Quale sarà l’istruzione nell’Europa del 2000? Nel secolo che verrà l’esistenza non sarà più scandita tra scuola, lavoro e l’inedia della pensione, nel prossimo millennio si continuerà a studiare per tutto l’arco della vita alternando periodi di lavoro e fasi di aggiornamento, in un sistema che favorisce la continua mobilità, che promuove l’apprendimento trasversale.
In questa società con più studio e meno lavoro le battaglie si faranno per accedere al sistema del sapere e delle informazioni e la posta in gioco della politica sarà la realizzazione della nuova democrazia, quella telematica.
Questo lo scenario delineato da due grandi saggi dell’Europa, Jacques Delors e Umberto Eco, riuniti a convegno a Venezia per “L’anno europeo della formazione durante tutto l’arco della vita”.
Delors, preside della commissione Unesco sull’Educazione nel XXI secolo, ha scritto un “libro bianco” sulla formazione e l’educazione; a lui va infatti il merito di aver chiesto all’Europa di non occuparsi solo di problemi economici e monetari ma di elaborare anche strategie sulle risorse intellettuali, di investire sul capitale umano.
Siamo di fronte all’avvento della società cognitiva, la learning society, dove l’accesso alla formazione deve essere sviluppato durante tutto l’arco della vita. Una società del “tempo scelto” dove si alternano periodi di attività e periodi di studio ed aggiornamento. Già adesso in Danimarca, per un anno si può lasciare il proprio lavoro, continuando ad avere una retribuzione, un Umberto Eco sostiene che il problema della formazione permanente è fondamentale. In una prospettiva pessimistica si potrebbe prevedere una società alla Orwell con tre classi: i proletari che non hanno accesso alle informazioni, una borghesia che usa il computer in modo passivo ed una nomenklatura che usa le macchine e se ne serve. Il problema è come fare in modo che ogni cittadino appartenga alla nomenklatura. La scuola dovrebbe addestrare all’educazione delle nuove tecnologie fin dalle elementari. Nelle aule ci dovrebbero essere postazioni telematiche accanto ai banchi per la scrittura manuale”.
Come si colloca l’istruzione classica in tutto questo? Nell’immaginario collettivo l’istruzione Classica è arroccata su posizioni elitarie, aristocratiche, legate alla tradizione a tal punto da essere impermeabile ad ogni innovazione o addirittura una scuola superata, rivolta più alla conservazione della memoria del passato che alla progettazione del futuro.
In un momento in cui la scuola “attivata”, in attesa di essere istituzionalmente rifonnata, è notevolmente diversa da quella “congelata” nei “testi sacri” della legislazione scolastica, occorre focalizzare l’attenzione su alcuni fatti che, riteniamo, detenninanti per i risultati che consegue: la sperimentazione, il post-secondario, che rendono la scuola stessa più confacente e soddisfacente ai bisogni formativi del Paese.
Sperimentazione. innovazione, post-secondario
Nel processo di innovazione della scuola, la sperimentazione ha avuto e continua ad avere un ruolo determinante. Sul piano storico-pedagogico il concetto di sperimentazione educativa è venuto maturando nella disciplina della pedagogia sperimentale fin dal secolo scorso. Dagli anni sessanta si opera la distinzione tra pedagogia esperienziale, nel senso dell’uso delle scienze esatte, in pedagogia, e pedagogia sperimentale, che intende innovare nella pratica generalizzata. Con il D.P.R. n. 419/74, viene offerta la possibilità di manipolare variabili, introducendo innovazioni, e, quindi, di osservarne gli effetti. Viene offerta, agli insegnanti e ai collegi docenti, la possibilità di mettere in discussione le strutture e gli ordinamenti scolastici, di gestire funzioni propositive e promozionali e di tentare vie nuove con l’attivazione di progetti sperimentali. In altri termini viene introdotta e sollecitata nella scuola la mentalità del cambiamento. L’espansione dei processi sperimentali nelle scuole ed istituti di ogni ordine e grado diviene espressione dell’impegno assunto dalla scuola nell’elaborare progetti di innovazione formativa che incida sia sul piano dei contenuti e dei metodi, sia nell’organizzazione di nuove strutture curricolari.
