DOVE NON PASSA L’UOMO 

Per una poesia malinconica di Ungaretti 

Dove non passa [‘uomo, la natura … 

ride, ride anche il sole … 

cantano in coro i Verdi … 

Essi non sanno 

che l’uomo non distrugge: 

sta aiutando 

madre-natura, 

il cui fine è la vita, 

e ne compensa 

il destino di morte generando 

altre vite (è sua legge), 

non l’individuo solo, ma la specie 

(la pianta o l’animale come l’uomo, 

tutti u-gu-a-li). 

I Verdi non lo sanno 

che io e i miei fratelli 

siamo riusciti ad arrivare a Dio 

creatore. 

Così 

non credo all’erba lieta del poeta 

dove non passa l’uomo ... 

Lì dove l’uomo non ha messo piede 

il sole 

ha riarso la terra e gli uragani 

l’hanno sommersa. 

Invece, il più caìno 

degli uomini non ha mai calpestato 

i prati, se ce n’è, dei cimiteri … 

Da sola, la natura sopravvive 

a stento 

o dà in escandescenze 

o si desola. 

Forse per questo fu creato l’uomo: 

è la mano dell’uomo che lavora 

ad arte e crea vita, come vuole 

Iddio. 

Vivian Emmer 

(Trad. di Renzo Mazzone)




 DELLA NATURA… 

Fèrmati ad auscultare le segrete 
vibrazioni dei muri 
edificati 
che nel chiuso silenzio della notte 
crescono senza gridi 
o gesti tragici 
ma lentamente avanzano nei vuoti 
e rimuovono il fiore circospetto 
degli alberi e dei prati. 
Ora osserva quel tanto di ricchezza 
che ci rimane ai margini del mondo, 
osserva questo cielo 
di piombo 
che smuove la natura 
e la rifiuta, 
porgi l’orecchio ai muri risoluti 
che s’ergono diritti nella loro 
urgente precisione, 
guarda semplicemente all ‘ esistenza 
e troverai tracciato ogni cammino. 
Disfatti troverai tutti i rifugi 
e diluite tutte le certezze, 
per la paura non avrai parole 
né il verbo che vagheggia la bellezza 
e tuttavia la fredda concretezza 
vuoI essere assoluta ingegneria 
che l’insaziata umanità si inventa 
per perforare i tetti del pianeta. 
Come fossero tante baionette 
le costruzioni acuminate e uguali 
non saziano l’ascesi 
in sé crudele, 
immensità di pietre successive … 
La conclusione 
dei cicli predatori 
verrà allora insieme alle prescritte 
pagine di ispirate profezie 
perché sul nulla resterà a vagare 
il mondo. 

Denize Emmer 

da «Literatura Brasileira» n. 7

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pag. 36.




 IL PROFESSORE 

Disserta il professore 
su un difficile punto del programma, 
e un alunno dorme 
stanco delle stanchezze della vita. 
Lo scuote il professore? 
Lo va a rimproverare? 
Anzi, abbassa la voce 
temendo di svegliarlo. 
Carlos Drummond de Andrade 

(Trad. di Renzo Mazzone) 

(da Mosaico de Manuel Bandeira. Poemas de Carlos Dmmmond de Andrade, a cura di l(jlio Castaiion Guimaràes, Ediçòes Alumbramento – Instituto Nacional do Livro, Rio de laneiro, 1986)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 49.




 CON MACHADO DE ASSIS 

Sul tram per Cosme-Velho il ragazzino 
e lo stregone 
parlano di Cam6es 
e l’isola incantata degli Amori. 
La poesia è un lusso 
che si veste, con gusto, di rumori 
confusi. 

Carlos Drummond de Andrade 

(Trad. di Renzo Mazzone) 

(da Mosaico de Manuel Bandeira. Poemas de Carlos Dmmmond de Andrade, a cura di l(jlio Castaiion Guimaràes, Ediçòes Alumbramento – Instituto Nacional do Livro, Rio de laneiro, 1986)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 49.




