L’autrice analizza l’insidioso e complesso campo dell’ accesso dei consumatori alla giustizia, attraverso un approccio metodologico storico e comparatistico. In particolare, lo studio condotto riguarda gli strumenti rimediali, contenziosi e non, concessi ai consumatori a livello comunitario e non solo. Più precisamente, nei primi capitoli l’autrice analizza i modelli comunitari di azione inibitoria collettiva e individuale, nonché di conciliazione, e li raffronta con gli omologhi modelli di attuazione nell’ordinamento italiano ed in quello inglese. Nell’ultimo capitolo, l’Autrice si confronta con un istituto risarcitorio extracomunitario – la class action americana – pure utilizzato quale strumento di tutela degli interessi collettivi dei consumatori e imitato in ordinamenti sia di civillaw che di common law, caratterizzati da una tradizione giuridica e processuale diversa da quella statunitense.
In generale, l’analisi è stata condotta non soltanto attraverso l’esposizione delle regole normative di riferimento, ma con attenzione ai meccanismi con i quali le regole, le definizioni e i principi si compongono, mettendo in rilievo il processo storico, culturale, giurisprudenziale, dottrinale, che porta all’affermazione di una determinata regola. La prospettiva dinamica con cui l’analisi è condotta viene valorizzata dall’utilizzo del metodo comparatistico, che permette al lettore, soprattutto nella prima parte riguardante modelli intraeuropei, di comprendere il grado di armonizzazione ed omogeneizzazione sistematica delle regole a tutela dei consumatori, segnalandone pregi e difetti.
Nella seconda parte, si affronta il modello extra-europeo della class action americana, raffrontandolo con l’omologo inglese, cercando di individuare pro e contro, ed anche al fine di valutare il recente trapianto dell’ azione risarcitoria nell’ordinamento italiano. Tale indagine è condotta, partendo da una analisi dell’evoluzione storica dell’istituto e proseguendo con un raffronto tra le regole americane e inglesi, con quelle contenute nelle proposte di legge italiane, che hanno portato all’introduzione dell’ art. 140-bis del Codice del Consumo. Si tratta, però, di una vana aspirazione. Infatti, l’Autrice si mostra particolarmente critica rispetto all’intervento del nostro legislatore in questa materia, peraltro non ancora riuscito, atteso che la norma non entrerà in vigore prima di luglio 2009, viste le proposte di restyling in corso d’opera.
Dall’analisi condotta emerge che il modello italiano di azione risarcitoria collettiva si allontana per molti aspetti dagli omologhi inglese e americano e che le limitazioni che tale modello condivide con gli analoghi europei vanno contro lo spirito di uno strumento geneticamente predisposto ad assicurare l’effettività dei diritti sostanziali attraverso l’accorpamento in un unico procedimento di più pretese simili. Infatti, se l’obiettivo è ridurre i costi privati e pubblici della giustizia, allontanare le imprese da comportamenti opportunistici, realizzando economie di scala, il legislatore italiano ha fallito già nel momento in cui ha previsto una procedura farraginosa ed ha negato la legittimazione ad avviare l’azione al singolo consumatore, limitandola alle associazioni e, comunque, ad enti collettivi rappresentativi di interessi diffusi, senza peraltro disciplinare il regime delle spese legali e processuali, che nei sistemi di common law è il motore di queste macchine complesse.
Adele Liberati
Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pagg. 58-59.
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