Mario Mazzantini, Attraversare i binari, Edizioni Rari Nantes, Roma, 1989, pagg. 120. 

 Poesia insolita (come è, da sempre, la poesia ad alto livello) quella del toscano, ma residente a Roma, Mario Mazzantini. Si tratta di un atto di pura creatività dove emergono le contraddizioni di un mondo oscillante fra il reale e l’immaginario, carico di incognite e di stupori, ma sempre controllato dall’intelligenza. 

Si sottolineano la labilità dei ricordi e la temporaneità dei giudizi, in un’enigmatica ambivalenza, che rappresenta una metafisica senza memoria, senza passato e senza futuro. 

Giacinto Spagnoletti, nella prefazione, accenna allo zavattini di Parliamo tanto di me o I Poveri sono matti che gli ricorda il candore di certa poesia di Mazzantini. 

Noi siamo stati colpiti, più che dalla satira di questi versi, dalla serena drammaticità. Il linguaggio, infatti, ha la stessa semplicità strutturale di quello di Kafka ed il verso viene trascinato sul filo del provvisorio, dentro il confine del probabile. Ma Mazzantini (che ha la particolarità di sistemare i titoli di ogni poesia alla fine e non all’inizio) sorride su un fondo amaro, come se fosse consapevole dell’inutilità di qualunque sforzo. 

E. Schembari 

Da “Spiragli”, anno I, n.3, 1989, pagg. 64-65.

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