Antologia

 ANTOLOGIA 

Per fortuna c’è l’alcool nella vita, 
chi s’ubbriaca e chi va per la coca. 
Io 
bevo solo allegria … 
Dissimulata è la mia tenerezza 
dai miei denti sporgenti. 
lo ho tutti i motivi meno uno 
d’essere triste. 
E sono stanco di lirismo puro. 
E forse è bene perdere la testa 
per una donna brutta … 
Pura o macchiata d’infima bassezza 
voglio per me la stella del mattino. 
Sempre i corpi s’intendono 
non l’anime. 
Benedetta la morte ch’è la fine 
d’ogni miracolo! 

Carlos Drummond de Andrade 

(Trad. di Renzo Mazzone) 

(da Mosaico de Manuel Bandeira. Poemas de Carlos Dmmmond de Andrade, a cura di l(jlio Castaiion Guimaràes, Ediçòes Alumbramento – Instituto Nacional do Livro, Rio de laneiro, 1986)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 49.




Il Matrimonio di d’Annunzio

Da “Spiragli”, anno XXII, n.2, 2010, pagg. 49-50.




 LUCE NELLA STRADA 

Divideremo il pane 
e berremo la luce in gocce chiare. 
Tracciando solchi 
semineremo questa terra a grano 
che nel tempo di mezzo sarà in spighe. 
Prima viene la terra, 
la vita. il pane caldo del mattino. 
Vengono poi i fiumi 
ad aprire le loro vene d’acqua, 
e a cingere gli spazi e a fecondare 
di rugiada le superfici grige. 
E dall’ humus dorato 
germoglieranno vigne inaspettate. 
Nell’ora insonne 
lampade accenderemo nella strada 
per aprire la notte ai nostri occhi. 
Entriamo infine tutti in questa casa: 
sulla tovaglia stesa della mensa 
divideremo il pane a noi dovuto 
e berremo la luce in gocce chiare. 

Antonieta Dias de Moraes 

(da «Literatura Brasileira») 

(Trad. di Renzo Mazzone)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 51.




MARIO TORNELLO, Colori di Sicilia, Mosca, 2004.

Questo volume di Mario Tornello (con traduzione in lingua russa a fronte di ogni pagina) è stato presentato in occasione di una mostra di pittura dello stesso autore, tenutasi nel giugno 2004 presso il Palazzo delle Nazioni del Governo di Mosca. Esponeva anche la pittrice Ludmilla Kukharuk. La manifestazione è stata curata dalla moglie di Tornello, la giornalista Irina Baranchéeva, corrispondente da Roma per la «Literaturnaja Gazeta». Il libro, di cui sono state lette alcune poesie in russo, ha riscosso un vivo successo, contribuendo al clima di simpatia esistente tra Russia e Italia. Può essere considerato un vero e proprio libro d’arte, contenendo, intervallate tra poesie e prose, riproduzioni delle sue opere pittoriche. Guttuso e persino Picasso (oltre che i critici Sobrino, Civello e tanti altri ancora) si sono espressi sulla sua validità di pittore e sul suo essere un adoratore di quell’isola senza tempo che è la Sicilia. 

Queste pagine prendono per mano il lettore e spiegano, attraverso descrizioni paesaggistiche (come quella splendida di Erice), saggi (esemplare la ricostruzione della visita dei Romanoff a Palermo), e soprattutto stralci struggenti di diario, come è avvenuta la formazione spirituale dell’uomo Tornello. E così il lettore può rievocare la dorata infanzia del giovane Mario a Bagheria, le sue sofferenze in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale su Palermo, attraverso fatti e personaggi di forte interesse documentario. 

Lo rivediamo ragazzo in sella alla sua bicicletta, mentre fa amicizia con i soldati americani, o mentre si inerpica sulle macerie, per mettere in salvo i libri della casa sventrata. 

Degno complemento di questo volume scaturito dal cuore sono le poesie, musicali, evocative, mediterranee come l’anima di chi le ha composte. Basti qualche esempio: «Cercherò me stesso, / suggerirò umori di perdute stagioni»; «Festa di cicale / è il frinire sugli ulivi di cenere»; «Stanotte ho planato in sogno / sul mio caldo paese / disteso come gatto al sole»; «Conserverai un’onda azzurra / ed un frutto solare, / per quando, disfatto, / poserò in vista del mare». È opportuno, a conclusione, riportare un illuminante pensiero dello stesso Tornello: «Il poeta scende dal ciclo o risale, appoggiandovi, la scala dei suoi sentimenti che gli parlano con voce sommessa. Un uomo senza sogni non è un uomo.» 

