AA.VV., Arrivederci a Sortino. Scritture di Autori Siciliani, Ed. Prova d’Autore, Catania, settembre 1997, pp. 263.

A cura di Sebastiano Terranova, per i “Quaderni di Sicilia nell’Arte e nella Letteratura” , l’Amministrazione del Comune di Sortino, con i patrocinio della Provincia Regionale di Siracusa, in edizione fuori commercio, pubblica un almanacco di autori siciliani in occasione della prima mostra Mercato-Mercato del libro A.S.E. (Associazione Siciliana Editori). 

Gli autori presentati, poeti, narratori, saggisti, scrittori di costume, tradizione, attualità, ecc., sono stati suddivisi in cinque sezioni: “testimonianze e ricerche, esordienti, conferme e riconferme, interviste, sezione sortinese”. 

Il libro, inserito nel contesto della cultura iblea e isolana, come testimonia il Sindaco di Sortino, Orazio Mezzio, è uno spazio meritevole di attenzione perché luogo ed esempio di una Sicilia attenta alla cultura come forza di crescita e di sviluppo civile e democratico. 

Una Sicilia troppo vilipesa e dimenticata non poteva esprimersi con migliore prova di sé e della sua gente propositiva. 

L’Almanacco sortinese delle nuove scritture, inoltre, è significativo e esemplare sia per gli autori presenti sia per la variegata qualità scritturale di cui gli stessi sono portatori. 

Sortino, mediante la raccolta di autori appartenenti a diverse aree dell’Isola, si fa voce rappresentativa di tutta la nuova Sicilia e ne indica lo spirito creativo e la decisa volontà associazionistica tesa a contraddire l’individualismo e il mercantilismo dell’arte e della letteratura. 

Sortino, un esempio da imitare e ripetere in altre realtà isolane! 

Antonino Contiliano

Da “Spiragli”, anno IX, n.2, 1997, pag. 62.




 NOTTURNO SULLA SPIAGGIA 

Su un materasso soffice di sabbia 
sotto 
un lenzuolo di spume ricamate 
il cielo era il mio tetto 
fitto di stelle 
e il mare mi faceva compagnia. 
Fu mia stanza la spiaggia 
con la luna affacciata alla finestra 
e lì mi alimentai di silenzio 
sorseggiando la mia solitudine. 

Mariazinha Congilio

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 45.




 NON MI RICORDO PIÙ 

Nell’album dei ricordi 
una bambina dallo sguardo sperso 
e i capelli ondulati 
ma è da tanto tempo ch’è partita 
dame, 
da quando non ricordo. 
Non so dove sia andata la ragazza 
che dispensava sogni e accumulava 
speranze . .. La ritrovo qui, in un’altra 
foto: con gli occhi tristi 
su labbra sorridenti. 
Da me lei se n’è andata 
ormai da tempo. 
In questo vecchio album 
è già da tanto tempo ch’io esisto, 
tanto che non ricordo più da quando.  

Mariazinha Congilio

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 45.




ANSIA DI SOPRAVVIVERE 

Perdonami 
se sono penetrata 
nella tua vita, mentre consumavo 
incerta il tempo che ci apparteneva. 
Perdonami di avere ricevuto 
carezze e amore 
e i tuoi silenzi e la disperazione. 
Perdona se ti ho fatto 
abitare il mio corpo e se ho lasciato 
perderti in me. 
Ti prego di andar via 
e trattenere il grido non espresso. 
Vai 
per la piatta distesa delle ombre, 
porta con te il poema già gualcito 
con la tua ansia di sopravvivenza, 
e cerca di capirmi e perdonarmi … 

Mariazinha Congilio

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pag.36

 




