GIORGIA STECHER, Album, editrice «Il Vertice», Palermo, 2008.
Di solito gli album, soprattutto quelli di famiglia, sono ingialliti dal tempo e a sfogliarli emanano odore di stantìo che respinge la curiosità e allontana l’interesse.
Vi si accumula polvere e vi si abbarbica una patina rugginosa che smaglia le immagini e rende cupi i volti, sfuggenti le espressioni.
Questo Album di Giorgia Stecher è riuscito a compiere un miracolo, ad annullare il tempo cronologico e ci dà ritratti che non hanno subìto contaminazioni. Pochi, essenziali connotati, qualche volta solo un particolare per focalizzare una persona che poi però è simbolo di un mondo, di un’epoca, di un clima. Forse perché «sono sempre con me! quelli che se ne andarono», come avvisa Giorgia in limine, le figure disegnate dal ricordo e dalla memoria appaiono vivi riflessi della poetessa che evita quasi sempre di raccontare senza ricorrere ad altri.
Nella sua mente di artista le immagini si sono accumulate e adesso guardano idealizzando e partecipando, addirittura mitizzando taluni particolari che sembrano sfumature e sono invece il nucleo vitale delle esistenze. La zia Angelina che mette sette calze una sull’altra per difendersi dalla magrezza, zio Salvatore che inforca quattro lenti, sono elementi di rituali nei quali si risolveva la giornata, ma la poetessa non esalta e non s’identifica, la sua vita è interamente sua e non è proiettata nel passato e forse per questo il sapore che ne cogliamo è genuino e autentico, privo di finzione e di frustrazione. Per evidenziare ciò Giorgia mette a fuoco degli autoscatti, in modo che la sua vita si stagli nel suo percorso e non interferisca in quella degli avi e comunque delle persone che entrano a far parte dell’album.
Il «vigile pudore» di cui parla Carmelo Pirrera mi sembra sia il tocco di finezza
che regge queste poesie che sanno creare forti emozioni senza mai indulgere a false carezze o a momenti di nostalgia e sanno entrare nell’animo con forza e persuasione. Foto di Eufemio (ma anche Altra foto di mia madre) mi sembra compendii il volumetto nei suoi vari aspetti, aspetti che non restano nel loro limite e illuminano, con grande efficacia, anche ciò che sta dietro le cose, dietro l’apparenza delle forme.
Dante Maffia
Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pagg. 64-65.