Monotonia
della mia vita che m’ha spinto a dare
sempre, per gioia o forza (o per viltà?)
a chi un dono d’amore, a chi il perdono.
Monotonia
del canto degli uccelli all’albeggiare,
del cicalare a sera nella siepe,
della mensa allestita ad ore certe,
d’un amore lasciato al rituale,
del mio respiro senza alternative,
del giorno che si spegne puntuale.
Monotonia
del firmamento superpopolato
di fuochi fatui,
vividi nella notte, che il mattino
spegne … nella sua luce.
Monotonia
del ferro arroventato sull’incudine
e il ritmo del martello,
dell’ orologio al muro
che sillaba le ore coi minuti,
dell’ultime notizie dei giornali
uguali, sempre uguali.
Monotonia
della pioggia incessante di parole
sui deserti d’amore.
Renzo Mazzone
Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 48.
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