Spesso mi sono chiesto se erano proprio inevitabili questi referendum che avrebbero dovuto impegnare gli Italiani, se la maggior parte, per vari e discutibili motivi, non avesse deciso di astenersi.
Da anni si parla di caccia sì o no, di regolamentazione e controllo dell’uso dei pesticidi in agricoltura, e se n’è parlato in lungo e in largo, in difesa o contro, in dibattiti e in tavole rotonde, per mezzo stampa o per televisione; se n’è parlato a Palazzo, non recependo, però, i nostri onorevoli rappresentanti quelle che sono le aspettative dei cittadini e non facendo propria l’urgenza di dare loro leggi adeguate a passo coi tempi.
Rischiare l’impopolarità è un azzardo e nessuno è disposto a giocare a proprie spese. Eppure, vuoi o no, il governo è caduto lo stesso nell’impopolarità, perché il cittadino taccia di incapacità chi di competenza è delegato a legiferare. E non ha tutti i torti a pensare questo, dal momento che s’è vista rigettare la patata bollente tra le mani. È possibile che, sentita l’opinione pubblica, lo Stato non sia nelle condizioni di tutelare i suoi cittadini, di trovare una via di mezzo (non un compromesso) che soddisfi gli ambientalisti e i venatori, l’esigenze di tutela della salute di tutti e dell’ambiente e gli interessi economici di altri?
I referendum chiedevano al cittadino il sì e il no, mentre i partiti politici, tranne pochi che tuttora fanno propria la battaglia, sembravano guardare da lontano, come se niente li toccasse, ritenendo, forse, questa consultazione marginale o di poca importanza, o forse per timore di perdere adesioni – come s’è detto – facendo indirettamente il gioco di chi invitava la gente ad un’astensione in massa.
Mancando l’impegno politico, non era già prevedibile che questi referendum passassero sotto silenzio, facendo sfumare nel nulla 600 miliardi? È stata garantita una informazione corretta?
Il cittadino deve sapere. Deve sapere, per esempio, che è suo dovere votare e che, in ogni caso, bisognava andare a votare. Anzitutto per gratificare i promotori dei referendum – che si fosse votato sì o no, ognuno era libero di esprimersi secondo coscienza – il cui obiettivo era il nobile intento di migliorare il rapporto dell’uomo con l’ambiente e gli altri esseri che hanno pur essi il diritto alla vita. E poi bisognava votare perché dal risultato i nostri rappresentanti potessero trarre precise indicazioni di governo dalle quali sarebbero emerse le reali esigenze di tutti che non sono solo di carattere materiale.
A che vale che l’uomo progredisce in ogni campo, se le sue condizioni di vita sono pessime? Sinora non ha operato se non per tornaconto e sempre nell’ottica del proprio interesse? A che vale questo smodato benessere pagato a caro prezzo e col rischio di rompere in modo irreparabile un equilibrio così ingegnosamente perfetto?
L’uomo, guardando solo all’utilità, distrugge con la sua azione ogni cosa. In tempi non molto lontani si provava piacere a stare nella tranquillità della campagna con le sue varietà di coltivazione e al canto degli uccelli. Pettirossi e cardellini nidificavano dovunque, e le tortorelle svolazzavano in cerca di frescura da un albero d’ulivo secolare ad un altro… Era troppo bello avere la natura veramente a portata d’uomo!
Ricordo, bambino, le lunghe passeggiate nelle campagne di Montesole, un’altura che sovrasta Licata e guarda il mare, allora contaminata dal cemento, roccaforti di lepri e di conigli, ora deturpata e resa irriconoscibile da un abusivismo e da una speculazione che non rispettano regola alcuna. Ricordo che in primavera la natura sembrava veramente svegliarsi da un lungo sonno, rinnovata nei colori e nelle voci. Voci di uccelli vari, cardellini che gareggiavano nel canto tra gli ulivi, a quattro passi dalla pineta. Di tanto in tanto sentivi un rumore di piccoli passi, quasi in punta di piedi: mamma coniglia sbucava fuori di qualche cespuglio con tutta la sua nidiata: incurante della presenza dell’uomo, sicura di rimanere indisturbata. Di rado si vedeva un cacciatore: c’era ben altro a cui pensare! E l’aria… che aria ossigenava il corpo e ti rendeva leggero…
Vai a vederlo adesso, Montesole! Non è più quello, e nemmeno l’aria è pulita e leggera come una volta. Gli uccelli, i conigli, tutti gli animali che lo popolavano sembra si siano trasferiti altrove. La piana sottostante, caratteristica allora per la varietà dei colori che andavano dal verde denso allo sfumato o, a seconda la stagione, dal giallo oro del grano da falciare al rosso papavero, ora è ridotta ad un mare cinereo di plastica e avvolta nel tanfo nauseante di pesticidi.