L’attività sperimentale nelle scuole dell’ordine classico, scientifico e magistrale, ha assunto una crescente intensità e ricchezza creativa interessando un sempre maggior numero di scuole. Il carattere dominante dei loro progetti è stata la “licealità”, a differenza delle scuole di altro ordine che si sono impegnate, prevalentemente, nell’adeguamento della formazione professionale alle richieste del mondo del lavoro. Mentre risulta difficile stabilire con esattezza il numero dei licei e degli istituti magistrali impegnati in sperimentazioni didattico-metodologiche, è possibile seguire il trend espansivo delle sperimentazioni di struttura, per lo più articolate in un biennio unitario orientativo più un triennio di indirizzo: queste, già in n. di 23 nell’a.s. 1974/75, interessavano 131 scuole, nell’a.s. 1977/78, 237 scuole nell’a.s. 1989/90 con una presenza complessiva di 238 indirizzi (157 linguistici, 94 pedagogici, 48 scientifici, 6 artistici e 8 tecnici). A questi nel 1990/91 si aggiungevano altri 56 sperimentazioni in scuole prima non coinvolte nel processo innovativo.
Intanto si verificavano alcuni fatti importanti che dovevano segnare una svolta nella febbrile, e per quanto disorganica, domanda e attivazione di sperimentazione:
– il D.M. 31-1-90 che introduceva misure limitative nell’attivazione di nuove classi sperimentali per esigenze di contenimento della spesa;
– la C.M. 27 del 1991, primo tentativo da parte della Dirclassica di razionalizzazione dell’attività sperimentale, con la messa a punto, sulla base delle esperienze autonome realizzate, di due indirizzi, il linguistico e il pedagogico.
– la stesura dei progetti della Commissione ministeriale “Brocca”, in cui si concretizza, da parte dell’Amministrazione, un’azione di governo delle attività sperimentali e insieme un’opera di sintesi, sia pure in termini di mediazione, in un progetto unitario, degli elementi comuni di successo ricavati dalle esperienze fatte e rispondenti ai bisogni formativi riscontrati. Tutto ciò faceva cambiare il precedente scenario della sperimentazione riducendo la molteplicità, ad iniziative unitarie ed organiche che favorivano l’estensione di modelli fondati su innovazioni collaudate e più rispondenti alle attese formative.
Per avere un’idea del mutamento che in pochi anni si verifica nel quadro delle sperimentazioni attivate nelle scuole della Dirclassica, si propongono, a confronto, i dati relativi a due anni scolastici, il 1993/94 e il 1995/ 96. All’apertura dell’a.s. 1993/94 nelle scuole dell’ordine classico, scientifico e magistrale risultano complessivamente autorizzate:
– n. 328 sperimentazioni di progetti autonomi;
– n. 85 sperimentazioni di progetti coordinati ex C.M. 27/91 di indirizzi linguistico e pedagogico;
– n. 275 sperimentazioni di progetti “Brocca”; n. 3 progetti ad opzione internazionale attivati in seguito ad accordi bilaterali tra i governi italiano e francese, con riconoscimento reciproco del titolo di studi;
– n. 8 progetti di Liceo Classico Europeo, avviato in altrettanti convitti nazionali o educandati femminili.
All’apertura dell’a.s. 1995/96 i dati sopra riportati risultano così modificati, tenendo conto della messa ad esaurimento delle sperimentazioni autonome:
– sperimentazioni “Brocca” n. 525;
– sperimentazioni ex C.M. 27/91 n. 154;
– sperimentazioni autonome n. 327 (di cui solo 20 proseguono, le altre sono ad esaurimento);
– sperimentazioni ad opzione internazionale spagnolo e francese n. lO;
– sperimentazioni di Liceo Classico Europeo n. 17;
– sperimentazioni “Proteo” n. 5.
