La poesia di Matilde Contino *
Matilde Contino, docente di lettere e traduttrice dal greco e dal francese, è anche una raffinata poetessa che per la prima volta accetta di veder presentate pubblicamente le sue opere.
Le sue raccolte poetiche sono tre, ed hanno già riscosso un lusinghiero successo di critica; molte sue poesie, inoltre, sono state pubblicate in giornali e riviste e sono state tradotte in diverse lingue straniere. È da sottolineare, infatti, l’apertura internazionale dei suoi interessi culturali: Matilde Contino ha sempre partecipato a iniziative, incontri e manifestazioni legate soprattutto al mondo mediterraneo, e in questi ambiti è già molto conosciuta ed apprezzata.
Il suo primo volume di liriche Symbiosis aveva già rivelato in lei notevoli qualità poetiche e la capacità di condensare anche in brevi composizioni una grande ricchezza di immagini, secondo la migliore tradizione dei lirici greci, dei quali l’Autrice – greca da parte di madre – ha saputo cogliere l’eredità. La sua è sempre una poesia limpida e meditativa, concisa e densa, in cui la passione interiore è filtrata attraverso il rigore formale derivante dalla profonda formazione classica.
Molto ricca la gamma dei sentimenti rappresentati: la natura fa sempre da sfondo ed offre lo spunto per limpidi quadretti (secondo la migliore tradizione degli idilli, anche questi legati alla letteratura greca: non dimentichiamo che idillio significa, etimologicamente, quadretto, bozzetto, breve composizione lirica avente come sfondo la natura). In questi quadretti la materialità dell’immagine si stempera nel lirismo o offre all’espressione poetica sembianze ore di aerea levità, ora calde e terrene, in cui si manifestano sia l’attaccamento alla natura sia la tendenza a sublimarsi e a fondersi nella natura stessa, per cogliere in questa, come dice un verso, la perpetua cosmica armonia.
Nella lirica “Il pianeta e il satellite”, l’immensità è resa con delicatezza, anzi perfino con grazia, nella raffigurazione della danza dei pianeti: «Il nord diventa sudi e i poli si invertonoI ma senza catastrofil i nostri pianeti si muovono/ danzano intorno all’altro/ in perpetua cosmica armonia>!; era difficile rappresentare con più levità una situazione da catastrofe cosmica che invece ispira immagini di armonia legate anche a quella “musica delle sfere” di cui parlava Platone. A Platone si richiama anche un critico straniero che ha parlato della poesia di Matilde Contino, Pascal Ghilewski, di cui vorrei riportare un giudizio sulla prima opera poetica: “La stessa Autrice e le sue poesie sono un cuore pensante, un’Anima che si identifica con l’Amore, un’espressione d’amore nel suo significato migliore, che raggiunge gli eterei orizzonti platonici, agognando l’ideale, la bellezza e il bene (…). Nella fluida simbiosi tra erotismo e ideale si genera questa poesia alle cui basi si trova un elemento fisico, una pietra angolare: il mare, il sole, il vento, il battello, le stelle, il frutto, la flora e la fauna, tutto in una fantastica e beata armonia, in una splendida unità di tutti questi elementi mediterranei, volta a un solo scopo: dar luogo all’amore”.
A volte però la natura fa da insensibile sfondo a elementi di tristezza, di amarezza, di nostalgia. La malinconia è quasi una costante, ma è spesso abbinata a immagini delicate, sullo sfondo, come si è detto, di una natura impassibile e tuttavia bella, sempre oggetto di attenzione e di ammirazione: «Sui miei occhi erranti! a ricercar la luna/ sui profili scuri dei monti/ scendi malinconia/ mi avvolgi di un velo inestricabile/ bozzolo tu, baco io/ senza speranza/ di divenir faifallw. L’accostamento tra natura e sentimenti è particolarmente evidente nella lirica “Primo/Secondo”, dedicata ai giovani di Praga: «qui la pioggia precipita nel mio cervello/ e lava ogni pensiero>! e il tempo nero e le nuvole grigie corrispondono ai sentimenti dell’Autrice «grigio il mio cervello/ nero il cuore>!. La pioggia è anche, nella stessa lirica, «pioggia di schiavitù/ e di giovanile coraggio/ pioggia d’eroismo segreto/pioggia di sangue nero/pioggia di ultimatum/ e di guerre ingiuste>!: e la stessa ripetizione, incalzante come un ticchettio o come un crepitio di mitra, a cui infatti è paragonata la pioggia, rende in modo quasi onomatopeico l’effetto di parallelismo tra i due fenomeni , quello naturale e quello determinato dall’uomo.