Elisabetta Di Iaconi

Da “Spiragli”, anno XVI, n.1, 2005, pagg. 45-46.




G. Trainito, Filo spinato, Torino, SEI, 1996, pagg. 166.

Lasciamo parlare i poeti… Sono le loro parole, che arriveranno fino a noi, a lasciarci sorridenti o sbigottiti. Omero, Eschilo, Dante, Manzoni, si scrolleranno sempre di dosso la polvere di tante, inutili parole, quelle che tutti si ingegnano a dire su di loro. 

Quanto tempo sui banchi di scuola ad imparare chiavi di lettura sussiegosamente fornite da pomposi portieri per camere che spesso dimenticammo di aprire (bastava credere per fede). E allora abbasso prefazioni, note e postfazioni; diamo libertà di circolazione a quelle parole che ” …hanno il profumo dell’erba/verde/ dove non passa l’uomo”. 

Al massimo, lasciamoli parlare tra loro, un colloquio a distanza, una filigrana da cui traspaia il loro richiamo e ci aiuti, anti-ulissidi, a cedere al canto delle sirene, e dimenticarci, per un po’. 

Filo spinato, un avviso, Achtung, un flash di orrore. È il rosso dell’olocausto della “fanciulla scarna” di Levi e il massacro di Bronte, della miseria dell’uomo di sempre; il cupo rimbombo, nella reggia vuota di Dario, del lamento dei vecchi persiani che evocano l’lÌtl..uxXeelcra 8 &poupav vacroç (l’isola dai campi insanguinanti) della loro disfatta finale. È il rosso del “tramonto sciolto dall’immensa nube di petrolio” di Gela. È, poi, il rosso delle rose di Gela, il “fiore in trono” di Rilke qui nasce da solchi neri, sarà recisa da “mani tozze/sospese a schiene curve da sempre”. 

Suoni aspri, fonemi di un mondo senza mezze-tinte, dolorosa fatica di vivere e cadere addormentati senza vedere la luna (Ciaula). 

C’è la Sicilia in quelle rose, troppo amata e troppo calpestata. 

E allora, ecco, solo il poeta spiega, per somiglianza o antitesi, e la rosa di Rilke “contraddizione pura/il sonno di nessuno sotto tante/palpebre” è la stessa offerta “con pudica modestia” di Trainito. 

Il gesto silenzioso (il “parlar tacendo”) in cui si compone il travaglio del nascere, il trauma dell’esser recise da mani tozze. 

Le dure dissonanze, le rozze consonanti in lotta fra loro, tacciono nell’improvvisa sospensione del tempo: un attimo di esitazione per un gesto nato da slancio generoso che si trattiene nel suo pudore. 

I colori, la materia (l’argilla nera, la terra, il sangue, la rupe di Prometeo), presenze di un immaginario che si ripiega su se stesso in urla senza voce. 

“Cortili oscuri di un paese abbandonato”, spazi che appartengono solo alla nostra memoria, forse diventati così solo in noi, come cresciuti e invecchiati dentro di noi, con noi. Ma li torna il poeta, il cieco cantore che “brancolando sopra le vecchie tombe” interroga “gli avelli” ponendo le domande di sempre a oracoli senza responsi. 

Cerca un’identità fra le pietre della sua Sicilia, spazzate da venti africani, il poeta, e ci ricorda Pasolini fra le malghe friulane, e nella stessa miseria, che non vuol perdersi nell’omologazione. 

Si è ritrovato solo e senza patria, il poeta, come Pasolini in quella nuda lapide nel piccolo cimitero di Casarsa, accanto alla madre. 

Ma non è forse essere risparmiati dalla retorica il miglior premio per un poeta? Lo chiede con insistenza (“non turbare il mio sonnoIcon nenie inutili.1 Lasciatel che il sibilo delle cicaleI canti sul mio silenzio”). 

Tornare ad essere cicale, come un tempo, quando dimenticammo di vivere storditi dal piacere del canto delle Muse, e la sorridente gentilezza degli antichi ci trasformò in quell’ostinato cantore dell’estate. 