Tralasciando le altre già ampiamente conosciute per la loro diffusione qualcosa va detta con estrema sintesi a proposito del Liceo Classico Europeo e del progetto Proteo che segnano le punte avanzate della sperimentazione nell’ambito delle scuole dell’ordine classico e probabilmente non solo in quelle.
Il Liceo Classico Europeo vuole essere un evidente passo avanti verso l’organizzazione di profili formativi sovranazionali. Articolato didatticamente, per tutte le discipline nelle fasi della “lezione” e del “laboratorio culturale”, mira ad adeguare l’insegnamento ai ritmi dell’apprendimento mediante la metodica apprendere insieme. La formazione di taglio europeo, non è solo limitata all’attenzione ad altra lingua, utilizzata nell’insegnamento di alcune discipline, ma pervade l’intero percorso scolastico, in cui tutto, dai contenuti alla metodologia agli spazi operativi è improntato ai capisaldi della nostra tradizione scolastica di concerto e in parallelo alle recenti esperienze scolastiche dei Paesi Europei per favorire la formazione culturale in termini di piena integrazione.
Il progetto sperimentale “Proteo”, nato in più seminari di scuole sperimentali impegnate in una metodica riflessione nel Progetto “Brocca” e dai risultati emersi da un suo monitoraggio, esprime il tentativo di coglierne gli elementi positivi e correggere quelli negativi, propone una evoluzione del “Brocca” tale che, non rifiutandone la filosofia di fondo e rimpianto programmatico, riconduca il suo numero di materie e il monte ore globale entro i confini di un sapere unitario. organico che: – governi e assorba le nascenti articolazioni entro le categorie generali e fondamentali della conoscenza -; realizzi in tal modo anche una economia d’orario che consenta alla scuola reali spazi di autonomia per la definizione e realizzazione di attività didattiche coerenti con le attese del territorio e le proprie specifiche scelte didattico-educative.
Accanto e in contemporanea, alla sperimentazione di struttura, numerose sono le cosiddette minisperimentazioni, piccoli interventi per arricchire il piano di studi incrementando lo studio delle lingue, introducendo l’apprendimento di nuove conoscenze, estendendo al quinquennio lo studio di discipline limitato al solo biennio o triennio…
Anche in questo campo. per evitare dispersioni è stata scelta un’opera di razionalizzazione finalizzata al sostegno delle iniziative coronate da successo e alla loro disseminazione. Si ricorda in proposito la C.M. 198/ 92 che regolamenta le sperimentazioni parziali di lingue straniere in licei e negli istituti Magistrali.
Sia per quanto riguarda le maxisperimentazioni sia le minisperimentazioni l’opera di razionalizzazione e di omogeneizzazione è stata realizzata attraverso numerosi confronti tra i rappresentanti delle scuole coinvolte nelle sperimentazioni, che hanno portato all’elaborazione di ipotesi coordinate di piani di studio tradotti poi in sperimentazioni “assistite”.
Ciò ha reso possibile la composizione di due istanze apparentemente contraddittorie: quella dell’autonomia di progettazione e quella della razionalizzazione di modelli operativi. In quest’ottica la Direzione Generale ha ideato e attivato un sistema di assistenza ai Provveditori agli Studi, con conferenze di servizio a livello interprovinciale o regionale tra il responsabile e personale della Div. N e responsabili dei Provveditorati al fine di pervenire ad un’univoca lettura e applicazione delle disposizioni relative all’attivazione dei progetti sperimentali.