Qualche volta la tristezza e l’angoscia assumono toni di una passionalità che accentua lo strazio e la sofferenza: anche in questi casi la lirica diventa estremamente espressiva, ma sempre con una scelta di immagini e di termini che rivelano un accurato labor limae.
La meditazione si fa gradualmente più intensa e la passione assume toni vibranti anche se sempre contenuti; si tratta, spesso, di una poesia d’amore, in cui la delicata sensibilità femminile si traduce in una densità metaforica particolarmente efficace. Amore e sentimento materno sono espressi, a volte, con una dolcezza particolare, come nella lirica “Ninna nanna”, altre volte con un traboccare di emozioni sempre però stemperate in immagini poetiche che le sublimano, richiamandosi anche al mito: la donna che ama, ad esempio, è paragonata ad una Nereide che circonda l’amato con fluide braccia, e anche il dramma di Paolo e Francesca, pure inquadrato nella tempesta e nella bufera, contiene attimi di delicatezza: «I nostri sguardi si fondono/ le dita si sfiorano/ per un breve attimo/ il lampo di un sorriso”. In quel lampo di sorriso, che non esiste nella rievocazione dantesca sta la dolcezza gentile con lui la poetessa rappresenta in pochi tratti la tragedia della coppia.
Non mancano poesie di ispirazione civile, come quella già citata “Primo/Secondo” dedicata ai giovani di Praga, o “Appello alle donne” o “Foglie”, ispirata alle donne di Sarajevo e ai bambini e ai vecchi di Dubrovnik: la meditazione sul mondo d’oggi ha toni spesso drammatici, ma è pervasa da un profondo amore per l’umanità che si traduce in immagini ed espressioni di particolare forza.
Il lirismo delicato ritorna nella terza raccolta Dove soffia il vento con una intensità poetica ancora più densa di risonanze.
Le composizioni sono brevi ed incisive come Hai-Kai giapponesi dei quali hanno le stesse caratteristiche, quelle di condensare il grande nel minimo e di operare una trasposizione dal mondo materiale ad un’idea trascendente, fondendo l’immagine, sempre nitida e precisa, con la risonanza che questa ha nello spirito. In pochi e sicuri tocchi il rapporto tra uomo e natura si sublima ancora una volta in un lirismo delicato e vibrante, in cui le metafore si spogliano di ogni corposità per divenire spesso di una raffinata delicatezza, rivelando, come nelle opere precedenti, il gusto estetico dell’Autrice e la sua chiarezza e limpidezza di evidente impronta classica. È sempre presente, come nelle raccolte precedenti, una passionalità intensa ma contenuta, caratterizzata da un equilibrio anche
questo di stampo classico. Alcune immagini ricorrenti – quelle dell’acqua, delle gocce, della pioggia, delle onde – accentuano la fluidità poetica dei versi e rivelano un’ispirazione legata a una natura sempre varia, come l’elemento liquido, simbolo di vita e di perenne mutevolezza, di perennità e di varietà nello stesso tempo.
Analoga funzione ha il tema del vento, presente nel titolo: anche questa immagine accentua l’ariosità e la freschezza delle liriche, in cui non mancano però i momenti di tensione, cosi come il soffio leggero del vento può trasformarsi improvvisamente in vortice o bufera. Ma le rappresentazioni del mondo fisico sono inserite sempre in un’atmosfera quasi metafisica, in cui il contingente e l’eterno suscitano il perenne interrogativo senza risposta sul destino dell’uomo: «Nello spazio stellato/ come una mezza luna/ resterò in eterno/ freccia scoccata/ senza bersaglio/ in perenne parabolica/ traiettoria, puro desiderio/ quesito senza risposta/ tentativo senza esito”.
