La scienza dello Stato nella Costituzione italiana 

di Giuseppe Melis 

Nella nostra Costituzione la volontà dei costituenti si mostra impegnata a chiedere al diritto quanto di meglio si potesse realizzare, nello Stato, in un determinato momento storico: in ciò dimostrano un’intuizione della scienza dello Stato, pur essendo inconsapevoli della sua reale esistenza1. È logico che fosse così. C’è uno stretto rapporto tra scienza del diritto pubblico, con le sue prescrizioni formalistiche, e scienza dello Stato, che si concentra in realizzazioni determinate con loro caratteri specifici2: la realtà, tra i suoi elementi e aspetti diversi, ha connessioni ineludibili. Così notiamo, nella nostra Costituzione, che il legislatore si comporta come se conoscesse la scienza dello Stato. 

La civiltà si concreta in una nazione guidata dai valori del pieno sviluppo della persona umana e del dovere congiunto al diritto del lavoro per conseguire il progresso materiale e spirituale della società3: il lavoro appare uno strumento di sviluppo della persona soprattutto nella ricerca scientifica e tecnica, nella diffusione della cultura fino a culminare in una elevatezza morale fatta di coerenza coi propri principi d’azione4; tutti questi valori, tra loro organicamente connessi, costituiscono un sostrato comune per amalgamare e unificare gli animi al di sopra delle distinzioni sociali e delle fedi religiose. 

I governanti devono essere omogenei allo scopo dello Stato, che ha per contenuto i valori della nazione: così la Costituzione prescrive che coloro, cui sono affidate funzioni pubbliche, rappresentano la Nazione e sono al suo servizio esclusivo; nell’espletare le loro funzioni hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore5. Altra forma di omogeneità si rileva nei limiti posti al legislatore nel suo potere di legiferare: la legge è limitata dal rispetto della persona6 e dalle esigenze associative e religiose7; assumono una dignità che si impone alla stessa legislazione. 

La giustizia distributiva viene postulata con l’espressione di «giustizia nell’amministrazione»8 e viene prescritta col carattere di i mparzialità9, che deve essere il piedistallo su cui si basa il buon andamento amministrativo. Si guarda anche ai presupposti umani perché la giustizia si attui e cioè al fatto che i funzionari non sentano di restare impuniti per le loro azioni inique: perciò i funzionari pubblici sono riconosciuti direttamente responsabili per gli atti commessi in violazione dei diritti10. 

Questo è un mezzo per prevenire gli abusi: conseguentemente si può proporre azione giudiziaria contro tutti gli atti della Pubblica Amministrazione – senza restringimenti a determinate categorie di atti o a particolari mezzi di impugnazione – per tutelare diritti e interessi legittimi11. Nelle controversie o davanti a reati, la giustizia dovrebbe attuarsi mediante il «giusto processo»: qui il giudice deve essere terzo e imparziale, le parti devono essere poste in condizioni di parità e tra loro in contraddittorio specialmente nella formazione della prova, mentre va assicurata la ragionevole durata dei processi12. 

Da una linea politica improntata alla giustizia distributiva dovrebbe sorgere, alimentarsi, mantenersi il carattere dell’uomo civile. Egli ha innanzitutto il diritto alla salute che è riconosciuto di interesse della collettività ed è fondamentale per l’individuo13. Importantissimo è il diritto al lavoro: va curata la formazione e l’elevazione professionale, mentre la retribuzione deve essere proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto e, in ogni caso, sufficiente per un’esistenza libera e dignitosal4. 

Spetta a tutti il diritto di frequentare la scuola e ai capaci e meritevoli quello di raggiungere i più alti gradi degli studil5. La scienza e l’arte sono libere e libero ne è l’insegnamento, mentre sono promossi la ricerca scientifica e tecnica e lo sviluppo della cultural6. 

Così i diritti di libertà e uguaglianza non sono solo riconosciuti formalmente, ma devono realizzarsi con l’impegno a rimuovere gli ostacoli, in modo da conseguire lo sviluppo della persona umana e la partecipazione all’organizzazione complessiva del Paese17. 

La meta ultima, cui tutto si volge, è il progresso materiale e spirituale della società, mediante cui si mantengono elevati i valori della nazione. 

La realizzazione dei diritti è compito dell’indirizzo politico e amministrativo del governo: i suoi componenti ne sono responsabili e per tale scopo sono investiti delle loro carichel8. 

Così la nostra Costituzione cerca di realizzare i principi della scienza dello Stato: si sforza di costituire un tipo di uomo civile, di attuare la giustizia distributiva, di postulare l’omogeneità dei governanti allo scopo dello Stato, il quale coincide con i valori della civiltà e della nazione. I costituenti intuirono una tale scienza anche se non la conoscevano: la loro intuizione si fondava sulla conoscenza dell’affine scienza giuridica e sul contatto con la realtà, la quale si impone con la sua organicità totale. 

Giuseppe Melis 

NOTE 

1 La Costituzione è stata redatta tra il 1946 e il 1947: la scoperta ufficiale della scienza dello Stato è del 2005, con la pubblicazione dei Lineamenti di scienza dello Stato. 
2 Il rapporto tra scienza del diritto pubblico e scienza dello Stato viene messo da J.J. Rousseau nel famoso articolo Economia politica, pubblicato quale voce dell’Enciclopedia nel 1755: il rapporto si pone non specificamente tra scienze, ma nel descrivere organicamente la società, lo Stato, l’esercizio del potere, la situazione del cittadino. 
3 Cfr. specialmente art. 3 co. 2 e art. 4. 
4 La libertà di manifestare il proprio pensiero attraverso stampa e spettacoli (art. 21 co. 6) e di professare la propria fede religiosa con l’esercizio del culto (art. 19) trova il suo limite nelle norme sul buon costume. 
5 Artt. 54 co. 2, 67, 98 co l. 
6 Cfr. soprattutto l’art. 32 co. 2: è importante l’art. 13 co. 4 che, anche se non attiene direttamente alla legge, la implica. 
7 Cfr. specialmente l’art. 20. 
8 Art. 100 co. l. 
9 Art. 97 co. l. 
10 Art. 28. 
11 Art. 113. 
12 Cfr. art. 111 co. 1-5: questi commi non sono originari della nostra Costituzione, ma sono stati introdotti con legge cast. 23-11-1999 n. 2. 
13 Art. 32 co. l. 
14 Art. 35 co. 1-2 e art. 36. 
15 Art. 34. 
16 Art. 9 co. l, art. 33 co. I. 
17 Art. 3 co. 2. 
18 Art. 95. 

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pagg. 31-32.