GIUSEPPE BAGNASCO, L’amore viola. collana «Poesia Oggi», l.l.a. Palma, Palermo, 2008.

Il colore del sentimento e la vitalità della memoria 

L’amore viola, cioè, l’amore come un nome, come un colore, forse come uno strumento a corda che vibra e produce suoni profondi. Sono poesie che, in una fitta trama di rimandi e nell’inarcatura tra verso e verso, ci restituiscono lo stupore, la magia, il dolore di un canzoniere d’amore che, come tale, si sottrae ai livelli della storicizzazione” che esprime l’uomo, la sua cultura, i suoi vissuti. 

È una poesia dell’io, che parla all’amore e dell’amore, che guarda dentro di sé per scavare le vibrazioni più intime. 

Fra le cinquanta poesie, ce ne sono almeno cinque (Felice il vento, La pazzia, Senza cuore, Poi arrivasti tu e Mura il tuo silenzio), in alcuni versi delle quali abbiamo trovato, quel senso del labirinto assunto emblematicamente da alcuni poeti siciliani della fine del’ 500, in primis il poeta di «Celia» nelle sue Canzuni amurusi. il monrealese Antonio Veneziano – limitatamente alla esperienza amorosa. Laddove il sentire la passione d’amore con un lirismo che ci confermaquanto il sentimento amoroso sia consonantico e senza tempo, e come la poesia di Bagnasco raggiunga vertici di espressione così nobili e rari. 

Fare poesia significa mettersi a servizio della natura, non per imitarla nel canto, ma per darle espressione; significa esplorare quel luogo segreto all’interno di noi per tirame fuori immagini e fantasie che non appartengono solo a noi, ma che racchiudono tutti i sogni del mondo. Non a caso Hermann Hesse ha scritto che «nei sogni dei poeti risiedono una bellezza e una grazia che si cercano invano nelle cose reali». 

Il poeta scrive una poesia, non inizia affatto un libro. Soltanto dopo si rende conto che, tra le diverse poesie scritte, si ri-trova la linea di un percorso, il tracciato di un discorso. Dove iterazioni, sineddoche, sinestesie, anafore, metonimie, ispirano ed evocano stati d’animo che si trasformano in immagini. 

Bagnasco propone una poesia in cui fantasia e verità si incontrano nel segno di una superiore armonia: «E poi arrivasti tu / e il tempo / non fu più il tempo. / Si accesero le vetrine dell’ amore … ». Molte sono anche le suggestioni (da sub gerere) con cui, attraverso metafore fortemente fisiche, i testi poetici si possono leggere come partiture dell ‘anima: «Se dovessi descrivere l’amore / disegnerei un chiodo / e lì appenderei tutti i suoi sogni / e per vincere la solitudine / starei solo assieme a un cane / a dividere la zuppa con lui» (Calcinacci). 

Una poesia, dunque, che più sembra lontana dalla vita veloce ed ipertecnologica 

di oggi, più riporta alla condizione eterna dell’uomo, alla maledizione e alla ricchezza della sua corporeità. Sì, perché la poesia non dà risposte, ma interroga «il silenzio delle cose» (Luzi). 

Voglio concludere riportando alcuni versi della poesia Mi manchi. Qui l’amore si fa confidenza e si circonda di letteratura senza perdere nulla della sua immediatezza. E per me è come chiudere un cerchio: come se l’ultimo pezzo del puzzle fosse stato già pronto a combaciare: «E tu mi manchi / mi manchi appena dopo / esserci lasciati / [ … ] Mi manchi oltre la vita / perché in me non c’è vita / se tu mi manchi … ». 

Pino Giacopelli

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 62-63.