Per una rigenerazione della politica. Cultura e valori umanistici 

 La progressiva perdita di idealità nel panorama socio-politica-culturale dell’Italia ha comportato la ricerca dell’interesse dei singoli a danno della collettività. I mali che hanno corroso dall’interno il rapporto fiduciario tra nomenclatura e popolo evidenziano l’indifferibile esigenza di una ricostruzione dello Stato. Se non si ha più rispetto per la democrazia, non se ne ha neppure per la difesa della dignità individuale. Nessuna meraviglia, del resto, visto che alcuni nostri «eletti» sono ben lungi dall’ essere i missionari della politica. Quel che urge è impedire di ridurre l’Italia in uno stato di ingovernabilità col continuo ricorso alla strategia partitocratica delle coalizioni. 

Verità incontrovertibile è che senza contenuti etici una nazione è destinata a ripiegarsi in se stessa nella corsa al proprio particulare, mentre rotoliamo in un vortice di egoismi, dai quali, alla lunga, tutti saremo travolti. Di qui, la necessità di dare alla politica un supplemento d’anima che la riporti alla sua peculiarità di servizio in favore della comunità, sorretti da convinzioni che maturano in un senso civilmente spirituale. Ma accade che la politica non sempre si fonda su ragioni valide, ovvero su obiettivi raggiungibili senza esporsi a rischi di varia natura. 

D’altronde, è risaputo che passioni che si smorzano rendono squallida la vita reale, specie se priva di requisiti morali e spirituali; di sentimenti, senza i quali non esisterebbe socialità né amor proprio e civile sopravvivenza. Ma in Italia scarseggiano sentimenti, fonti di civile progresso; per quanto è dato capire, vi è più culturalismo che cultura. 

Cultura e politica dovrebbero sempre impegnarsi a rendere l’uomo più libero e autonomo. Con questi intendimenti la società civile sarà veramente libera, sempre che il sistema politico riesca a marciare con i tempi per rinnovarsi, cercando anzitutto di uscire dalle incrostazioni burocratiche che offuscano ai giovani una nitida visione del futuro. Perciò occorre una politica altruistica, senza machiavellismi che consentano prevaricazioni di stampo nepotistico o settario a mestieranti senza scrupoli, che congiurano contro tutte le libertà. 

La società civile è stanca di essere sfruttata senza ritegno. I tempi cambiano e deve cambiare anche la politica in tutte le sue espressioni. Cambiamento più che mai necessario per chi si fa interprete della vita politica in un’ottica ben diversa da quella passata, dopo il ravvedimento ideologico del novembre 1989, il che, con l’abbattimento del muro di Berlino, segna il fallimento della filosofia politica a ideologie contrapposte. Epperò questa contrapposizione non va vista a priori col sospetto della costrizione a combattere l’eterogeneo consociativismo partitico, ma nella consapevolezza di un’inderogabile modifica della legge elettorale, in forza della quale per ben governare non si può più ricorrere all’ arma consociativa, ignorando che la censura politica va fatta attraverso il voto elettorale alla scadenza regolare del mandato, e non con equilibrismi e stratagemmi volti a difendere interessi di cordate variamente ispirate. 

Occorre rafforzare la volontà politica di un riml0vamento radicale delle istituzioni democratiche, ora che i tempi sono maturi per aprire a nuovi scenari di convivenza, col prioritario riconoscimento dell’ appartenenza delle risorse naturali a tutti i popoli della terra. 

Siamo convinti che soltanto chi propugna l’osservanza dei diritti umani rispetta la giustizia sociale e civile. Però, per raggiungere lo scopo, è indispensabile incentivare la buona cultura, quella libera, mai succube di una mutevole volontà politica e del predominio plutocratico, inquinata da lobby di profittatori e di sfruttatori, i quali col sistema consociativo, a cominciare dai sofisticati trucchi elettorali, hanno trasformato l’attività politica in uno stato di perverso benessere. Evidentemente, da esempi così, la cultura non può che uscirne sconfitta, svilita. Inutile, parlare di intellezione culturale; ammesso che se ne conosca il significato, ci si guarderebbe bene dal riconoscere che scienza ed esperienza fanno parte della cultura più viva,essendo i supporti della vita indispensabili ad una missione civile ispirata all’interesse dell’ amministrazione pubblica. 

Occorre leggere di più (se si vuole responsabilmente acculturare il popolo), consapevoli che dai libri provengono conoscenze ed esperienze, indispensabili fonti di cultura, di apertura mentale. La cultura sociologica, nell’interesse della ragion pratica, dovrebbe meglio contribuire, alla politica del governo. Non per nulla l’arguto Papa Wojtyla ebbe ad osservare che la crisi del nostro tempo non è di bombe, ma di cultura, come dire che il pensiero umanistico dovrebbe aleggiare al di sopra della faziosità dei singoli come dei gruppi, perché i soliti arrampicatori, per assicurarsi il potere, escogitano espedienti che non lasciano spazio agli uomini di buona volontà. Non bastano le riforme istituzionali … 

Ben venga, comunque, il federalismo, se esso significa effettivo decentramento di poteri con snellimento burocratico, riduzione dell’ autoritarismo governativo, accompagnato da congrua riduzione numerica dei parlamentari e dei partiti. Ben venga, se esso significa maggior controllo sulla spesa pubblica, riforme istituzionali per il bene comune, adeguate alle nuove esigenze sociali. (Il libro-diario della pubblica amministrazione dovrebbe. essere aperto alla pubblica opinione, non coperto da segreto d’ufficio (n.d.r.). Tutto ciò si può attuare purché guidati da un illuminismo teorico e da un empirismo conoscitivo, capaci di annullare ogni distinzione categoriale e ideologico-politica. In un’epoca come questa, di imperialismo capitalistico vegeta una democrazia incompiuta che va a scapito dei deboli con conseguenze fallimentari che producono disoccupazione e «riduzione contributiva» con relativi disservizi pubblici, a scapito dei cittadini che spesso non vedono tutelata neppure la loro salute. Ai mali che affliggono la società un rimedio ci sarebbe, se ognuno di noi, ancor prima di agire, interrogasse la propria coscienza per conoscere se quello che ci accingiamo a fare risponda al detto: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te! 

Donato Accodo

Da “Spiragli”, anno XIX, n.1, 2007, pagg. 3-4.

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