Due volte Pinocchio a teatro per la penna di Nello Saito
Quante volte abbiamo visto trasformata in celluloide la storia di Pinocchio, il burattino bugiardo che desidera tanto, tra pericolose avventure ed amicizie sbagliate, di poter diventare un ometto in carne ed ossa, proprio come tutti i suoi conoscenti. Sicuramente la maggior parte degli spettatori, al di là della rilettura per mano di Roberto Benigni, ricorderà, per lo più, la versione disneyana del 1940 o il bellissimo Le avventure di Pinocchio, diretto nel 1971 da Luigi Comencini. Ma la fiaba di Carlo Collodi è stata in realtà più volte portata sullo schermo, da registi come Giannetto Guardone (Le avventure di Pinocchio, del 1947), Attilio Giovannini (Pinocchio e le sue avventure, del 1954), Steve Barron (Le straordinarie avventure di Pinocchio, del 1996) e Michael Anderson (The new adventures of Pinocchio, del 1999). E non parliamo della numerosa saggistica pedagogica che ha ispirato nel mondo intero la «storia di un burattino che diventa uomo» (Epifania Giambalvo, 1971).
Nella valanga di perbenismo che ha avvolto comunque le varie riedizioni del Pinocchio collodiano è utile la voce drammaturgica di dissenso espressa in questa pièce teatrale dal titolo Il Pinocchio studioso, dello scrittore di origine siciliana Nello Sàito, autore scomodo e irriverente che ha dato prova di insofferenza per l’appiattimento culturale italiano. Autore purtroppo dimenticato, anche se si tratta di un «premio Viareggio» e «premio Strega».
Il mondo di Pinocchio è avvolto in un’atmosfera magica, sfumata e trasgressiva, ma è regolato da una morale concreta e dura. Molto curioso e intrigante è il monologo del Pinocchio avventuroso che chiude la pièce teatrale. Qui l’autore ironizza su tutto un mondo che è duro a scomparire. Egli immagina un Pinocchio che non si trasforma in carne e ossa, ma rimane un burattino per sgonfiare quelle che lui chiama le bolle di sapone che sono la storia, la divinità, il passato e il futuro.
«E si ci fosse un mondo fatto solo di Pinocchietti tutti di legno, indistruttibili, insensibili alle malattie, ai dolori, alle lacrime? Quante lacrime risparmiate nel mondo! Forse un universo senza uomini non sarebbe male! Pensare che non ci sarebbero neanche i politici che per secoli non hanno fatto altro che parlare e litigare.» Sarebbe un mondo colorato dove Pinocchio sarebbe felice.
Maria Angela Cacioppo
Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pag. 57
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