ANTONINO GIUSEPPE MARCHESE, Giacomo Santoro detto Jacopo Siculo, pittore del sec. XVI, collana «Prisma», I.l.a Palma, Palermo. 

La riscoperta di un artista siciliano del sedicesimo secolo 

Può accadere che due regioni italiane distanti, sia per latitudine che per esperienze storiche, trovino una comunanza intellettuale nel vissuto di un individuo, inconsapevole protagonista di un consorzio culturale in tempi non sospetti: Sicilia e Italia centrale. 

Questa è la storia di un Maestro del Cinquecento, Jacopo Santoro di Giuliana, uno dei quattro centri minori che assieme a Bisacquino, Chiusa Sclafani e Corleone disegnano il quadrilatero geografico nonché storico della provincia di Palermo e si distinguono per la ricca produzione di artisti dall’età del Manierismo a quella del Barocco. Jacopo Santoro rappresenta purtroppo uno dei tanti esempi di trascuratezza degli studiosi e delle istituzioni culturali: è stato avversato per molto tempo e poi posto nel dimenticatoio dagli storici dell’arte siciliani. Per nostra fortuna non dallo storico A.G. Marchese, medico di professione, studioso dedito alla cultura del recupero dei Beni Culturali dell’ entroterra dell’ isola. Egli in questa monografia ha dimostrato encomiabile abilità e pazienza degna di una rara figura di intellettuale non omologabile e super partes, che ancora una volta lo hanno contraddistinto nell’ aver squarciato il velario del dimenticatoio. E nella dotta presentazione Giovanni Sapori dell’Università di Roma/3 lo mette in evidenza. 

La ricerca è stata condotta con estremo rigore scientifico a partire da indagini di carattere storico-ambientale, che hanno portato il Marchese a dedurre l’appartenenza del pittore a quella etnia ebraica presente a Giuliana dal 1486 e sottoposta al decreto di espulsione nel 1492, che Jacopo porterà come segni indelebili, che se da un lato arricchiranno il suo patrimonio artistico, dall’altro contribuiranno a far perdere, per circa quattro secoli, sinanche le tracce della sua identità. 

L’Autore nella monografia ha ricomposto in undici schede il corpus delle opere dell’ artista, a corredo della sua genialità compositiva e stilistica, mettendo bene in luce la purezza del raffaellismo che nello stile del Santoro si traduce nella sublimazione dell’ eleganza terrena e focalizzando le sue peculiarità correlate alla geniale costruzione cromo-spaziale dei retabli, tecnica caratteristica dell’impianto scenico. 

Stella E. Gois

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pag. 47.