PAOLO PINTACUDA, Il paese delle ombre. Sceneggiatura per un film sui desaparecidos,collana «Scene & Schermi», I.l.a Palma, Palermo – São Paulo.
I desaparecidos nella cultura. Un dramma da non dimenticare
Tra il 1976 e il 1983 in Argentina scomparvero 30 mila cittadini: oppositori politici, intellettuali, studenti, sindacalisti, religiosi e persino bambini. Furono sequestrati , torturati e fatti sparire nel nulla. La repressione fu parte di un piano preordinato e sistematico, eseguito da militari agli ordini dei comandi delle forze armate. Ebbe così inizio il più grande genocidio della storia argentina. Le operazioni venivano compiute nei posti di lavoro dei ricercati o per strada in pieno giorno, ma la maggioranza dei sequestri avveniva di notte, in casa delle vittime. La vittima veniva catturata e incappucciata, poi trascinata fino alle macchine che aspettavano mentre il resto del gruppo rubava tutto quello che poteva, minacciando il resto della famiglia. Anche nei casi in cui i vicini o i parenti riuscivano a dare l’allarme, la polizia non arrivava mai. Si incominciò così a capire l’inutilità di sporgere denuncia. I corpi venivano sepolti in fosse comuni. bruciati o mutilati per evitarne il riconoscimento; centinaia furono anche i prigionieri narcotizzati e gettati in mare dagli aerei militari. La maggioranza della popolazione era terrorizzata. Non era facile trovare testimoni. Nessuno aveva visto nulla. In questo modo migliaia di persone diedero forma a una fantasmatica categoria: i desaparecidos.
Il clima di quegli anni è perfettamente riportato nel lavoro di Paolo Pintacuda, Il paese delle ombre. L’autore ripercorre le strade di una tragedia prevedibile e forse evitabile, che in un crescendo di commozione ci porta dallo spaccato di vita quotidiano dei protagonisti fino ai limiti della violenza protetta dalle istituzioni. Vi è la crudeltà degli esecutori, l’inutile rabbia degli oppositori del regime, la disperazione dei parenti delle vittime ma anche la rassegnata indifferenza di molti cittadini, come quella del protagonista Jorge, che si ostina a non capire che non vive in un paese normale. Fino a quando non prende coscienza della verità, scoprendola nel modo più drammatico, cioè subendola in prima persona.
Il libro ha il merito di insistere non solo sulle efferate torture ma piuttosto sul dramma psicologico della vicenda. Una narrazione chiara, in una sceneggiatura accurata, quella di Pintacuda: uno sguardo lucido e crudo su un periodo storico popolato di molte ombre e pochi spiragli di speranze, ma sul quale si cerca di fare luce per avere giustizia.
Vera Da Giuliana
Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pag. 58.