L’antipolitica del poeta
Il poeta Elio Giunta non è nuovo a pubblicazioni di forte impegno socioculturale, tant’è che la sua produzione ha sempre registrato l’alternanza di scritti tipicamente letterari con libretti riguardanti problematiche del tempo, in genere provocatori e polemici. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se, nell’odierno clima di malcontento generale della gente contro il tipo di politica che si pratica, egli se ne fa interprete e ci dà una urtante pubblicazione col titolo Il diritto al disprezzo. In sostanza, per Elio Giunta ormai la gente non è più capita dai politici, è demotivata dall’esercizio di una vera democrazia, sa che le pretese cadono nel vuoto; le rimane il diritto al disprezzo di una politica, per così dire, sceneggiata sul gioco elettorale o pressappoco.
Il discorso che l’Autore porta avanti nelle pagine è tuttavia tutt’altro che sbrigativamente polemico. Vi sono addotte, seppure in sintesi, profonde motivazioni corredate di esemplificazioni. In una prima parte, rivolta a modo di lettera a suoi ex allievi illustri Ce tra questi figurano Leoluca Orlando e Marcello Dell’Utri, il procuratore De Francisci, Gianni Puglisi e il prefetto Finazzo), si pongono le basi storico-sociologiche del recriminare: la crisi della civiltà che sacrifica l’uomo al mercato, la tecnologia che accelera il processo di disumanizzazione, la televisione che mistifica la politica e la reale portata dei suoi problemi, non ultimo quello che ormai le decisioni della politica sono quasi nulle rispetto a quelle dei poteri forti, della finanza, cui la politica è asservita.
Di fatto, in Italia non si è riusciti ad avere ricambio, per cui i politici sono sempre quelli, anche se legati a un sistema usurato, responsabile dell’abituale dissenso del paese. Insomma, la politica in Italia è solo gioco di conservazione del potere. Il che è quanto accade anche nel mondo della cultura, a proposito del quale Giunta rileva il tradimento degli intellettuali, la loro libidine di primi piani, i loro asservimenti o lo spirito di cricca.
La seconda parte parrebbe indirizzata a suggerire lo slancio, specie dei giovani, verso l’utopia, ma in realtà finisce solo per attualizzare la prima, con l’aggiunta di sollecitanti esemplificazioni circa le principali tematiche dei nostri giorni, come la crisi dell’Europa, il problema del lavoro precario e del futuro dei giovani, l’impossibile liberazione della politica dalle trame clientelari, con l’auspicio tuttavia che sorgano nuovi attori disposti a far tabula rasa di quanto in politica si vede fare per puntare a ciò che si deve fare, purché sia connesso a un fine il più umano possibile.
Adele Liberati
Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 55-56.
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