Il tema dell’infinito e del mistero dell’esistenza umana, considerata come un viaggio verso l’ignoto, ritorna nella lirica “Scatola nera”, dove il viaggio nello spazio acquista una drammatica rilevanza con l’ossessionante e martellante ripetizione: «stiamo ancora percorrendo/ questo lungo ignoto viaggio/ verso l’autodistruzione/ verso l’autodistruzione/ verso l’autodistruzione…”.
Altrove l’immersione nella natura raggiunge, come era già avvenuto nelle raccolte precedenti, tocchi di aerea levità: la donna si scioglie in «dolcezza, tenera come un filo d’erbai umido d{ rugiada, gli occhi dell’amato sono perle da berei con la vista del cuore, il vento insegue tra le foglie degli eucalipti la luna inafferrabile/ come il mio sognoll •
È frequente anche l’immagine della librazione nell’aria, come «un acrobata/ sulfilo della vita; tutto questo traduce sempre la tensione spirituale, il desiderio di ascesa e l’ansia di chi cerca un appiglio e insegue un desiderio di certezza. Anche la musica del sirtàki, tanto amata dalla poetessa di origine greca, diventa fonte non solo di godimento, ma anche, attraverso la vivacità gioiosa del ritmo, fonte di elevazione e di spiritualizzazione: «Musica anch’io divengo/ volteggio nell’aria leggerai nota libera, ti aleggio intorno/ e comprendo il mondo intero”.
Un’altra immagine frequente è quella del fruscio del vento che interrompe il silenzio, rendendolo subito dopo più intenso: ma il vento serve anche a spezzare un momento di incantata contemplazione. Come diceva un grande poeta francese, Paul Claudel, grande interprete della spiritualità orientale, nelle sue Cento frasi per ventagli, poesie nello stile degli HaiKai giapponesi, la poesia è come un tocco sull’acqua, destinato a suscitare immensi cerchi concentrici, è come la corda di uno strumento musicale che, vibrando, suscita una lunga risonanza, come una piccola pastiglia di incenso che sprigiona a lungo il profumo: ecco perché un piccolo tocco o una delicata immagine possono suscitare l’idea del mistero che aleggia intorno alle cose e destare nello spirito una lunga eco, come avviene appunto in queste liriche.
Perfino elementi negativi come i rifiuti possono suscitare parallelismi con la vita e con i sentimenti umani. I rifiuti e le immondizie erano già entrati nella poesia con Baudelaire, che aveva espresso il fascino del negativo e le frisson galvanique, il brivido galvanico nato dal contrasto tra il ripugnante e lo spirituale; ma qui tutto è avvolto ancora in un’atmosfera di delicatezza a cui si accompagna, come sempre, un fondo di tristezza e di vuoto: «una buccia di banana/ un osso/ unafoglia seccai un pneumatico nero/ una bottiglia di plastica/ una lattina contorta/ un vuoto nell’anima/ un buco nel cuore”.
Come nelle raccolte precedenti, è sempre presente anche un’altra fonte di ispirazione, quella legata ai temi della guerra e della violenza, In “Lager” e in “Lettera dal fronte”, il dolore è rappresentato soprattutto attraverso la sofferenza di madri, vecchi, e bambini: questi ultimi in particolare, con la tenerezza che ispirano e con l’immagine dell’innocenza ferita con «grandi, grandi occhi/ e piccoli, piccoli cuori” rendono ancora più drammatico e patetico questo tema.
La lirica dedicata al padre, con l’immagine possente del vecchio leone, invitato a resistere contro tutto e contro tutti, o la lirica “Cintura nera” in cui il corpo traduce l’energia della natura e induce a poetici ed efficaci paragoni con le forze fisiche e naturali, hanno toni forti e decisi, diversi dalla delicatezza delle altre composizioni: si passa quindi, in questa raccolta, dall’aerea levità alla vibrante passionalità ed alla forza incisiva delle liriche ispirate a una passione civile; ma anche questa capacità di variare stile e linguaggio è segno di quella padronanza dei mezzi espressivi di cui l’Autrice ha sempre dato prova.
Ida Rampolla
* Relazione della prof.ssa Ida Rampolla tenuta a Marsala il 30 Maggio 1998 presso l’ex Convento del Carmine per il Centro Internazionale di Cultura “Lilybaeum”.
Da “Spiragli”, anno X, n.1, 1998, pagg. 28-32.