Lo chiamate progresso questo. È evoluzione? E i morti per i mali oscuri del secolo dove li mettiamo? Quando ogni cosa è immangiabile, imbottita com’è di ormoni e di dosaggio esagerato e irresponsabile di veri e propri veleni, e non sei affatto tutelato come consumatore nella salute, non credi che sia proprio tempo di chiedere al governo una giusta regolamentazione dell’uso dei pesticidi?
È da ignoranti aver pensato e fatto capire agli altri che pronunciarsi contro la caccia o i pesticidi ne avrebbero decretato la loro abrogazione. Nessuno avrebbe voluto questo e tuttora ne chiede solo un’intervento immediato dello Stato che prenda seri provvedimenti per il bene di tutti. Il cittadino chiede leggi adeguate, a misura d’uomo, che facciano rispettare l’ambiente in cui vive, gli animali, la sua salute, mai come ora minacciata e così incessantemente bombardata dagli agenti negativi prodotti dalla stessa azione umana.
Chi ha detto che i prodotti usati nell’agricoltura moderna debbano essere venduti a casaccio e a chiunque li richieda? È possibile che debbano essere utilizzati senza alcun discernimento e senza alcuna cautela a rispetto dei consumatori? Il contadino pensa solo a se stesso, riservandosi magari, un piccolo angolo della serra per gli usi propri, non sapendo che i pesticidi in un ambiente chiuso infestano ogni cosa. E lui in prima persona maneggia quei prodotti senza alcuna prevenzione. Perché non affidarne le vendite ai tanti laureati in chimica· o in agraria in cerca di una prima occupazione? Veri e propri farmacisti con norme da osservare e far rispettare. Da parte di tutti si sente l’esigenza d’un immediato riparo a questi guasti che interessano la vita nel suo insieme.
La caccia? Perché non creare riserve pubbliche e private, permettendo agli appassionati della doppietta di sparare a loro piacimento? In un momento come questo, dove alta è la disoccupazione, ci sarebbe lavoro per tanta gente. E chiunque sarebbe contento, persino le fabbriche di armi continuerebbero nella loro produzione. Stabilite le modalità di accesso a queste riserve (in ogni caso a pagamento), lo Stato dovrebbe intensificare i controlli, servendosi di personale qualificato, in nessun modo ricorrendo – come spesso e tuttora avviene – a guardacaccia. volontari, i veri bracconieri che niente risparmiano e a cui tutto torna lecito, controllori incontrollati come sono.
Gli animali vanno tutelati e rispettati, perché anch’essi hanno diritto alla vita e fanno parte integrante di questo mondo. Ma, continuando di questo passo, noi decretiamo ogni giorno di più la totale estinzione delle varie specie. E intanto si spera all’innocuo e utile passerotto, si spara per il semplice gusto di sparare in qualsiasi stagione e momento dell’anno.
L’irresponsabilità dei cittadini è il riflesso di ben più altre e più gravi irresponsabilità che portano al disorientamento e, quindi, all’apatia verso le istituzioni. Perciò lo Stato non può rimanere impassibile dinanzi a queste storture e deve reagire energicamente, seIVendosi degli strumenti a sua disposizione, se vuole operare per il bene dell’intera collettività, per un mondo più sano e più giusto nel rispetto dell’ambiente e della vita in ogni sua manifestazione.
Salvatore Vecchio
Da “Spiragli”, anno II, n.2, 1990, pagg. 11-14.
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