La storia del futurismo è complessa e ricca di riferimenti. È anche una scoperta che incuriosisce e crea un consenso positivo di lettori. Il mio “I futuristi” pubblicato nel 1990 con la “Newton Compton” viene ristampato e richiesto nelle librerie. I manifesti, la poesia, le parole in libertà, i quadri, i disegni, i progetti musicali e architettonici (e così via) dimostrano che il futurismo fu una sicura alternativa. È l’unica avanguardia che abbia avuto la cultura italiana di portata europea.
A Reggio Calabria si tiene un convegno sul tema del futurismo in Calabria. È un segnale. Il rapporto tra calabresità e futurismo è anche un gioco affascinante che si ammanta di tradizioni e di folckore. La girandola di riviste, di mostre e di libri diventa un fuoco pirotecnico in una regione che sembra avere posseduto soltanto la memoria, la grecità, il mito e la nostalgia.
Pochi futuristi calabresi furono autenticamente artisti mentre molti sono dilettanti della passione poetica, amici di Marinetti o amici degli amici. La città dove ebbe maggiore accoglienza il futurismo fu Reggio Calabria.
Ecco una prima numerazione. Principio Federico Altomonte, Umberto Boccioni, Piero Bellanova, Michele Berardinelli, Enzo Benedetto, Pier Paolo Carbonelli, Giuseppe Carrieri, Alfonso Dolce, Armiro Jaria, Silvio Lo Celso, Luca Labozzetta, Saverio Liconti, Mimi Mancuso, Antonio Marasco, Mario Potente, Orazio Pigato, Nino Pezzarosa, Giovanni Rotirosi, Alberto Strati, Angelo Savelli, Giuseppe Sprovieri. Luigi Scrivo, Geppo Tedeschi, Zanolli Misefari, Luigi Versace.
Molti ebbero un fugace incontro che presto dimenticarono. Per altri il futurismo fu una occasione combattentistica e giovanile. Per pochi fu una adesione culturale. E, infine, per pochissimi fu la vita.
Venivano i futuristi dai paesi e dalle città. Il più significativo è Umberto Boccioni seguito dai pittori Benedetto e Marasco. Tra i poeti Geppo Tedeschi che fondò il gruppo “Adoratori della patria” a Reggio. Tra i collezionisti e i critici è da annoverare Luigi Scrivo con “”Sintesi del futurismo / Storia e documenti”.
Quasi tutti emigrarono nelle città dove la vita culturale andava concentrandosi. In particolare Roma. Parteciparono alla prima guerra mondiale. Alcuni persero la vita come Boccioni. Altri furono feriti come Pigato, Marasco. Benedetto fonda due riviste (“Originalità” 1924 e “Futurismo-oggi”). Carbonelli pubblica nel 1916 a Reggio Calabria “Rivolta futurista”. Versace dirige la “Galleria-nuova europa” in Roma. Bellanova sottoscrive il manifesto del “romanzo sintetico”. Tedeschi scrive il manifesto della “poesia sottomarina”.
Il più fascista è Antonio Marasco che raggiunge il grado di colonnello nella milizia nella Repubblica sociale. Notevole successo riscuote la mostra a Reggio nel 1926 organizzata da Enzo Benedetto di 17 pittori futuristi per 41 opere nel contesto della IV biennale d’arte animata da Alfonso Frangipane che sulla rivista “Brutium” tenta un accostamento convincente tra la Calabria e il futurismo per un veloce apparentamento. Scrive “la nostra visione ardente, schietta; ardente, scevra di esotiche siilizzazioni è talvolta come quelle del futurismo libera, violenta, nello splendore delle bande cromatiche”.
Filippo Tommaso Marinetti (che ebbe come segretario particolare Luigi Scrivo di famiglia calabrese dal 1930 al ’43) venne due volte a Catanzaro. Come ha documentato Cesare Mulè. La prima del novembre 1913. Al teatro Ferdinando ancora splendente di oro e di velluti recita poesie dopo la presentazione di una sua composizione teatrale “elettricità” da parte della compagnia di Domenico Tumiati. La seconda il 22 maggio 1927 in occasione della commemorazione di Boccioni e della presentazione del suo libro “L’alcova di acciaio”.
Inviato dal circolo “F. Squillace” (fondato da Vivaidi. Patari, Corali e altri) Marinetti nella memorabile serata tra fischi e applausi dettò con declamazione retorica Arte non è realtà fotografica ma trasfigurazione del reale di cui si deve cogliere non la sua oggettività ma le sensazioni che da. Si recò, poi, a Reggio Calabria il 2 aprile 1933 per ricordare Umberto Boccioni al politeama “Siracusa”.
Il futurismo in Calabria fu più un movimento nobile e anarchico che popolare e politico. La cosidetta “Calabresità” (di cui lungamente ho scritto nel mio Le leggende e racconti della Calabria) fondata sulla tradizione come epopea greca intrecciata con i miti della devozione sacrale creò una barriera. I maggiori scrittori calabresi (da Alvaro a Selvaggi, Gambino, Calabrò, Bruni) restano alla finestra. Ma la vita obbliga ai bilanci.
I nomi trascritti, gli avvenimenti accennati sono quasi tutto il futurismo in Calabria. Mancano forse altri particolari ma il futurismo è un movimento complesso, dispersivo e sparpagliato come ombre e luci. I1a una teoria della vita. Il problema è quello di vedere la fedeltà del momento creativo alla tematica critica. Il futurismo è stato però meno dei “manifesti”. Ma ha una sua storia appassionata. E l’unica rivoluzione che abbia avuto la letteratura calabrese. La retorica si insinua nelle pagine. Forse non se ne poteva fare a meno. Anche per colpa di Marinetti che imbarca sulla sua navetta buoni e cattivi. Ma la poesia c’è e si sente. Un nuovo modo per vivere. Il linguaggio diventa magia-simbolo. Abbandona la grammatica e il dialetto. Il futurismo è anche storia d’Italia nel bene e nel male. È stata una rivoluzione che ha agitato bandiere in Calabria e che, nella sua sfrenata ambizione, intende definirsi in una nuova cultura. L’idea della Calabria deve confrontarsi con il futurismo. Le mode passano e le avanguardie decidono. Profetizzare il futuro è stato sempre il sacro peccato dell’uomo.
La creazione nel futurismo esalta l’artista e lo inizia ad una missione “sacerdotale”. Laico incantatore che celebra riti magici, l’artista scrive una storia rivoluzionaria perché libera le “cose” dalle forme. I segni sono simboli e l’ideologia è nella scoperta dei valori primari.
Il futurismo viene ripreso per ritrovare forse oggi impegno e vitalismo. Tra nichilismo negativo e consumismo rampante al limite dell’inutile gli uomini cercano antiche emozioni. Anche in occasione dei cinquant’anni della morte di Marinetti. Il futurismo è come un fiume carsico che tra le montagne si nasconde e all’improvviso appare. Viene riproposto per testimoniare una rivoluzione e per dare indicazioni sulla unica avanguardia che ha avuto il nostro paese e forse la Calabria. Il futurismo è memoria per una storia che ha l’idea della cultura della rivoluzione.
In questa problematica rivoluzionaria più che sulla calabresità è possibile trovare fragili e sottili equazioni tra futurismo e Calabria. Niente, infatti, è più rivoluzionario del sacro, del mito, della memoria e della nostalgia. Voglio dire che soltanto i valori cambiano la storia e la rendono affettuosa nel dolore, amica nella solitudine e provvidenziale nella gioia.
Francesco Grisi
Da “Spiragli”, anno VI, n.1, 1994, pagg. 28-30.
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