Il 27 febbraio 1989 è morto Virgilio Titone, grande scrittore, storico, critico, sociologo: uomo onesto, coraggioso, generoso, schivo, veramente libero.
Era nato a Castelvetrano (Trapani) il 15 marzo 1905. Già nei primi scritti, del 1923 o del 1924, rivelava la sua forza decisa, energica dello stile. Fra i suoi primi libri Critica vecchia e nuova (Firenze, 1932), nel quale mostrava che l’ammirazione per il De Sanctis aveva fuorviato il giudizio dei critici, non avendo quell’autore fatto se non «in moltissimi casi che della psicologia». Seguirono La poesia del Pascoli (Roma, 1933), Retorica e antiretorica nell’opera di Alfredo Oriani (Milano-Napoli, 1933), che il senatore Cian considerò uno scritto eretico, «incredibile, ma titonicamente vero»; allora difese il Titone Benedetto Croce, condannando severamente la denunzia di quel servo del regime fascista (La Critica, vol. XXXIII. 1935, p. 188). In varie circostanze il Croce espresse la sua stima per il giovane Titone e lo incoraggiò; gli scrisse manifestandogli il suo consenso, quando fu sequestrato il libro Espansione e contrazione (Trapani, 1934), con il quale Titone mostrava la contraddizione tra una politica di espansione imperialistica e la fase di contrazione che allora si attraversava. Di quegli anni è anche il volume Giovanni Boccaccio con un’appendice su ser Giovanni fiorentmo (Bologna. 1936), con cui il Titone dimostrava che il Boccaccio era nato a Certaldo, non a Parigi.
Negli anni quaranta il nostro autore pubblicò Cultura e vita morale (Palermo, 1943), Teoretica della rivoluzione (Palermo, 1944), Il teatro di Racine (Palermo, 1945), Economia e politica nella Sicilia del Sette e Ottocento (Palermo, 1947), La Sicilia spagnola (Mazara, 1948), La politica dell’età barocca (Palermo, 1949). In La Sicilia spagnola fu sottolineato un atteggiamento troppo personale, ma per la sua originalità il libro poté screditare certe idee che per circa due secoli, a partire dall’illuminismo, si erano passivamente accettate sul rapporto Spagna-Sicilia e pertanto ebbe il merito di stimolare a una revisione e a nuove ricerche. Il nome di Virgilio Titone restava legato anche alla Spagna. per i suoi viaggi e fondamentali studi di storia e letteratura, che hanno soprattutto indicato molti elementi del carattere della sua gente, spiegandone così il comportamento, gli atteggiamenti, le relazioni, la politica. Con La Sicilia spagnola aveva inizio una nuova fase nella storiografia siciliana sulla Spagna, che continua fino ai nostri giorni, soprattutto con i contributi degli studiosi dell’Università di Palermo, nella quale il Titone fu per molti anni ordinario di storia moderna e maestro, uno degli ultimi maestri.
Sebbene egli abbia collaborato come apprezzato elzeverista ai più autorevoli quotidiani italiani, dal Corriere della sera, nei suoi tempi migliori, al Tempo, e alle riviste più prestigiose e particolarmente al Mondo di Pannunzio e alla Nuova Antologia, molte delle sue cose più significative si trovano nelle tre riviste palermitane da lui fondate e quasi interamente scritte, La nuova critica, L’Osservatore, Quaderni reazionari.
Degli altri libri del Titone ricordiamo: L’Italia oggi (Mazara, 1951), Politica e civiltà (Palermo, 1951), La Sicilia dalla dominazione spagnola all’unità d’Italia (Bologna, 1955), Origini della questione meridionale. Riveli e platee (Milano, 1961), Storia, mafia e costume in Sicilia (Milano, 1964), Storia e sociologia (Firenze, 1964), Il conformismo (Milano, 1966), Introduzione alla rivoluzione francese (Milano, 1966), Machado e Garda Lorca (Napoli, 1967), La storiografia dell’illuminismo in Italia (Milano, 1969), Commento al nostro tempo (Roma, 1972), libri che non poco hanno contribuito alla formazione di molti giovani di diverse generazioni.
