Un eroe siciliano dimenticato delle battaglie risorgimentali
Giovanni Pantaleo (Castelvetrano 1831 – Roma 1879), nobile figura di uomo, di frate e di intellettuale, fu tra quelli che parteciparono, con senso di abnegazione
e per il bene della Sicilia, al moto insurrezionale garibaldino che portò all’unificazione dell’Italia. Insieme con tanti altri (mentre la grande massa di picciotti non ebbe altra alternativa che seguire Garibaldi, perché – dietro preventivi accordi – quella era la volontà di baroni e mafiosi), fra’ Pantaleo sperò, abbattuto il Borbone, un riscatto che avrebbe portato migliorie socio-economiche dei ceti più umili e per questo lottò, brandendo la spada, senza abbandonare il Crocifisso. Fu un valido combattente e un convincente predicatore di sani valori e di principi liberali e solo all’ultimo, l’Italia unita, si rese conto che erano cambiati i sovrani ma erano rimaste immutate le realtà socio-politiche della Sicilia e di altre regioni, con un inasprimento della presenza militare, a causa delle proteste e delle rivolte sopravvenute.
E tutto ciò perché non erano state mantenute le promesse. E la rivoluzione apparve agli occhi della moltitudine tradita.
Se questa è la storia, che spesso viene sottaciuta per spirito patrio (ai Siciliani non so fino a che punto torni utile), è pure vero che uomini come fra’ Giovanni diedero e sacrificarono la vita per quello che allora era sembrato la soluzione dei tanti problemi. Per questo vanno ricordati e onorati uomini come Pantaleo, perché possano essere di spinta per il bene comune, che è la terra a cui apparteniamo.
Lo scritto di Anna Vania Stallone e Giuseppina Accordo è meritorio e degno della massima diffusione specie tra i giovani, perché nel ricordo si perpetui la memoria di quanti patirono il carcere o morirono, e ci si adoperi sul loro esempio per una Sicilia riscattata, centro e non periferia, aperta e in competizione con i popoli vicini. Questo lavoro, frutto di un progetto scolastico veramente formativo (malgrado tanti progetti poco educativi. ma lucrativi, che una scuola seria non dovrebbe avallare), consta, a parte l’introduzione del preside Francesco Fiordaliso, di quattro capitoli che ripercorrono la vita e le opere di Giovanni Pantaleo, di un’appendice di lettere e documenti, e di due note delle curatrici. Abbastanza ricca è la bibliografia riportata, un valido aiuto per gli studiosi.
Ugo Carruba
Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pagg. 53-54.
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