Il quadro è come un libro da leggere, a qualsiasi epoca o tendenza o movimento artistico appartenga. Occorre anzitutto conoscere bene l’autore pronunciando correttamente il nome, specialmente se straniero – ed il titolo.
Come ogni libro, il quadro ha una prefazione su cui bisogna indugiare a lungo, soppesandone contenuto e valore di chi l’ha scritta, prima di iniziare a «sfogliarlo». Nella prefazione è indicata la storia dell’autore, quella umana con le vicende della sua vita e quella «critica» con la collocazione nel periodo e nella corrente che gli competono. È inutile visitare una mostra senza essere a conoscenza dei dati essenziali che riguardano gli artisti che espongono le opere. È come voler leggere un libro senza sapere grammatica e sintassi della lingua in cui è scritto.
Visitare una Pinacoteca o un Museo o una Galleria d’arte, è un fatto impegnativo e drammatico, un episodio importante in cui si misura la propria intelligenza ed il grado d’ansia di conoscenza che ognuno ha dentro di sé. Già «il desiderio» di guardare e capire l’opera d’arte, ci distingue dalla massa, la cui immaturità ed indifferenza – nel campo dell’arte – «è uno dei dati costanti ripetitivi ed ingannevoli dell’umanità».
Davanti ad un quadro importante che non comprendiamo, occorre dirigere le qualità della mente e dell’animo verso il porto sicuro della consapevolezza obiettiva, incanalandone l’acqua sorgiva dell’intuito e dell’istinto. Guardare in silenzio, evitando la banalità di un «mi piace» o «non mi piace»; riunire gli elementi acquisiti nell’indagine prima espletata, collocando l’opera nel giusto spazio storico e critico appreso in precedenza. Ed infine, cercare di capirne il senso e la validità.
Vediamo in che modo ci si può arrivare. Da soli, è praticamente impossibile. Purtroppo, le fonti di apprendimento per aiutarci a capire, si sono andate via via deteriorando a causa del tumultoso divenire delle nuove esperienze e correnti espressive, in particolare nella pittura. Alla lunga e meravigliosa «stagione» della prima metà del ‘900, così ricca di felicità inventiva e magistero nei grandi talenti che la espressero, ha fatto seguito una serie di proposte spinte da un mercato interessato ed avventuroso, e però condizionante – le quali hanno prevaricato confondendo nomi ed idee, e producendo guasti notevoli nel processo di avvicinamento della gente comune alla comprensione e fruizione dell’arte moderna. Esamineremo poi le varie correnti che si sono succedute dal Sessanta in poi e che costituirono «la rottura» con il «grande magistero» del primo Novecento, dall’arte gestuale all’arte povera, alla Bodyart fino ai «comportamenti» e all’arte di équipe delle nuove cosiddette avanguardie (condotte e spiegate – tra l’altro – con un nomadismo linguistico intercambiabile di assai dubbia chiarezza).
L’incontro con un vero pittore
Mi preme ritornare al concetto dell’apprendimento, in pittura, di un mezzo semplice e chiaro – comunque possibile – per arrivare al senso e alla validità del contenuto di un quadro, come già accennato. È necessario che, prima o poi, una persona di buona sensibilità – anche se di media cultura, a cui queste note sono rivolte – incontri un «vero» pittore e ne conquisti l’amicizia. Per «vero» pittore, si intende un professionista oltre che del pennello, anche della conoscenza della pittura alla quale abbia dedicato tutta la propria attività mentale ed esecutiva.
Di pittori, in Italia, ce ne sono quanti, ahimè, ne enumerano ed illustrano le varie ed incolte enciclopedie fiorite negli ultimi anni, le quali altro scopo non hanno se non quello di soddisfare la vanità della gente che dipinge, spillando e facendo di tutta l’erba un fascio. In realtà, i nomi dei pittori che contano, quelli «veri», sono, nel nostro Paese, un centinaio, un esiguo gruppo, dunque, per ogni regione (a fronte dei trentamila e più, propinatici dai tanti ingombranti dizionari in giro).
Ogni artista «che conta» ha il proprio bagaglio di riferimenti storici e critici ed una carriera di attiva militanza e riconoscimenti da parte degli studiosi e critici d’arte più validi e noti (autori cioè di importanti volumi sulla pittura e redattori culturali di famosi giornali e periodici di alta tiratura).
Incontrare un pittore autentico e diventarne amico, non è facile. Spesso l’artista lascia la grande città e si rifugia lontano dal rumore e dallo smog. Per avvicinarlo, occorre sensibilità e buona cultura, ed anche simpatia, per infrangere la riservatezza e, a volte. il bisogno di solitudine del pittore, sempre alle prese con i propri fantasmi e alla ricerca delle infinite possibilità tecniche per realizzare l’opera. Una volta conquistatane la fiducia e l’amicizia. è bene coltivarle con discrezione e buon senso.
Così l’artista diventa una fonte inesauribile di apprendimento e discernimento per chi cerca la verità in arte. Ci si rende conto, via via, di cosa sia la positività o la mediocrità o la nullità di un dipinto. come si imposta un quadro, dai primi gesti sulla tela sino alla firma.
Spesso il pittore è estroverso e generoso e concede perfino la visione della propria alchimia e della propria tecnica a chi lo cerca e frequenta. Il mondo misterioso ed affascinante delle forme e dei colori. che attrae perfino i bambini, si rivela ed abbaglia.
Entrare nello studio di un vero pittore è come entrare nella stanza della luce dal buio delle cose comuni del mondo. Non tanto perciò che di fisicamente è accertabile (il cavalletto, i barattoli, i pennelli, i colori, le tele, gli stracci), quanto, e soprattutto, per l’atmosfera di creatività e di cultura che vi aleggia. È un’esperienza semplice ed esaltante insieme, che tutti dovrebbero provare. L’artista, già nel descrivere le proprie opere – con la velata insoddisfazione, propria dell’autentica professionalità – nell’ambiente odoroso di vernice ed acqua ragia di misteriosa attrazione, usa parole ed atteggiamenti che convincono molto di più di una prosa accademica di libri o giornali o della stessa televisione.
Si delinea e si concretizza. nella mente del visitatore, quel «linguaggio» fatto di piccole nozioni grammaticali e sintattiche, che gli consentirà quella «lettura» come di un libro, del quadro prima incomprensibile. È il primo approccio per saper distinguere il bello dal brutto. la pittura autentica da quella del dilettante, per raggiungere, a seconda del grado di intelligenza e duttilità del pensiero, quel momento che definirei «sublime» in cui si intravede il concetto della «qualità» in pittura e nell’arte tutta. Di questa magica ed inquietante parola: «la qualità», nell’arte (e nella vita), nel cui significato sta forse una delle ragioni più alte della nostra coscienza, scriverò nel prossimo articolo.
Noi ci tramutiamo ed invecchiamo. Capire in tempo il significato e la qualità di un’opera d’arte, e goderne, è forse la nostra possibile terapia per sfuggire alla malattia dell’indifferenza e della tristezza dei nostri giorni.
Proviamoci insieme.
Carlo Montarsolo
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