Negli anni 1971-72, in più edizioni, Mondadori pubblicò le Storie della vecchia Sicilia; nell’Avvertenza il nostro autore scrive che quei racconti, o come egli li chiama, le sue storie, «vogliono essere un contributo alla storia dell’isola: una testimonianza della sua anima antica e vera». E questo gli è stato riconosciuto anche dai critici: Indro Montanelli sottolineò nel libro il vigore degli squarci di vita; trovò quei racconti .scritti più con lo scalpello che con la penna» e dichiarò che «per trovare pezzi di Sicilia altrettanto densi e compatti bisogna risalire a Verga», dal quale si dovrebbe fare discendere Titone «in linea retta» (Corriere della Sera, 30 aprile 1971, p. 3). Il solito vizio di classificare e di ricondurre qualsiasi autore ad un altro autore! Da Verga Titone è lontanissimo e ciò risulta evidente proprio dal fatto che narrano entrambi la Sicilia, con uno stile del tutto diverso. L’originalità di Virgilio Titone, riconosciuta nei suoi vari scritti e di diversi periodi, emerge anche e soprattutto dalle sue Storie.
Negli anni successivi il Titone pubblica Il pensiero politico italiano nell’età barocca (Caltanissetta-Roma, 1975), Dizionario delle idee comuni (Milano, 1976), La società siciliana sotto gli Spagnoli e le origini della questione meridionale (Palermo, 1978), Il libro e l’antilibro (Palermo, 1979), La Sicilia e la questione settentrionale (Caltanissetta-Roma, 1981), La festa del pianto (Caltanissetta-Roma, 1983), Scritti editi e inediti 1924-1945 (Palermo, 1985). Fra i temi ricorrenti ne ricordiamo almeno uno: la critica all’intellettualismo: «Un vero poeta, un vero pittore, scultore, architetto, un medico, un fisico, un biologo, un filosofo, uno storico non possono classificarsi tra gl’intellettuali. Rappresentano la cultura del loro tempo. L’intellettuale infatti è il parassita di questa cultura e lo è per due motivi essenziali, perché dal suo prestigio deriva il proprio prestigio e perché nessun avanzamento della scienza e nessuna opera di scienza o di arte può da lui farsi o pensarsi. Potrà fare il mezzo poeta, il mezzo politico, storico, economista e così via, ma nessuna di queste cose egli farà seriamente e professionalmente. Non cerca la verità, che per altro non lo interessa. Il suo solo interesse si riferisce a se stesso: al suo bisogno di apparire intelligente, originale, spregiudicato. Perciò le sue formule, le sue sistemazioni dell’universo, le sentenze definitive sugli uomini e le cose che lo circondano ci appaiono altrettanto vuote e irreali quanto aggressive» (Dizionario delle idee comuni, vol. I, pp. 233-34).
Nel 1987 sono usciti, a Palermo, i due ultimi libri di Virgilio Titone, Vecchie e nuove storie siciliane e Le notti della Kalsa di Palermo, dei quali si è occupato fra gli altri Helmut Koenigsberger nel Supplemento letterario del Times del 18-24 dicembre 1987. Scritti del Titone sono stati tradotti in inglese e in spagnolo.
Tema ricorrente dell’opera narrativa del Titone è la solitudine virile e la ricerca religiosa del passato, qualunque esso sia, anche triste. Alla solitudine e alla ricerca del passato si accompagna la struggente ansia del futuro: «…noi custodiamo i nostri ricordi, lettere ingiallite, lontane fotografie, mute reliquie di coloro che non sono più. Ma un giorno tutto questo sarà distrutto e qualcuno verrà a sgombrarne frettolosamente la nostra casa» (Storie della vecchia Sicilia, p. 101).
Calogero Messina
da “Spiragli”, Anno I, n. 1, 1989, pagg. 10-12.
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