Vogliamo dunque, cortese amico che leggi «Spiragli» e queste note del pittore, tentare «insieme» di capire – una buona volta – il significato della parola «qualità» nell’arte (dal quale può scaturire quello della «qualità» nella vita, di così arduo impervio discernimento) in maniera che davanti a un dipinto o scultura o monumento o architettura – a qualunque epoca o livello appartenga – ci si possa fare un’idea, anche approssimativa, della sua «entità» positiva o negativa? Evitando almeno in parte quel deprimente dubbio che ci passa per la testa: «È bello, non è bello» e quel meschino azzardato «mi piace, non mi piace»? I miei più fedeli amici, lo sanno ormai da tempo, e si astengono dal pronunciarsi così. Ho dimostrato loro più volte che essi dicevano «mi piace» davanti a una crosta, e «non mi piace» davanti a un capolavoro.
Di fronte a un disastro morale del genere, c’è da compiere un «karakiri». Ed allora, quale è il consiglio? Vogliamo trovare – insieme – la strada giusta per non sbagliare così miseramente, con riflessi inquietanti sulla nostra psiche e sul nostro orgoglio? È chiaro che nel cercare di spiegare la «qualità» il pittore non può e non deve atteggiarsi a letterato o sociologo o filosofo (professionisti a cui spetta il compito di trovare le parole ed i concetti giusti, anche se spesso tortuosi ed incomprensibili), Cercherò, dunque, da semplice pittore, di darti una mano, con le frasi che mi vengono in mente, alla buona, e chissà che, una volta chiarita la «qualità» in arte, non si possa estendere, come già accennavo, il ragionamento ad altre qualità, di cui si sente parlare, Quella della vita, ad esempio. Oppure cosa significhi essere un uomo o una donna «di qualità», e così via.
Riprendendo il nostro tema che riguarda l’opera d’arte in particolare, immaginiamo che tu sia né cieco, né sordo. né insensibile, né muto e stai passando spensìerato e di buon umore (per avvicinarsi all’arte la nostra predisposizione dell’animo è importante) davanti a una galleria d’arte dove sono esposti i quadri e le sculture di un artista. Ti colpiscono i colori e le forme ed entri per vedere meglio. Attenzione. Da quel momento il tuo nemico – non ci crederai – è quella parte, pur così importante, della creatura umana che chiamiamo istinto.
Penso che l’istinto si debba usare a tempo e a luogo; e che spesso, se non è controllato dalla ragione e dalla consapevolezza, può dar luogo a micidiali errori di valutazione, specialmente nel campo artistico. Per esempio. Tu (mi consenti la familiarità?) sei entrato a visitare una mostra e sei attratto da un quadro che ha i colori che prediligi e rappresenta un paesaggio o una marina o una natura morta. Ti viene voglia di acquistarlo, chiedi il prezzo, ti sembra accessibile per le tue tasche (diffida sempre, comunque, di un oggetto d’arte che costi poco), lo compri e lo porti a casa (o te lo fai mandare, le gallerie fasulle e i mercanti d’accatto che pullulano anche in TV sono molto solerti in questo). Metti il dipinto al posto d’onore (accanto alla tua scrivania di avvocato o medico o ingegnere) affinché lo possano vedere tutti. Poi mi inviti a farti visita, siamo amici da tempo. Ci tieni che io lo veda prima degli altri. Conosci la mia carriera di pittore nazionale, la mia competenza, la professionalità. Una volta davanti al quadro che hai acquistato, io non ho incertezze (e come potrei, dopo una vita di esperienza in pittura?) e ti dico subito chiaro e tondo che si tratta di una vera e propria «crosta», una pessima esercitazione di chissà quale mediocre artista (non si legge bene la firma che già delinea quella di un dilettante) capitato nella Galleria dove sei entrato per caso. Deploro che tu non mi abbia chiesto un consiglio prima di buttare via il denaro per acquistare quella brutta tela. A questo punto, che fai? Ti tiene la «crosta»? o la fai sparire in cantina o addirittura la distruggi (successe con un caro amico di Prato, durante una festa bruciammo in giardino, con un bel falò, una trentina di «croste» orrende…)! È questo il caso in cui l’istinto ti ha giocato un brutto tiro. D’ora in poi starai più attento e ti atterrai alle indicazioni e ai consigli del tuo amico pittore che ti vuol bene ed ammira la tua intelligenza professionale, la tua obbiettiva maniera di pensare e di comportarti.
Ed allora? Quali sono gli elementi che compongono «la qualità» di un oggetto d’arte e, una volta individuati, consentono di non sbagliare nella valutazione? Esaminiamoli uno per uno, almeno i principali. Vedrai che taluni (quelli che si riferiscono al fenomeno artistico) sono gli stessi che occorre approfondire per comprendere – come già detto – «la qualità» a tutti i livelli dell’uomo e del lavoro dell’uomo. Per facilitare il discorso, te li indico perché tutti sono ugualmente importanti: «la singolarità dell’immagine» (mai vista prima); «la tecnica particolare» (e la sua inimitabilità): la «reiterazione del gesto del dipingere o dello scolpire» (che sia un modo tutto proprio, al limite della mania); «lo stile» (che diviene immutabile nel tempo); «la chiarezza dell’intenzione»; «l’eleganza della forma e la vocazione del colore»; «la sicurezza dell’ispirazione»: «la poesia del concetto».
Di ognuno di questi elementi che compongono .la qualità» occorrerebbe parlare a lungo. Mi propongo di farlo, a voce, in tutte le occasioni di incontro che – con un gruppo già costituito di amici – abbiamo in mente di effettuare o nel mio studio vesuviano o in quello di Roma. La parola, .la voce-, spesso producono effetti applicativi inimmaginabili! Tutti quelli che vogliono intervenire, se di passaggio, sono ben accetti. Intanto, spero di aver aperto ‘spiragli- per avvicinarci sempre più all’oggetto d’arte e coglierne con amore l’alta e nobile qualità o con severo disprezzo l’approssimazione e la mediocrità.
Dalla prossima nota potrai leggere, caro amico lettore, come le componenti essenziali della qualità risplendano chiare e inequivocabili, nei grandi artisti del nostro tempo. Intendo farteli conoscere a fondo, scegliendo fra i più geniali e complessi. Te li presenterò, come fossero vecchi amici indispensabili. E incomincerò dal mago delle bottiglie, Giorgio Morandi, il più grande pittore nostro del secolo. L’ho invitato. Verrà, stanne certo.
Carlo Montarsolo
Da “Spiragli”, anno II, n.2, 1990, pagg. 36-38.
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