A fronte delle dimensioni veramente notevoli assunte dal fenomeno della sperimentazione (su 1332 scuole della Dirclassica solo 35 non risultano impegnate su progetti sperimentali) ugualmente notevole è lo sforzo che la Direzione Generale sta affrontando in iniziative di formazione ed aggiornamento sia a sostegno delle sperimentazioni, sia per rispondere alle crescenti esigenze, determinate dai processi di innovazione tanto nelle attività dirigenziali che di insegnamento.
Numerosi sono i seminari e corsi di aggiornamento tenuti a livello centrale e per i Capi di istituto atti a far fronte ad esigenze di formazione e per migliorare la qualità del servizio in vista dell’autonomia.
Particolare attenzione hanno suscitato i corsi di accoglienza per presidi di nuova nomina, il cui programma ha privilegiato l’introduzione delle nuove tecnologie, da affiancare al patrimonio didattico, senza trascurare l’acquisizione di capacità di esercizio e promozione organica della vita della scuola mediante la programmazione e soprattutto con il Progetto di Istituto, nel rispetto dei servizi dovuti all’utenza, come puntualizzato nella “Carta dei servizi della scuola”.
La preoccupazione di dotare il preside di conoscenze che si traducano in abilità manageriali ha suggerito di attivare corsi a loro destinati sulla leadership; di mantenere precedenti corsi organizzati in collaborazione con la Confindustria e di idearne dei nuovi, calibrati sulle ideazioni scientifiche, la cui prima fase è stata già realizzata in Sardegna.
Per l’aggiornamento e la formazione dei docenti hanno richiesto interventi sia di tipo disciplinare, sia didattico-metodologico a sostegno del progetto “Brocca” affinchè fosse attivato secondo esigenze di conoscenza e professionalità. Quando è stato possibile l’aggiornamento, oltre a valersi del contributo del personale ispettivo ha fatto ricorso a quello universitario come nel corso dell’insegnamento della matematica con l’intesa MPI/UMI, e in quello dell’introduzione di nuove tecnologie con l’intesa MPI/STET per l’util:l7.zo della telecomunicazione e la realizzazione di ipertesti, il cui modello è stato utilizzato dal Ministro nel progetto nuove tecnologie.
La consapevolezza che, per quanto grande fosse stato lo sforzo, i benefici dell’aggiornamento sarebbero stati limitati ad una minoranza, ha spinto a provvedere alla pubblicazione, oltre che degli atti dei seminari, dei materiali organizzati in percorsi esemplificativi tali da poter consentire la realizzazione di simili iniziative a livello periferico, a costi ridotti. Sono nati, così, i quaderni della N Divisione della Dirclassica. A questi si arrincano, con il duplice intento di diffondere informazioni sui corsi di aggiornamento e di fornire materiali di ricerca e informazione su argomenti o iniziative di particolare interesse, i numeri di Classica News, pubblicazione che raccoglie le notizie sull’aggiornamento, attivato o programmato, inviato da scuole, Provveditorati, IRRSAE, Associazioni professionali.
Connessa con le esigenze di sperimentazione e aggiornamento del personale direttivo e docente è la necessità di far circolare in tutte le scuole in termini di contemporaneità, tutto quanto viene elaborato a livello centrale nonché l’opportunità di stimolare a livello periferico la creatività, come risposta ai sempre nuovi bisogni di una scuola integrata nel territorio, interessata alle attese dell’utenza, in una visione che superi, nei problemi di fondo, gli steccati del particolarismo, favorendo il conseguimento di una formazione di tutte le scuole del territorio. Per far fronte a ciò è stata costituita una rete di altre centro scuole “Polo”, alle quali non sono stati affidati solo compiti di “sportello” per l’informazione, bensì quelli rispondenti alle esigenze sopra espresse e concordati tra i rispettivi presidi, in una serie di seminari all’uopo attivati e le cui risultanze, sotto forma di guida pratica, sono di prossima diffusione tramite un numero speciale di “Quaderni”.
