A. VECCHIO, Sicilia (Intervista con Francesco Renda), Sigma, Palermo, 2005.

 

Fatti e personaggi della storia siciliana della prima metà del ‘900 

La Sicilia è come un vulcano che invita ad esplorare i lati oscuri della sua storia sempre movimentata e ricca di eventi, per essere conosciuti una volta per tutte e compresi, nell’ottica degli attori, nel tempo in cui si verificarono e nelle cause che li determinarono. 

Il libro di Angelo Vecchio, offre lo spunto a più di una riflessione su alcuni fatti e personaggi della storia siciliana della prima metà del secolo scorso. Per questo, l’autore, da buon cronista, fa bene ad intervistare lo storico Francesco Renda, perché visse da protagonista (attivista politico e deputato. fu molto vicino al popolo, quando rivendicava terra e migliori condizioni di vita) tanta parte di quella storia. 

Gli argomenti trattati non sono molti (Giuliano e la strage di Portella della Ginestra, il separatismo, mafia antica e moderna, Ioe Petrosino, la Sicilia degli scrittori siciliani), eppure, agganciati come sono alla storia del periodo, aprono ad una riflessione abbastanza variegata, con richiami storici che portano lontano, ma contestuali ai temi affrontati. Tema emergente è quello dci rapporto tra mafia e politica. tra Giuliano e i politici; e qui le cose cambiano, tutto diviene complicato, proprio perché l’implicazione di persone autorevoli non permette che la verità venga tutta allo scoperto e, perciò, il ricorso a depistaggi, a testimoni e notizie falsi e a tutto un meccanismo che distolga da come si sono effettivamente svolti i fatti. È il caso della morte di Giuliano, della strage di Portella della Ginestra e di tante altre vicende storiche siciliane coperte da un alone di mistero difficile da dissipare. 

Il libro di Angelo Vecchio ha la sua valenza ed è interessante perché mette a fuoco gli argomenti oggetto dell’ intervista e li presenta all’attenzione del lettore per verificarli e trovarsi d’accordo o dissentire. A proposito della Sicilia, ad esempio (pag. 25). Non era detto che essa doveva necessariamente entrare a far parte dell’Italia. Avrebbe potuto rimanere a sé, come era auspicio dei molti: la Sicilia nazione. Questo non si è verificato, ha cessato di essere nazione, passando così da una dominazione ad un’altra, quella dei Piemontesi. 

Viene anche affrontato l’apporto che gli scrittori siciliani danno alla conoscenza della loro terra. Vero è che contribuiscono a far conoscere certe realtà attraverso la loro arte, ed è altrettanto vero che «essi danno un’immagine della Sicilia che non è quella reale.» Va anche detto che molti scrittori non solo non la presentano nella sua realtà, ma danno un ‘immagine in negativo della Sicilia, distorta e controproducente, per cui tutto ciò che sa di siciliano è giudicato male, ed essere siciliano equivale a mafioso. Tanti scrittori sono direttamente o non responsabili di questa nomèa di mafiosità che va stretta alla stragrande maggioranza dei Siciliani, e non sono indenni scrittori citati nel libro, come Sciascia o Camilleri. 

Così è per gli altri argomenti trattati: essi offrono spunti di riflessione e suscitano l’esigenza di volerli approfondire. E questo è ammirevole nel libro. Lo stesso autore afferma di non voler essere esaustivo, ma lancia delle pietruzze nel grande stagno della storia siciliana, contribuendo ad allargare così la nostra conoscenza, che è anche acquisizione di consapevolezza dell’essere siciliani prima e italiani poi. 

Salvo Marotta

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pagg. 51-52.