G. Falciani, Dove finisce l’arcobaleno, Firenze, Ediz. Polistampa, 1996, pagg. 68.
In “Questo flusso prezioso” c’è, in sintesi, il filo conduttore della silloge Dove finisce l’arcobaleno di Gianna Falciani.
Il ricordo, che caratterizza tutta la prima parte e, quindi, il passato, emergono rischiarati dalla luce della saggezza propria di chi, conoscendo la vita, la ama e, amandola, vorrebbe che, perlomeno, si apprezzasse come un dono accetto e gradito.
I vecchi album di famiglia, le foto ingiallite, i ricordi, che anch’essi sanno di un tempo che fu, sono rivissuti in questa prospettiva e sotto questo segno trovano la loro giusta dimensione nell’aprire un varco di congiunzione tra il passato e il presente, senza alcun rammarico, senza rancore.
Solo così, se al suo apparire apre alla speranza, “finendo,” l’arcobaleno può indicare la via nell’armonia e nella pace o, in una parola, nell’accettazione di sé e di tutto ciò che ci circonda.
Ugo Carruba
Da “Spiragli”, anno IX, n.1, 1997, pag. 45.