Ecco la poesia del nostro poeta, fatta di luce, colori, vento, mare, silenzio assorto di chi si aggira fra le antiche pietre, e l’ocra si fonde all’azzurro lontano e al fruscio verde vicino. 

Se quei colori si spengono e tacciono i sibili delle cicale e il ronzio fra i cespugli, rimane la memoria “mentre si spengono gli occhi” e il canto del poeta, per noi, che soffriamo e gioiamo, amiamo e odiamo, ma non troviamo le parole per dirlo. 

E ancora, con Rilke, diciamo: (“Il poeta, lui solo, ha unificato il mondo / che in ognuno di noi, in frantumi, è scisso”). 

Paola Di Giuseppe

Da “Spiragli”, anno X, n.1, 1998, pagg. 49-50.




 Giovani e famiglia nel trapanese* 

Premessa 

La ricerca che presentiamo riguarda il modo d’intendere e di vivere la famiglia e il rapporto dei giovani della provincia di Trapani. 

Essa è stata realizzata nei centri più grossi del trapanese (Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, Castelvetrano, Alcamo, Castellammare, Salemi, Santa Ninfa), e cioè in una realtà socio-economica e culturale caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola, scarsamente industrializzata e turisticizzata, con limitati stimoli culturali e scarsi centri di aggregazione per i giovani. Sono stati intervistati studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie. 

La nostra ipotesi di partenza era che l’accelerazione dei cambiamenti determinatisi nella nostra società nell’ultimo ventennio (lavoro extradomestico della donna, messa in discussione della vecchia famiglia nucleare fondata su ruoli gerarchici e rigidamente complementari, la parità dei ruoli socio-sessuali, l’evoluzione della morale sessuale) avessero prodotto dei cambiamenti nella mentalità delle giovani generazioni del Sud nel modo di concepire la famiglia, il rapporto di coppia e le relazioni al loro interno. 

Ho già evidenziato in precedenti lavori queste trasformazioni della famiglia1. Oggi, nelle società occidentali si è assistito ad una tendenza alla diminuzione dei matrimoni e all’aumento di individui che coabitano2. Tuttavia, da una fase (alla fine degli anni ’60) di ricerca di esperienze alternative alla famiglia nucleare, si assiste oggi ad una tendenza alla rivalutazione della famiglia, da parte della maggioranza dei giovani, per la sua funzione affettiva3. 

I giovani e la famiglia 

L’adolescenza è il periodo in cui il giovane tende a distaccarsi progressivamente 

dalla famiglia d’origine. 

Malgrado certe difficoltà che i giovani vivono in famiglia, questa rimane ancora l’istituzione da essi più apprezzata ed occupa uno dei primi posti nella scala dei valori dei giovani da noi intervistati, come hanno provato altre ricerche sull’argomento4. Essa è considerata ancora un punto di riferimento fondamentale dalla quale si hanno in fondo meno delusioni rispetto alla realtà esterna. Dalla mia ricerca del ’88 emerge che i giovani non vogliono abolire la famiglia ma cambiarla; essi vogliono definire le relazioni tra partner e tra genitori e figli. Della famiglia d’origine criticano soprattutto l’etica del sacrificio, che grava per lo più sulla donna, i rapporti autoritari, l’educazione sessuofobica. Solo una minoranza appartenente ai ceti medio-alti, e con livelli di scolarità alti, si pronuncia per la convivenza e per i rapporti liberi. 

Di fronte ai problemi che li preoccupano e quando devono prendere una decisione importante, i giovani preferiscono interpellare i genitori e ricorrere a loro per sostegno. 

La famiglia, oltre a costituire un valore e ad essere luogo di protezione, di aiuto, di consiglio. di conforto, è anche luogo di confronto e di scambio di idee. Essa ha influito, più di ogni altro fattore, sulla formazione delle idee dei giovani. 

Abbiamo chiesto ai nostri intervistati se dialogano coi genitori e di cosa. Sia le ragazze che i ragazzi hanno un maggior dialogo con la madre piuttosto che con il padre, e sono soprattutto le ragazze ad avere rapporti più diradati ed episodici col padre. I maschi hanno dichiarato in maggioranza di parlare con il loro padre di tutto. Gli argomenti vanno da quelli d’attualità ai problemi personali, a quelli della famiglia, della scuola, del loro futuro, alla politica, allo sport. 

