S. Zarcone, La carne e la noia, Palermo, Ed. Novecento, 1991
In un contesto moderno di contraddizioni e rivendicazioni in continua conflittualità per diverse regioni di ordine sociale la critica di Salvatore Zarcone sulle opere e la vita di Vitaliano Brancati merita un posto di tutto rispetto perché espressione di una complessa e vivace problematica di una sofferta realtà in un periodo che lo scrittore pachinese ha vissuto con intensa partecipazione e fin nei termini ultimi di una speranzosa quanto vana attesa di ottenere consensi al suo innovativo apporto culturale: integrare la politica con la letteratura, in particolare con l’efficacia di rappresentazioni teatrali.
Stile manierato, accorta ricerca analitica nei trascorsi eventi all’epoca in cui il Brancati scriveva opere condite di varia cultura, sono i pregi salienti dell’autore di La carne e la noia espressi con forza effettiva e determinatezza. Egli riscopre, in chiave di obiettiva valutazione di merito, i principi innovatori della tematica di chi aveva già previsto, assertore della necessità di collaborazione tra cultura e politica, l’efficacia di una reciproca comprensione al fine di dar vita ad una società più giusta, più rispettosa dei diritti altrui, che col suo inarrestabile progresso avanzi di pari passo con le esigenze dell’uomo e spiani la strada a giorni migliori tra i popoli oppressi nei loro squilibri lungamente pervasi da falsi fatui valori, animati da propositi di vendetta, di perverse ideologie, mai cessando di sostenere che gli uomini hanno diritto ad una vita più degna di essere vissuta, libera da strettoie oppressive, più attinente alle loro aspettative di soddisfacimento essenziale, da quello della fame e del lavoro a quello culturale brutalmente represso da un sistema capitalistico, autoritario, subdolo e disumano.
Contro un sistema così inquinante, che coinvolge i protagonisti del mondo brancatiano Zarcone vi si cala nel fondo dei loro risentimenti senza mai smettere di dare battaglia ispirandosi ai suoi principi secondo i quali la letteratura può convivere con la politica, pur nell’incessante accavallarsi di forze avverse e mistificanti, basando le nostre convinzioni su nuovi metodi di osservazione e deduzioni immuni da deformate angolazioni del pensiero culturale, proprie di quegli esseri che alla logica di una reale obiettività contrappongono assolutismi vecchi e nuovi, ideologici e pratici, nella speranza di un rinnovamento etico religioso dell’uomo conscio della sua dignità in una società più saggia, più ordinata e giusta.
In polemica contro l’intellettualismo di orientamento hegeliano e contro la filosofia tradizionale staccata dai nostri bisogni e dai problemi esistenziali Zarcone condivide l’impostazione culturale del Brancati, riconoscendogli il suo assunto secondo il quale l’uomo dev’essere in condizione di affrontare la vita con virile consapevolezza e positivo coraggio, in linea col concetto di Heidegger che rivolge la sua attenzione alla ricerca del senso dell’essere il quale ha continue possibilità di aumentare e perfezionare le proprie attitudini di civile progresso in tutti i campi dello scibile, in proficua collaborazione che faccia bene sperare in un futuro libero da discriminazioni.
Insomma, in un progresso di educazione pedagogico-letteraria tra tutte le nazioni, libere da egoismi e da orgogliose inveterate vanità.
Donato Accodo
Da “Spiragli”, anno XIV, n.1, 1999 – 2002, pagg. 41-42