Questo Diario impertinente è la quarta prova letteraria di Anna Bellina Alessandro, già autrice delle sillogi liriche Anna e Anna (a due voci, con la Maida Adragna), Ho toccato la corda pazza dell‘amore, e di una raccolta di poesie in dialetto siciliano, Caminu di la vita. È un diario scritto in punta di penna, in uno stile lineare, semplice e al tempo stesso raffinato, intimo ma anche razionale, che incuriosisce, intriga, fa riflettere e apre al dialogo.
Fin dalle prime pagine, colpisce lo sforzo di ricordare, di non voler dimenticare nulla: felicità, attese, gioventù,sorrisi, emozioni, morte e pianto; e ancora, come sostiene l’autrice, abbracci e qualche schiaffo che la vita le ha dato. Tutto custodito come in uno scrigno prezioso segretamente chiuso che ora l’autrice apre al lettore per condividere «i cari anni della sua infanzia; anni insostituibili, impareggiabili: sono i giganti immobili del suo pensiero, il rifugio, il relax, il pozzo incantato da cui attingere acqua limpida, mani fresche da poggiare sulla fronte che scotta».
C’è, in questo Diario, l’autrice bambina, vagabonda del pensiero, che guarda il mondo con gli occhi curiosi e attenti, con la disinvoltura frutto di una felice ingenuità, con l’anima lieta e gioiosa delle cose semplici e belle, con il coraggio di affrontare situazioni di ogni tipo. C’è la donna che inizia a capire che la vita è tutta un senso, il senso di viverla in tutti i suoi passaggi, il senso dato dall’amore che lei definisce «il contagio sano di un sentimento, che ha un’immunità ben delineata». Quell’amore puro e semplice fatto di calorose e piacevoli lettere ora sostituite dagli sms sterili e freddi, privi d’attesa, orfani di personalità. C’è ancora la moglie che si scopre a volte impotente e sconvolta, la mamma che si sente indifesa da un mondo ora pieno di indifferenza, ma non smarrita perché comunque la «vita rimane così bella e con amore la voglio possedere follemente, pur sapendo che da ogni finestra non si può vedere tutto un panorama. Mi accontento di ciò che possono guardare i miei occhi sempre bruciati di amore per il bello». C’è anche la nonna preoccupata per i giovani che rifiutano sia la realtà che i sogni e ancora più tristemente la speranza.
L’autrice ci porta ad acute riflessioni sui valori attuali; un mondo sfasciato, fatto di invidia e distruzione, indifferenza e ignoranza, che l’autrice definisce una cella la cui chiave si è perduta. Quale allora la chiave per aprirla? Bisogna, dice la Bellina, recuperare la coscienza, perché è proprio la carenza di questo dono che ci ha traditi, annullandoci.
Maria Angela Cacioppo
Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 60-61.
Lascia un commento