Giovanni Salucci, Mafia dietro la scrivania

Originalità stilistica, chiara esposizione dei fatti con certosina ricognizione dei particolari che animano l’intera vicenda dei luoghi e dei tempi in cui sono accaduti, differenziano quest’opera da altre narrazioni quando mancano di effetti di grande interesse. 

Al di fuori di ogni prospettiva dettata dall’esperienza, l’A. predilige approfondite indagini e riflessioni che si confrontano col presente, insistendo nel denunciare manchevolezze, soprusi e colpe di una burocrazia corrotta e inefficace, alla quale vengono ascritti veri e propri delitti morali nel nome di una giustizia beffarda, infarcita di leggi che offendono la dignità dei cittadini con una confusione di idee, di valutazioni arbitrarie e lesive del buon senso, con tranelli ammantati di lusinghe in un coacervo di legge e di leggine, decreti e decretini vòlti ad eludere la ricerca della verità per motivi di convenienza, non per esigenza di giustizia soggiogata da accomodamenti di “ragion di Stato”, da interessi pubblici per bisogni superiori, ma per nascondere sporchi interessi privati a danno di chi nella Pubblica Amministrazione si sforza di rendersi utile facendo il proprio dovere per guadagnare onestamente il suo pane. 

Opera ponderosa, sintetica, di piena attualità, nella quale il Salucci non gradisce problemi impostati in maniera semplicistica, che non approdano a nulla, convinto che per sanare i mali della burocrazia occorre riformarla alla radice, liberarla dalle pericolose insidie che l’affliggono, se si vuole rinnovare lo Stato. 

Il perverso strapotere burocratico che da secoli immiserisce gran parte dell’umanità con strumenti legislativi oppressivi del suo mastodontico apparato di leviatana memoria ormai deve cedere il passo alle esigenze delle generazioni future. I tempi per aprire a nuovi orizzonti e per instaurare per tutti un sistema di vita, che non offenda la dignità dei propri simili, sono già maturi. 

È impensabile, nemmeno lontanamente, ritenere che la giustizia possa essere esercitata dal capriccio di singoli uomini, alla leggera, essendosi così bene diversificato da escludere qualsiasi legge che non si confaccia, come dovrebbe, a quella della Natura. 

Con argomentazioni di varie discipline acquisite in singoli campi specifici, in questo severo atto di accusa il ruolo funzionale del romanzo-saggio, altrove detto anche a tesi, viene valorizzato, alla maniera del Montesquieu in Lettere persiane, del Voltaire in Candido, con tono esaltante la finzione letteraria, la stessa ricorrente nelle Operette morali di Giacomo Leopardi, attraverso l’indagine conoscitiva della condizione umana e lo sviluppo dell’immaginazione condita di sentore autobiografico con valore civile e nazionale, ricca di peculiarità intellettuali e sempre con aderenza alla realtà espositiva dei fatti, in uno scavo psicologico di arte introspettiva nel rapporto tra chi scrive e il suo universo immaginario. 

Nel teatro delle vicende evidenziate in tutte le loro sfaccettature si susseguono colpi di scena che lasciano il segno di consumati misfatti morali, di intolleranze e stravolgi menti del vero a parte di alcuni uomini di legge moderni, spesso insensibili alle altrui necessità e al richiamo di ogni retto operare. Motivi, questi, che hanno spinto l’autore a lanciare, a tutto campo, la sua filippica contro il dilagare di scandali, angherie, mancanza di trasparenza in commercio, mazzette, corruzione, prevaricazioni e tutta una serqua di azioni disoneste a non finire. 

L’ambiente è sempre il solito, quello burocratico fatto di pratiche, di norme polverose, di rapporti stantii quasi sempre formali e falsi, freddi. Il tutto in un 

verismo che utilizza molto lo stile, oltre agli stati d’animo dei personaggi con i quali rileva la reale atmosfera di un ufficio pubblico in cui si dissacrano i miti del buon senso e della ragione. Da qui gli insegnamenti che possono ricavarsi dal libro: l’esigenza che il pubblico dipendente consideri il suo lavoro soltanto come pubblico servizio, come dedizione assoluta vòlta alla soluzione dei problemi e al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini e la necessità che egli reagisca ai soprusi con estrema fermezza, come quella che l’autore definisce ribellione pacifica per una società fondata sul rispetto reciproco. Ribellione a che non vi sia alcuno a credere di potersi mettere al disopra degli altri, anteponendo il proprio utile e la conservazione della propria felicità e della propria vita a quella di tutto il resto dell’ umanità. E ribellione anche contro noi stessi, se necessaria, ogniqualvolta pensassimo di ritenerci al centro di tutto e di tutti per essere d’incomodo ai nostri simili con le armi del tradimento e della disonestà. Per contro, se riuscissimo a convincerci di ciò che è proprio della sana burocrazia amministrata con leggi di comune interesse, potremmo se non altro ovviare a pericoli di ben altra ribellione, la più deprecabile che ci sia: quella che genera la lotta di classe, sempre possibile quando sono negati i sacri diritti umani. 

Alla luce di quanto sin qui esposto, si può dire che sia stato Salucci, con la sua Mafia dietro la scrivania, a spezzare o quanto meno a fiaccare i tenaci gangli di quella parte di burocrazia inefficace, dando avvio, consistenza e nuovo originale svolgimento al romanzo-saggio, inquadrandolo nelle vicende moderne da lui esposte con fervore creativo e diversificate forme dei suoi protagonisti. Non più nobilumi, non più dirigenti e funzionari inquisitori, non più magistrati infallibili, ma la gente del popolo, le donne, i fanciulli e persino i bambini in braccio alle loro madri vi fanno mostra di rivolta contro le pubbliche istituzioni per richiamare attenzione ai loro diritti. 

C’è in tutta la trama del romanzo una impostazione morale dei vari problemi che affliggono la società e una volontà di superare certi schemi espressivi e discorsivi di luoghi comuni nel proporre nuovi temi di ansie concrete al posto dei vecchi, architettati di estemporanee decorazioni evasive. Quindi, partecipazione attiva ai problemi della vita attraverso una narrativa di letteratura viva, intrisa di realtà, di umanità concreta, fatta di sentimenti puri e gentili, di doveri ma anche di diritti. E massimamente di giustizia alla quale si anela al grido di libertà quando ci si vuole sbalzare di dosso il giogo dell’arbitrio e della coercizione. 

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