Anche con la madre affrontano per lo più gli stessi problemi, ma non compare mai la voce «politica», mentre ricorre più spesso la dizione «miei problemi personali», «problemi sentimentali», come a significare che con la madre i rapporti sono di maggiore intimità, tali da potere confidare e chiedere consigli sulle proprie esperienze personali e sentimentali. 

Gli argomenti di dialogo delle ragazze col padre sono in prevalenza quelli scolastici ed argomenti generali, ma alcune indicano di «tutto» ed anche i «problemi personali e familiari». Gli argomenti di discussione con la madre sono, per la maggioranza, «di tutto» e poi «problemi personali e familiari », «problemi sentimentali», «scolastici», «di abbigliamento», «di amore». L’argomento che non ricorre mai nel dialogo coi genitori è il sesso. Ciò può significare che questo argomento è ancora tabù nel Sud, ma pare che la censura sul sesso emerga anche a livello nazionale dalla già citata ricerca JARD sulla condizione giovanile in Italia. Anche la voce «religione» non compare tra gli argomenti di dialogo coi genitori. 

Qual è l’immagine che i giovani da noi intervistati hanno dei loro genitori e le qualità che apprezzano di più in loro? 

Le qualità che i ragazzi apprezzano nei loro padri sono innanzitutto l’onestà e la sincerità, e poi l’intelligenza, la pazienza, la generosità, la disponibilità e l’amore per i figli, l’attaccamento alla famiglia e al lavoro. Qualcuno ha scritto che apprezza «il non essere un padre-padrone», ma qualche altro non apprezza alcuna qualità del padre. 

Anche le ragazze enucleano tra le qualità apprezzate nel padre, in primo luogo, l’onestà e la sincerità, seguite da amore per i figli, pazienza, laboriosità, generosità, spirito di sacrificio, amore per la famiglia, bontà, sicurezza e determinazione. 

I ragazzi apprezzano,della madre in primo luogo, la bontà, più la sincerità, l’onestà, l’amore per i figli, la pazienza, la laboriosità, la generosità, lo spirito di sacrificio, l’amore per la famiglia, la sensibilità. Qualcuno ha scritto anche che la madre è «una buona casalinga». Bontà, spirito di sacrificio, sincerità, dolcezza, amore per la famiglia e per i figli, capacità di capire i problemi, pazienza, laboriosità ed «è una buona casalinga» sono le voci ricorrenti anche da parte delle ragazze per indicare le qualità apprezzate nella madre. 

In linea di massima, sia da parte delle ragazze che dei ragazzi, vengono evidenziate nei genitori le stesse qualità, forse con una maggiore frequenza della voce «intelligenza» per i padri rispetto alle madri. Tuttavia, l’immagine parentale che ne risulta è nel complesso positiva. Agli occhi di questi giovani sono pochissimi i padri dei quali non si riconoscono qualità: e nessuna madre viene criticata, soprattutto in relazione alla dedizione ai figli e alla famiglia. E tuttavia, quella che viene fuori è un’immagine molto tradizionale di famiglia, soprattutto della madre, della quale vengono sottolineate qualità come «spirito di sacrificio», «una buona casalinga», che invece sono rifiutate dai giovani della mia ricerca già citata. 

Il tipo di famiglia che viene fuori dalle risposte dei nostri giovani è una famiglia democratica in cui le decisioni vengono prese, nella stragrande maggioranza, dai genitori di comune accordo; in cui essi dialogano coi figli da cui sono apprezzate le loro qualità. Ciò è confermato dai giovani espressamente quando affermano, nella stragrande maggioranza, di avere ricevuto un’educazione democratica. Ne emerge un’immagine di bravi ragazzi ubbidienti e con poca conflittualità familiare. 

Un po’ meno rosea appare la condizione delle ragazze, le quali, non solo in percentuale minore dei maschi, dichiarano di avere ricevuto un’educazione democratica, ma soprattutto è la metà di esse, rispetto ai maschi, che ha un atteggiamento di ubbidienza verso i genitori, ed è, di contro, il doppio rispetto ai maschi che asserisce di avere un atteggiamento di ribellione. 

