Editoriale
La tentazione che spinge alcuni a voler predominare sui molti ha sempre costituito pericolo per la collettività. È risaputo: eppure, mentre i problemi da risolvere sono tanti e tali da richiedere interventi urgenti da parte dello Stato e soluzioni durature, questi pochi, ricchi solo di soldi e delle loro idee tornacontiste, vengono al contrattacco per imporre la loro presenza e impinguarsi ancora di più.
La corsa alla concentrazione e all’accaparramento delle maggiori testate giornalistiche di coloro che detengono il monopolio economico non può che farci temere e, al tempo stesso, protestare energicamente perché ciò non avvenga mai. È un male pestilenziale che va affrontato senza alcun indugio e curato, se non si vogliono evitare ritorni all’indietro e tristi conseguenze.
La facoltà di pensare e di generare sempre nuove idee, e manifestarle agli altri per confrontarci e insieme costruire, è quanto di più bello e sano ci possa essere. Diversamente potremmo fare a meno di parlare di democrazia, anzi non ce la sogneremmo affatto, perché – velatamente o non – ci vieterebbero di palesare le nostre opinioni, avendo interesse, quei pochi, a far marciare tutti a senso unico.
I detentori di capitali già ci condizionano abbastanza. Il consumismo, figlio di un progresso molto spesso apparente, servendosi di una pubblicità sfrenata e irriverente, ha modellato e informato i sistemi di vita e, incidendo moltissimo sulla personalità dell’individuo, ha creato valori così effimeri da farlo cadere in un vuoto senza fondo. Cosa avverrà se a questo, con la ventilata concentrazione dei maggiori organi di stampa, si aggiungerà un piatto conformismo mentale?
Noi diciamo no a storture del genere e crediamo fermamente che le forze più genuine del nostro Paese siano contrarie ad un clima di stallo che non lascerebbe spazio ad alcuno e, tantomeno, gioverebbe allo Stato, venendo meno il dibattito dialettico, linfa salutare che nutre i suoi uomini migliori. E poi, che giovamento uno Stato trarrebbe da cittadini robot? Che senso avrebbe il costruire? E cosa costruire? Ancora, non sarebbe un ritorno indietro della democrazia, in un momento in cui i Paesi dell’Est europeo stanno finalmente assaporando i frutti delle libertà di comportamento e di pensiero?
No, noi non crediamo che lo Stato possa permettere ad uno sparuto gruppo di persone di accaparrarsi il monopolio dell’informazione. Sarebbe come darsi una zappata sui piedi! Siamo convinti, invece, che debba esigere serietà e professionalità da tutti gli operatori del settore. La gente ha bisogno di conoscere i fatti come si verificano, non vuole menzogne e falsità, come quelle notizie che legge al mattino per sentirle screditate un’ora dopo.
Alla base di tutto questo che non vuole per niente essere un discorso moralistico -la moralità prima di tutto è concretezza e obiettività – poggiavamo la motivazione che ci spinse a fondare Spiragli, convincendoci ancora di più che bisogna adoperarsi perché la libera informazione e la sana cultura, indispensabili elementi del vivere civile, siano patrimonio di tutti.
Tenendo fede a quel programma e dando credibilità al simbolico nome della rivista, rinnoviamo il nostro impegno ad aprire nuovi orizzonti culturali, rivisitando con gli occhi della mente il passato per riscoprirlo e per meglio conoscere e spiegarci il presente.
A tal proposito, rifiutiamo, quale sia la sua provenienza. il principio di autorità. Chiunque, nel rispetto delle idee altrui, deve esprimere le sue opinioni liberamente e senza condizionamenti, anche se possono cozzare con l’acquisito. Siamo convinti che l’uomo. venendo incontro alla sua sete di sapere, non può accettare passivamente quanto è stato via via sentenziato. Se è vero che bisogna essere disponibili a qualsiasi apporto, purché costruttivo, è anche vero che occorre avere il coraggio di mettere in discussione il discutibile. Vanno bandite, perciò, ogni sorta di «servilismo» e le assuefazioni culturali, in nome di una moralità capace di investire tutte le manifestazioni del nostro vivere sociale. Moralità che nel campo dell’arte trova sostegno nelle tradizioni, perché le innovazioni e le creazioni artistiche hanno bisogno necessariamente di un sostrato culturale che affondi le sue radici nel passato, se vogliono risultare credibili e resistere al tempo.
Riscoprire il passato per spiegarci meglio il presente, dicevamo; e la società ha bisogno proprio di questo per migliorare. Nostro dovere è contribuire, affrontando i problemi e le questioni del momento con obiettività e determinazione, coerenti ai principi di umana solidarietà a cui tanto crediamo.
Salvatore Vecchio
Da “Spiragli”, anno II, n.1, 1990, pagg. 3-4.