Ahi povera Italia, terra di guai,
vai come nave senza guida
nella tempesta,
nazione senza prestigio, ricettacolo
di troppe porcherie,
se un animo gentile predica amore
e gioia per la sua terra
la maggior parte degli abitanti tuoi
d’odio si pasce, d’invidia e di vendette.
Non c’è regione in te né spiaggia
ove si possa stare in pace.
Il diritto di cui sei stata madre
ora è per te motivo di vergogna.
E il clero, anche il clero va dietro
a favori materiali
e le anime non guida per la retta via.
E voi, gente di potere, guardate
a che punto siamo:
pensate solo ai vostri affari
mentre lo stato
va in malora e la gente imbestialisce
oltre ogni limite,
che Dio vi maledica e angosciose pene
rovesci
su voi e i vostri figli, sicché
ne venga monito
ai futuri governi, giacché l’avidità
di potere
vi tiene stretti alle poltrone e vi porta
all’ abbandono del comune bene.
Da ogni parte azzUlTi e rossi
e bianchi e verdi fanno cagnara
opprimono l’umana dignità
accampano magagne;
e a chi resta la cura del paese ridotto
ormai al buio e all’abbandono?
Se ci è lecito osare l’invocazione a Cristo
non possiamo non dire:
dove hai volto lo sguardo?
Ci hai forse abbandonati, o Padre,
o il nostro male rientra nel mistero
dei tuoi disegni provvidenziali per noi
incomprensibili?
Certo è da stupire come in ogni città
qualsiasi villanzone diventa
un pezzo grosso
per meriti di partito.
Tu, Palermo, ne sai qualcosa,
rallègrati davvero del falso progresso
della tua gente,
specie stando alla fama di mafia
che ti porti dietro.
Qui tutti sputano sentenze,
tutti si affannano per conquistare posti,
i pochi onesti vivono nascosti.
Gli antichi saggi ormai contano nulla
rispetto ai governanti d’oggi
che fanno e disfanno leggi,
futili proclami, ridicole ordinanze
che magari durano un sol giorno,
per cui, chi ha memoria,
vede questa città
come eterna ammalata che di qua
di là si volta
nel letto di una politica, con la quale
anziché guarire vieppiù si ammala.
Elio Giunta
Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pagg. 63-64.
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