La consapevolezza che, a fronte di scorretta e generalizzata valutazione negativa della nostra scuola da parte di tanta stampa, esiste invece una realtà tangibile, con numerose scuole di eccellenza, contornate da altre attardate nel cammino del rinnovamento, ha suggerito l’attivazione di iniziative di formazione miranti al recupero di queste ultime non solo considerate singolarmente, ma nelle regioni di appartenenza.
È emersa una situazione che non corrisponde a specifiche collocazioni e contingenze storico-geografiche, ma che riguarda tutte le latitudini e presenta caratteri di ampia omogeneizzazione per regioni.
È nato così un progetto chiamato “L’Italia e le sue isole”, che considera connotazioni a livello regionali e quindi l’esigenza di fare interventi, in ambito regionale e che recuperino forme di collaborazione, di scambio e di sostegno reciproco all’interno del territorio nazionale per realizzare una crescita armonica di tutte le scuole. Il progetto prevede:
– interventi formativi per ogni “isola” regione attivati dal Centro, nell’ambito di un coordinamento interprovinciale che determini confluenza dei progetti e delle risorse dei piani provinciali di aggiornamento:
– interventi di monitoraggio delle dotazioni patrimoniali, strutturali di attrezzature, di professionalità, di attività, cui far seguire operazioni di colmatura;
– interventi, anche con dotazioni di nuove strutture tecnologiche, per favorire collegamenti sia all’interno della rispettiva regione, sia nell’ambito nazionale con le scuole di “eccellenza”, per un discorso di collaborazione e di scambi culturali;
– interventi per un esame approfondito delle attese del mondo del lavoro in collaborazione con le regioni, gli altri EE.LL., la Camera di Commercio, le Organizzazioni Sindacali, per l’individuazione di specifiche richieste delle professioni emergenti;
– l’istituzione mirata di corsi post-diploma. Sulla formazione post-diploma, la Dirc1assica, ha avviato da tempo una approfondita riflessione, sebbene abbia dato !’impressione di disinteresse, perché intende occupare con essa spazi piùcoerenti con i suoi piani di studio a forte valenza culturale.
Nel quadro delle strategie volte ad adeguare l’offerta formativa del nostro Paese agli standard europei, emerge, infatti, con particolare rilevanza la questione della formazione professionale che si inquadra nel più ampio problema dei rapporti scuola lavoro.
L’accelerazione delle trasformazioni tecnologiche con conseguente mutamento dell’organizzazione del lavoro ha determinato nel mondo occidentale esigenze sempre più complesse. Del resto in una società in cui l’informazione e la conoscenza sono più che mai elementi decisivi per lo sviluppo, il sistema formativo acquista di fatto, un ruolo centrale. E in particolare acquista spessore problematico quel delicato snodo costituito dal rapporto tra istruzione e formazione professionale, tra conoscenza e competenza, tra titoli di studio e spendibilità di essi nel mondo del lavoro.
Come si sa, per un insieme di ragioni, nel nostro Paese manca un sistema organico di formazione post-secondaria non universitaria. E ciò pone l’Italia in una condizione di diversità rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. Nella RIT, in Olanda, in Danimarca, in Francia e in Inghilterra – accanto all’Università esistono, da tempo, canali formativi che forniscono al mondo del lavoro un enorme potenziale di risorse umane. Di fronte alla crescente domanda di formazione tecnica e professionale, continuare a contare sulla sola possibilità accademica, appare una scelta perdente non solo per il difficile adeguamento delle strutture universitarie alla domanda, ma anche per lo snaturamento del ruolo e della competenza che ne deriverebbe. Del resto l’Università italiana presenta indicatori di efficienza tra i più bassi d’Europa, conducendo al titolo conclusivo solo il 30% circa degli iscritti (basti pensare alla Francia, dove circa 1’80% di iscritti consegue la laurea).