Festa della vita

Io, strana convitata, 
forse ho vissuto prima d’esser nata. 
Ed ho amato prima d’incontrare 
l’amato. 
E l’ho baciato prima di accostare 
le mie alle sue labbra. 
Mi sono data prima d’esser presa. 
Intravedo mattini mentre è notte. 
Conosco luoghi e gente ancora prima 
di avvicinarli. 
Ed assaporo frutta ancora in fiore. 
Mi bagno della pioggia 
che non è ancora scesa dalle nuvole. 
Ma, strana convitata, 
sono arrivata a festa già inoltrata 
quando già molti erano andati via 
e mentre altri 
si affannavano ad occupame i posti. 
lo sono come chi sa che gli tocca 
di andare via prima che la festa 
spenga le luci. Eppure 
grande è la voglia mia di assaporare 
la festa della vita. 

da “Màos vazias” e da Festa da vida , [brasa, Sào Pau/o, 2002

Mariazinha Congilio

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 45.




 Due liriche di Mariazinha Congilio 

TORNARE INDIETRO 

Voglio recuperare i miei 

giorni perduti, voglio amare e vivere 

sconsideratamente. 

Non avere 

più paure e nutrirmi di coraggio. 

Basta solo tornare al tempo andato, 

tirare a secco i dubbi 

e accettare l’incerto, per amare 

senza falsi pudori, 

come si affronta il mare 

aperto. 

INCERTEZZA 

Non odo più le voci dell’ infanzia 

non vedo più il cammino 

che percorrevo nella giovinezza. 

Non sento più le mani 

che un tempo mi prendevano per mano. 

Non sento 

ora più labbra ansiose del mio bacio. 

Il vento ha spaginato la mia storia 

e implacabile il tempo, indifferente, 

resta a guardare questo mio passare. 

lo non so dove vado 

né se vado, 

vedo i miei piedi ricalcare orme 

nel vuoto mai … 

Restano del passato 

fuggevoli ricordi, e del presente 

solo incertezze 

o il vuoto da riempire di speranze 

mentre giochiamo con l’eternità … 

Non odo più le voci dell’infanzia. 

da Festa da vida, Ibrasa, Sao Paulo, 2002




 DIVISIONE DEI BENI 

Puoi prendere per te alla rinfusa 
la casa l’automobile i gioielli 
il pianoforte e i libri 
radio e televisore … 
Dei quadri mi riservo solo quella 
Marina. 
Per una giusta 
divisione dei beni lascio tutto, 
tranne me stessa, certo non è molto, 
ma è quanto mi basta: 
le braccia anche se stanche 
e gli occhi tristi, 
un resto di speranza, con un misto 
di nostalgia. 
Ormai il sorriso non lo trovo più 
ma in me composta mi porterò via 
la libertà. Addio. 

Mariazinha Congilio 

Mariazinha Congilio

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 45.




 LA QUERCIA NERA 

(n. 1988, Pechino) 

Vecchia quercia è la notte trapuntata 
di bacche nere 
tra i cui rami la luna ha fatto il nido 
ed io non ho parole per cantare 
le note di un dolore che mi fanno 
rabbrividire come 
sotto un cielo di stelle con la neve. 
Una corda ingiallita 
della mia arpa ridiventa calda 
al tocco delle dita, mentre ondeggia 
lassù la chioma della vecchia quercia 
nel silenzio notturno. 
Ora è inverno e mi accade di sostare
sotto la quercia mentre le sue foglie
cadono stanche quasi in un lamento 
sulla terra assopita nel suo sogno. 

Traduzione dalla lingua cinese di Veronica Ciolli, versione di Patricia Lolli e Renzo Mazzone. 

Liu Cong

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 38. 




 MUTEVOLE INGANNO 

Mutevole inganno 
è questa primavera fiorita, 
l’inerzia sempre in agguato. 
Tu sei un esile filo di luce, 
leghi il presente al passato. 
Il giorno breve 
sciogli in zampilli lucenti, 
germogliano fiori nel petto. 
Ritrovare la tua parola dolce, 
basterebbe poco per capire 
il ritorno dell’alba, la chiara, tenera 
luce del mattino. 
Rolando Certa 

(Il sorriso della Kore, Palermo, Il Vertice, 1985) 

Da “Spiragli”, anno XXII, n.2, 2010, pag. 40.