Per quanto riguarda la situazione di autonomia-dipendenza, un rilevatore valido è la libertà di uscita serale. È infatti noto come questo fatto costituisca un problema in quasi tutte le famiglie ed è oggetto di contrattazioni talvolta difficili e di conflitti tra genitori e figli. Quando i giovani si possono ritirare quando vogliono, cioè senza limitazioni di rientro, vuol dire che l’autorità parentale ha riconosciuto un pieno diritto all’autonomia dei figli, e ciò si verifica solitamente dopo i 18 anni, che è l’età media del nostro campione. 

Dalla nostra indagine emerge una notevole differenza tra maschi e femmine circa questo problema. I figli maschi sono in stragrande maggioranza liberi di uscire quando loro pare; mentre meno di un terzo delle femmine, rispetto ai maschi, ha la stessa libertà di uscire. Questo quadro risulta confermato da un’altra domanda dalla quale si evince che 1’83% dei maschi e meno della metà delle femmine, pari al 37%, possono uscire e rientrare a casa quando vogliono, mentre una percentuale di ragazze del 24,67% deve rientrare prima delle otto ed una percentuale del 36,45%, contro il 13,51% dei maschi, deve rientrare prima delle dieci. 

Gli spazi di autonomia praticabili al di fuori della famiglia sono quindi molto più limitati per le ragazze che non per i ragazzi. Il che denota ancora una differenza di comportamenti e di atteggiamenti dei genitori nel processo di socializzazione ed educativo dei figli. Assai probabilmente ciò avviene in misura minore che in passato, come può notarsi dalle percentuali di ragazze che godono di maggiore libertà, e tuttavia, rimane evidente il differente modello di socializzazione tra maschi e femmine. 

Abbiamo visto che per la maggior parte dei giovani da noi intervistati la famiglia rappresenta ancora un valore importante. Non meraviglia perciò che una percentuale molto alta di giovani, pari al 71,87% dei maschi e all’88,04% di femmine manifesta la volontà di sposarsi, con una maggioranza significativa delle ragazze sui ragazzi; e, all’interno di questo quadro complessivo, una maggioranza di ragazzi, pari al 46,93%, si dichiari favorevole anche ai rapporti prematrimoniali, rispetto al 34,08% di ragazze, che pure rappresenta una percentuale notevole, mentre la maggioranza delle ragazze, pari al 53,96%, contro n 24,94% dei ragazzi si dichiara per il matrimonio senza rapporti prematrimoniali. Soltanto una percentuale dell’8,77% dei maschi e del 6,83% delle femmine sceglierebbe la convivenza fissa, mentre n 16,76% dei maschi ed il 3,79% delle femmine si dichiara favorevole ai rapporti liberi. Questi dati confermano nel complesso la mia precedente ricerca condotta con la raccolta di storie di vita. 

Abbiamo ancora chiesto ai nostri intervistati quali fattori considerassero più importanti in un rapporto di coppia, sottoponendo loro una lista di 9 fattori e chiedendo di indicare quale importanza essi avessero per ciascuno, servendosi di una scala di 9 punti (l = per nulla importante; 9 = molto importante). Il fattore più importante è per i nostri giovani l’amore, cui segue l’affetto, il dialogo, la comprensione, la conoscenza e poi il sesso, con una percentuale per questa voce inferiore delle ragazze sui ragazzi. L’aspetto di maggior rilievo è rappresentato indubbiamente dal primato accordato dai giovani all’affettività, alla tenerezza, al desiderio di dialogo e di comunicazione profonda. 

Per quanto riguarda i ruoli socio-sessuali, pur se la maggioranza dei nostri giovani si dichiara per il matrimonio, tuttavia, emerge un modo nuovo di concepire il rapporto di coppia, fondato sull’abolizione dei ruoli tradizionali e su una richiesta di sostanziale parità tra i sessi. Soltanto una minoranza, seppure ancora consistente di maschi, pari al 15,10% ed una percentuale, invece, minima di femmine, pari al 3,48%, dichiara che i lavori domestici dovrebbe farli solo la moglie. Una percentuale di circa n 43%, senza differenza tra M e F, si esprime in favore dei lavori fatti dalla moglie aiutata dal marito, mentre la maggioranza delle ragazze, pari al 52,01% a fronte del 38% dei maschi, si dichiara per una condizione di completa uguaglianza in cui marito e moglie si ripartiscono equamente i lavori domestici. 