È possibile che le cosiddette lauree brevi, una volta istituite e generalizzate, contribuiscano a modificare questi dati, ma non è possibile, tuttavia, pensare ad esse come esauriente risposta all’esigenza di formazione professionale; le lauree brevi pur essendo espressione del percorso universitario, non si prestano a fornire al mondo del lavoro il modello organizzativo auspicato. Ciò perché la caratteristica fondamentale di un modello di formazione professionale deve essere la massima sensibilità nei confronti della domanda di lavoro: sensibilità certamente non essenziale all’autonomia della ricerca, della cultura e del sapere degli studi universitari.
Né la formazione che è attualmente affidata alle Regioni e alle aziende, costituisce una risposta alle esigenze e tale da rapportare l’Italia e a livello formativo diffuso in Europa.
L’elaborazione di un modello organizzativo di formazione professionale deve coniugare l’esigenza di flessibilità alla domanda di lavoro, con l’omogeneità di caratteristiche strutturali necessarie per la certificazione e il riconoscimento del titolo rilasciato a conclusione dei corsi.
All’interno di questo quadro e nell’ambito di una discussione che non può non coinvolgere una pluralità di soggetti, la Direzione Classica, ritiene di poter offrire un contributo al dibattito in corso, individuando potenzialità lavorative coerenti con la specificità dei suoi corsi di studio.
Le grandi trasformazioni dei modelli organizzativi del lavoro richiedono competenze sempre più duttili e flessibili, capaci di adattarsi alla rapidità dei cambiamenti; e gli studi liceali possono presentarsi, per le caratteristiche generali dei percorsi fornmtivi che li contraddistinguono, come un modello pienamente rispondente a questa esigenza.
La cultura specifica dei corsi dell’istruzione classica scientifica e magistrale si rapporta ad un insieme di potenzialità lavorative che emerge dalla profonda riorganizzazione del sistema produttivo cui stiamo da tempo assistendo.
Ma una ipotesi di organizzazione della formazione professionale deve verificare la sua validità non solo attraverso il continuo confronto con la pluralità dei soggetti interessati. ma anche attraverso qualche concreta esperienza.
È da questa esigenza che è nato il seminario organizzato dalla Dirclassica e dal Liceo Scientifico “G. Peano” “Formazione post-secondaria ed educazione all’imprenditorialità giovanile” svoltosi il 26-28 aprile presso l’Hotel American Palace di Roma.
I risultati del seminario sono stati pubblicati nel numero quattro della collana dei Quaderni destinati ai Presidi.
Dai pochi e non esaustivi flash sulla attività della Dirclassica, ritengo emerga a buon diritto, il quadro di una scuola in movimento e ben determinata nel percorrere la via del progresso con scelte oculate, che data l’importanza del suo servizio pubblico, passa attraverso ricerche, studi, sperimentazioni e monitoraggi, prima di tradursi in innovazioni estese all’ultima istituzione. E ciò va detto, non tanto e non solo per contraddire i facili detrattori, ma a sostegno di quanti nella scuola operano, in condizioni difficili, con serietà e impegno ma soprattutto per stimolare e coinvolgere coloro che sono rimasti fermi o attardati in vecchi moduli operativi. Tutto ciò va detto a tutti coloro che rinviano, sine die, la riforma della scuola e che prendendo a giustificazione la difficile congiuntura economica del Paese, tentano di ridurre anziché incrementare il già magro bilancio della Pubblica Istruzione.
Eppure i soldi spesi per l’istruzione dovrebbero essere considerati come investimenti sicuri per un futuro migliore per tutta la nazione.
Luigi Catalano
• Relazione tenuta presso il Liceo Se. “P. Ruggicri” di Marsala nel eorso del Convegno: “Realtà e prospettive: Seuola oggi, scuola domani”, Marsala-Mazara del Vallo, 23-24 febbraio 1996, organizzato dal Centro Internazionale di Cultura “Lllybaeum”. anno da dedicare alla fonnazione ma anche alla propria famiglia o ad attività sociali•.
Da “Spiragli”, anno VIII, n.1, 1996, pagg. 7-16.
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