Un mistero del XIV secolo nella città papale in Francia
di Doroty Koenigsberger
Un ‘introduzione
Le esperienze veramente singolari sono rare. I dejà vu, i sogni premonitori, molti li provano. Ma solitamente da soli. Sono esperienze private e personali che gli scienziati chiamano soggettive. Molte persone più spirituali credono che esse avvengano. Ma nessuno sa come avvicinarsi alla visione o al sogno di un altro se non alcuni indovini o gli psicologi della scuola di Sigmund Freud o Carl Gustav Iung.
La nostra strana esperienza non è stata di questo tipo. Innanzitutto è avvenuta in un luogo reale, la città di Avignone, presso le rovine del palazzo papale. In secondo luogo è accaduta in un tempo reale, in un tardo pomeriggio d’estate nel 1961. Le persone, gli animali e gli oggetti che ne fanno parte sono tutti tri-dimen-sionali e interi. Helli ed io abbiamo vissuto la stessa esperienza simultaneamente. L’abbiamo vista prima di parlarne. Quindi, tutti e due abbiamo visto quello che succedeva davanti a noi e così per molto tempo dopo ci siamo scambiati le nostre impressioni.
Fu naturalmente durante il nostro viaggio di nozze, ma viaggiavamo già da un paio di settimane e non ci davamo ai sogni né troppo ai romanticismi. Accadde dopo pranzo, ma non avevamo alzato il gomito col vino, perché volevamo soprattutto ammirare le bellezze turistiche. Volevamo ancora altri ricordi di Avignone. E furono ricordi particolari, diversi da ciò che avevamo visto fino ad allora o che avessimo mai pensato di vedere. Gli avvenimenti non sembravano far presagire nulla. Avvennero indipendentemente da noi; avremmo potuto essere due persone diverse o forse nemmeno persone, eppure la storia che racconto nella poesia «Gatti di Avignone» accadde davvero.
Per farla breve, andò così: notammo due donne minute, con lineamenti orientali. Portavano abiti che potevano sembrare tonache di suore o comunque costumi piuttosto strani. Non erano vestiti tipicamente orientali, sembravano invece abiti di qual-che ordine religioso occidentale, ma di prima che le gonne più corte e le scarpe moderne fossero ‘accettate. Non portavano crocifissi visibili. All’inizio pensammo che fossero due gentili signore che davano da mangiare ai gatti. Però il cibo era insolito, sembravano chicchi, e davano loro anche acqua da bere. Si muovevano piano e noi con loro, e offrivano il cibo ripetutamente in posti diversi lungo il cammino.
Erano seguite da un numero enorme di gatti, molti, molti più gatti di quanti avessimo potuto pensare di vedere in un solo luogo nel corso di un pomeriggio. Inoltre, tutti quei gatti erano bianchi o neri o a macchie bianche e nere. Naturalmente anche i costumi indossati dalle donne erano bianchi e neri. Sia i gatti che le donne ci ignoravano completamente; eppure restammo a guardare
questo apparente rituale per quasi un’ ora. Altra gente era qua e là. Pareva che si occupassero degli affari loro. Per quanto ne sapevamo, il rituale poteva essere normale ad Avignone in quel periodo, ma per dei nuovi arrivati appariva molto strano.
Avvenimenti insoliti accadevano in una città di grande ambiguità spirituale. La lontana storia dello scisma del XIV secolo, di papi controversi e dei lunghi disordini successivi, contribuiva o sembrava contribuire alla rara atmosfera che ci circondava quel pomeriggio. Ma cosa è stata quella nostra esperienza nell’estate del 1961? Cosa significava? Per avere la risposta si deve leggere la poesia.
traduzione italiana di B. Scimonelli
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