Questo dato è confermato da una successiva domanda, nella quale si chiedeva se la donna sposata doveva o no lavorare fuori casa. La maggioranza delle ragazze è favorevole al lavoro fuori casa e per dividere i lavori domestici con il marito, contro il 38,22% dei ragazzi. Ma una grossa percentuale, pari al 39,45 dei maschi e al 47,88% delle femmine manifesta l’opinione che la donna debba lavorare fuori ma anche occuparsi della casa e dei figli, manifestando una posizione tradizionale, che è stata contestata dal movimento delle donne e qualificata come doppio sfruttamento femminile. Una percentuale abbastanza consistente, seppure minoritaria di maschi, pari al 20,24%, si esprime per la posizione tradizionale della famiglia, secondo il modello parsonsiano, di una netta separazione di ruoli: il marito che lavora fuori (funzione strumentale) e la moglie che si occupa della casa e dei figli (ruolo espressivo). Mentre è assai significativo che soltanto una percentuale minima del 2,18% delle ragazze esprime tale posizione. 

Quello che emerge da questi dati è la notevole differenza di mentalità tra maschi e femmine, in cui queste ultime appaiono più consapevoli del loro ruolo tradizionale di subordinazione ed esprimono un desiderio di cambiamento in direzione di una sostanziale uguaglianza uomo-donna. Tale prospettiva è confermata anche dalle risposte dei nostri intervistati circa il differente controllo esercitato eventualmente su un loro figlio o una loro figlia. 

Una percentuale assai rilevante di maschi, pari al 46,75%, ha risposto che sorveglierebbe di più la figlia rispetto al figlio, contro il 18.63% delle ragazze. Una percentuale del 49,64% dei ragazzi ha, invece, espresso una posizione di indifferenziazione nel controllo educativo di un figlio maschio o femmina, a fronte della stragrande maggioranza delle ragazze (77,88%), che ha manifestato questa convinzione di uguaglianza di trattamento. 

Conclusioni 

Come può notarsi, la famiglia rappresenta per i giovani da noi intervistati ancora un valore molto importante. Essa appare ai primi posti nella scala di valori dei nostri giovani e rappresenta ai loro occhi un luogo di sostegno. di protezione, di aiuto, di solidarietà, che è difficile trovare fuori, nel pubblico. 

I nostri giovani aspirano ad una famiglia più democratica e più dialogante. Si nota una maggiore apertyuar e liberalità nel rapporto ed una buona percentuale si dichiara favorevole ai rapporti prematrimoniali ed anche a situazioni di convivenza. Appare cioè un modo nuovo e più aperto di concepire il rapporto di coppia. Tra i fattori più importanti vengono privilegiati, l’amore, l’affettività, il dialogo, la comprensione, la sessualità, una comunicazione profonda. 

Infine emerge anche una differenza nella socializzazione e nel modo d’intendere i ruoli socio-sessuali, in cui le ragazze mostrano una maggiore consapevolezza e presa di coscienza in direzione di una relazione più equalitaria, fondata sul rispetto reciproco, l’uguaglianza ed una equa ripartizione dei compiti. 

Piero Di Giorgi 

(*) Le tavole che corredano questa ricerca per ragioni tecniche non sono state pubblicate. 

1. P. Di Giorgi, Adolescenza e famiglia, Janua, Roma, 1979; Il rapporto di coppia in giovani del centro-sud in «Libera Università di Trapani», A. VII, n. 15, 1988, pagg. 161-178. 

2. L. Roussel, La cohabitation juvenile en France in «Population», n. l, 1978, pagg. 1542; assieme ad Odile Bourguignon, Generations nouvelles et mariage traditionel. Enquete aupres des jeunes de 18-30 ans, in «Cahier traveaux et documents de l’Ined», n. 86, Press. Univ. de France, Paris, 1978. 

3. F. Garelli, La generazione della vita quotidiana, Il Mulino, Bo, 1984; A. Cavalli et alii, Giovani oggi. Indagine JARD sulla condizione giovanile in Italia, id., 1984; M.W., Ritratto di famiglia degli anni ’80, Laterza, Bari, 1981. 

4. Cavalli et alii, cit. 

 

Da “Spiragli”, anno I, n.4, 1989, pagg. 32-37.