutto di incontri importanti come quelli con Béjart, Riccardo e Cristina Muti.
Il libro, per citare le parole dell’autrice nella introduzione,«non è solo un omaggio ad un grande artista, è una testimonianza di vita, di meravigliose utopie che si trasformano in realtà inseguendo sempre i propri sogni, nell’ambito di una rinascita e di una rigenerazione continua, che il teatro esplicita, che il cuore e la mente inseguono».
Ed ora alcune testimonianze. «Con la sua creatività e intelligenza, Micha è l’artista che ha infranto confini estetici» (Bacalov). «Micha è stato sempre il mio doppio … Ancora giovanissimo, gli affidai la guida della mia scuola Mudra. Aveva una grande esperienza del palcoscenico e soprattutto amavo quel suo modo così personale di accostarsi alla scena» (Béjart). «La sua è stata una fedeltà al proprio credo in un teatro totale conquistato tramite la preparazione non solo al balletto, ma anche alla recitazione, alla musica, al canto» (Bentivoglio). «Credo che chiunque abbia avuto occasione di incontrare M. si sia messo in viaggio prima di tutto dentro se stesso» (Caccavale). «Con M. ho scoperto che la danza è un’ arte severa» (Caroli). «Il suo modo di accostarsi al teatro è sorprendente e singolare. La sua danza, le sue immagini hanno qualcosa di cinematografico» (Cavani). «Professionista tenace, poeta della danza, mi ha sempre sorpreso con la semplicità delle sue immagini e la sorprendente felice ingenuità » (Damiani). «M. è un artista il cui gesto creativo parte dalla profondità abissale di un uomo visionario, di uno sciamano in trance, capace di trasmetterci gli echi del macrocosmo e del microcosmo, il respiro di una universale pulsazione cardiaca» (De Simone). «Nei suoi spettacoli conduce ad una chiave di lettura fatta di suggestioni, immagini spesso evocative piene di poesia che suscitano emozioni profonde» (Ferilli). «Fra tanti regali che la fortuna mi ha fatto e di cui ringrazio il Cielo, ci sono le occasioni che ho avuto di lavorare col grande Micha» (Piovani). «In ogni sua coreografia non c’è solo movimento, la sua danza non è pura gestualità. È uno dei pochi registi e coreografiche sanno raccontare una favola con l’anima e il candore di un fanciullo» (Lorca Massime). «Un compagno di viaggio straordinario, un fratello nelle intenzioni sulle vie dell’alto artigianato dello spirito, un maestro educatore, un uomo buono che coltiva la vera solitudine, consapevole però delle esigenze di questo mondo perché il mondo ha nell’anima» (Mazzavillani Muti).
Letizia Ferrazzano
Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 59.
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