L’antifemminismo di Federico De Roberto in una recensione inedita per Anna Franchi

Il 20 gennaio del 1903 esce a Napoliil primo fascicolo della rivista di Benedetto Croce “La Critica”, alla quale
dà notevole apporto Giovanni Gentile. 

Come spesso avviene in questi casi, l’attenzione dei due filosofi è particolarmente desta a registrare commenti, consensi e reazioni che possano riguardare la neonata rivista. Sicchè da Marinella (presso Castelvetrano), dove si trova in vacanza, il 17 agosto 1903 Giovanni Gentile segnala a don Benedetto «Avete visto un giornale letterario di Catania, fondato ora, recante un articolo di De Roberto intitolato La Critica?».

Simona Giannantoni, curatrice delsecondo volume delle Lettere a Benedetto Croce (Firenze, Sansoni, 1974), nel quale si legge la lettera in parola, a questo punto crede opportuno rimandare il lettore alla consueta nota esplicativa:«Probabilmente Federico De Roberto (1866-1927)». Nient’altro, tranne l’errata data di nascita dell’autore dei Viceré (1861 e non 1866). Per cui tocca a noi aggiungere che si tratta del giornale “La Giostra”, rivista mensile di Lettere e d’Arte diretta da Guglielmo Policastro. Che la lettera gentiliana si riferisse a “La Giostra” non c’è alcun dubbio ma l’articolo di De Roberto sulla Critica crociana non c’è
proprio: è solo il frutto d’un equivoco L’antifemminismo di Federico De Roberto in una recensione inedita per Anna Franchi di Piero Meli o per meglio dire d’una intuizione pura del filosofo di Castelvetrano. La Critica è infatti il titolo d’una rubrichetta, dove, per l’occasione, Federico De Roberto recensisce brevemente nel primo numero della rivista (agosto 1903) un libro di Anna Franchi, Avanti il divorzio, prefazione di Agostino Berenini, ed. Sandron, 1902. Evidentemente Gentile non lesse neanche l’articolo, però ebbe cura di informarne frettolosamente Croce.

 

Il clamore suscitato dal romanzo della femminista ante litteram Anna Franchi fu tale e tanto da spingere De Roberto a scriverne una recensione, un anno dopo la sua pubblicazione. Ma, evidentemente all’oscuro delle vicende biografiche della scrittrice livornese, l’illustre autore dei Viceré non riuscirà a coglierne tutta la disperazione d’una dignità offesa che è all’origine del romanzo. In Avanti il divorzio Anna Franchi raccontava senza veli il suo burrascoso ménage matrimoniale col musicista Ettore Martini (Ettore Streno nel romanzo), uomo cinico, vizioso e depravato, dal quale aveva chiesto la separazione per via delle violenze e turpitudini subite. Una dolorosa esperienza autobiografica che spingerà la coraggiosa scrittrice a una battaglia, attorno al Partito Socialista, a favore d’una legge sul divorzio.

Federico De Roberto, soppesando il suo giudizio col bilancino del canone dell’obbiettivismo e dell’impersonalità, si dichiara alquanto deluso del lavoro della Franchi, trovando nel romanzo un intento propagandistico che soverchia l’intento artistico, tanto da nutrire addirittura seri dubbi sull’autenticità d’un personaggio come Ettore Streno. E perfino sul piano della finalità che il romanzo si prefiggeva, quello di scuotere la società sulla necessità di sciogliere le catene del vincolo matrimoniale, lo scrittore catanese si mostrerà scettico, attribuendo al romanzo della Franchi il solo merito di aver provocato appena un semplice dibattito nel quale trovano uguale cittadinanza i fautori del divorzio e gli antidivorzisti. Motivo? La protagonista del romanzo, la sedicenne Anna Mirello, anche se ancora
ragazzina aveva avuto per tempo qualche avvisaglia della «pessima indole» del fidanzato e tuttavia lo sposò lo stesso «in uno stato di mezza incoscienza e quasi d’automatismo». Ergo deve prendersela con se stessa, con la sua leggerezza, e «non con le leggi della famiglia». Per la stessa ragione i fautori del divorzio, «appunto perché gli uomini e particolarmente le donne, da giovani, possono essere incoscienti come Anna Mirello, appunto perciò la società deve dar loro la possibilità e il mezzo del rimedio». Sottolineiamo particolarmente le donne per evidenziare il sentimento antifemminista che è al fondo di questa partigiana recensione derobertiana che spiega anche la «delusione» dello scrittore catanese.

Delusione maggiore ebbe a provare sicuramente Anna Franchi, forse anche rabbia, nel leggere che il cultore di «documenti umani» aveva giudicato la sua dolorosa vicenda personale un’esposizione di un caso romanzesco («Ora, a provocare un dibattito utile è lecito credere più adatta l’esposizione dei casi reali e non dei romanzeschi»). Sono queste le ragioni che ci inducono a proporre qui integralmente la recensione finora inedita del De Roberto (la segnalammo per primi nell’articolo Capuana nella “Giostra” in “Biologia Culturale”, Roma, marzo 1976), per più di trent’anni sepolta tra appunti e scartoffie.

Piero Meli

Da “Spiragli”, anno XXII, n.2, 2010, pagg. 31-33.