 Una poesia essenziale 

Lucio Zinna. Bonsai, Palermo – Sao Paulo, Ila-Palma, 1989, pagg. 56. 

Esiste un filo conduttore tra le opere precedenti e quest’ultima, attraverso il quale si evolve un discorso continuativo. il cui sviluppo graduale permette all’autore di presentare, in maniera ampia e completa, le problematiche esistenziali, verificate però allargando l’indagine conoscitiva verso uno spazio vivente più vasto, varcando così definitivamente la cortina di silenzio che protegge i pensieri, privatizzati dalla paura di scoprirsi e di scoprire le proprie debolezze. 

Tramite l’analisi accurata di situazioni e di vicende personali, il poeta giunge, dopo ulteriori riflessioni, ad un riscontro dalle caratteristiche universali quanto mai evidenti. È un perpetuo travaso di lucide e razionali conclusioni, viaggianti su un binario unico, che inizia e finisce senza fermate secondarie. Si tratta della ricerca di nuove formule, per mescolare e coordinare le parole, ottenendo, con manovre da abile alchimista, uno stile raffinato, di grande effetto compositivo e terminologico. Esso rende la poesia essenziale, depurandola da inutili e superflui involucri strutturali, che, di norma, la appesantiscono con zavorra, utilizzabile soltanto per il galleggiamento persistente, di certe tendenze e correnti letterarie ormai stantìe. Ma l’elaborazione operata dall’autore, se da un lato rende agile e scorrevole la scrittura, raccogliendo valide ipotesi di sempre nuove sperimentazioni logiche, dall’altro propone una poesia che, al primo impatto, sembra fredda, difficile, chiusa, ma, dopo una successiva e attenta lettura, rivela aspetti di notevole interesse. S’insinua tra i versi una sottile e discreta velatura intellettuale, tessuta nel tempo con pazienza e tenacia, del resto, alquanto naturale, considerata la costante e ininterrotta permanenza del poeta, nell’ambiente letterario. 

Si aggiunga anche il persistere di un leggero strato d’ironia. addolcito dai ricordi, ricostruiti e rivisitati insieme ad alcuni avvenimenti legati al mal risolto meridionalismo, o meglio, meridionalità, tanto pesante da sopportare perché sempre imposta dall’alto, un’isola dentro l’isola, dove si attende ancora la libertà dai cosiddetti liberatori-conquistatori, senza capire che è necessario trovare dentro di sé la capacità di liberarsi ( «Preghiera per i liberatori»). 

Il simbolismo è un’altra arma, sciorinata dall’autore per mettere a fuoco quelle che sono le caratterizzazioni umane, cercando una possibile classificazione («Gli irreversibili»). Ma il rivelare le gelide e ostiche realtà della vita, accende il desiderio di fuggire in una ipotetica «Casablanca», giardino, eden di «Palmizi bianchi» e «Bianchi palazzi» dove si confonde il passato vissuto, con la voglia di vivere, seppur meno intensamente l’improvviso flash nella memoria di rievocazioni frammentarie, che impreviste tornano, ospiti del pensiero, sotto forma di brevi ritratti, istantanee riviste in piccole sequenze alternate. Restare dunque, e affrontare l’enorme cosmo cittadino, vivere, e sentirsi in trincea tutti i giorni, immersi in questa urbana follia, oppure scappare? È difficile fare una scelta, sempre che esiste ancora la possibilità di scegliere. Per Zinna il dilemma continua, forse non c’è soluzione, forse bisognerebbe invertarla, ma non è detto che in seguito il poeta non ci riesca. 

Maria Giovanna Cataudella 

da “Spiragli”, 1990, n. 1 – Recensioni