Luigi Accattoli, Quando il papa chiede perdono, Milano, Mondadori, “collana Leonardo”, 1997.
Woitila chiede perdono
Stupisce la scarsissima risonanza che ha avuto sino ad oggi il libro di Luigi Accattoli Quando il Papa chiede perdono, Ed. Leonardo, cui si è ispirato anche il recentissimo incontro alla Stampa Estera a Roma al quale ho partecipato e dove non c’erano che pochissimi ascoltatori sia cattolici che laici nonostante la presenza del famoso teologo vaticano svizzero G. Cottier e di uno storico universitario, F. Cardini.
Eppure se l’intelligenza è flessibilità, e questo vale per tutti gli schieramenti, il libro-antologia di testimonianze degli interventi di Wojtila degli ultimi decenni è uno dei libri più sconvolgenti e sorprendenti ch’io abbia letto. Sono testimonianze che invitano a rivedere radicalmente se non a ribaltare non solo il discorso sulla storia della Chiesa ma della Storia stessa. Sopratutto dell’Occidente, del suo comportamento di fronte alle diatribe con l’Oriente, con le chiese cristiane ma non cattoliche, con l‘Islam, gli Ebrei, il razzismo, gli indios e così via.
Chiedere perdono? Che cosa significa e che importanza ha? Intanto è più difficile perdonare che chiedere perdono, questo lo riconoscono gli stessi presentatori. Ma perdono a chi ? E a quali fini? Più che di perdono si parla all’inizio di “confessione di peccato”, giustamente perché essa è cardine delle chiese della Riforma. Il perdonare comporta ovviamente prima di tutto l’autocritica. E bisogna ammettere, sopratutto per chi non ha seguito le interne vicende ecclesiastiche che Wojtila ha cominciato proprio da qui. Con il rischio di rimanere isolato di fronte alle obiezioni per non dire all’ostilità di molti cardinali.
Ma Wojtila, anche chi è anticlericale deve riconoscerlo, è uomo di coraggio. Le sue battaglie contro il comunismo e contro l’invadente consumismo che tenta di sostituirvisi sono note. Meno note le sue polemiche all’interno della Chiesa. È i1 primo papa non italiano dell’epoca moderna e questo può essere un vantaggio per la sua apertura culturale. Leggendo per esempio le sue proposte contenute nel Pro memoria di Giovanni Paolo II al V Concistoro straordinario del 1994, mai pubblicate ufficialmente dal Vaticano ma riaffermate dallo stesso Wojtila più volte, un testo di straordinario interesse, anche le ardimentose polemiche di Hans Küng trovano una sia pur debole risposta.C’é la speranza che entro il Giubileo del 2000 molte colpe della Chiesa cattolica vengano quanto meno ammesse.
Intanto verso i protestanti. I riconoscimenti verso Lutero e la giusta esigenza da lui sostenuta per una immediata riforma della Chiesa in relazione alle Scritture e non ai problemi mondani sono molteplici. Wojtila va a Magonza nel 1980 quasi pellegrino e poi alla chiesa luterana di Roma come Lutero andò pellegrino a Roma nel 1510-11. Lutero, altro uomo forte, pur scomunicato, ma la scomunica finisce con la morte, è oggi sempre un interlocutore valido, importante per Wojtila. La separazione tra cattolici e protestanti nel 1997 in Europa, a tre anni dal Duemila è una delle realtà più assurde e dolorose. E Wojtila questo contrasto non lo vuole perpetuare. Le guerre di religione devono finire se non vogliono essere sopravanzate, ridicolizzate dalla scienza e da una laicizzazione ormai mondiale. È la Chiesa che deve cambiare. E poi le guerre di religione favoriscono l’ateismo? È un problema.
Necessaria è intanto una ‘purificazione della memoria’. Verso i protestanti ma anche verso gli Ebrei e i Musulmanì. Verso 1’Islam, nonostante gli appelli vaticani, non c’è stata adeguata risposta. Inutile l’insistenza che cristiani e musulmani sono ‘fratelli in Dio’ come li ha chiamati in Africa Wojtila riferendosi ad Abramo. Inutili le sue dichiarazioni di essere contro l’integralismo cattolico (“noi seguiamo il principio evangelico” (date a ognuno, a Cesare e a Dio quel che è loro). E allora Buonaiuti? E Maritain? Viene perfino il sospetto tra i laici che dietro tanta frenesia di viaggi e tanta voglia di perdono ci sia la speranza di unire tutti sotto la tenda del cattolicesimo, il che non significa più vero ecumenismo ma di nuovo una sorta di colonialismo cattolico.
E verso gli Ebrei. C’è una richiesta di perdono ma il perdono forse imminente dopo il riconoscimento di Israele e la visita alla sinagoga di Roma non è ancora avvenuto esplicitamente. Certo nel libro così accurato non si fa per esempio alcun motto sul silenzio dì Pio XII sull’Olocausto di cui egli pur conosceva l’orribile sviluppo. Ma un Papa non critica un altro Papa. Già è molto che almeno Wojtila dichiara che per lui gli uomini bianchi o neri sono eguali. II razzismo dovrebbe cessare anche se per ora questa è un’illusione.
Certo è che i cristiani, del XII secolo erano altra cosa dei cristiani di oggi anche perché la società è diversa, distratta e laicizzata. Per cui la fede in Dio è una cosa, e la Chiesa che molto lentamente può mutare nel tempo è un’altra cosa. Con questo Wojtila cerca di riportare la sua Chiesa al centro della problematica mondiale. Ognuno fa il suo gioco e Wojtila che vuol pareggiare i conti con l’umanità lo fa molto bene, quasi una sfida. Si è perfino detto che se Wojtila non avesse viaggiato tanto non avrebbe chiesto il perdono!
Un convegno minuscolo di fronte a problemi enormi. Con affermazioni perfino strabilianti. Come quelle di F. Cardini secondo cui, sono parole sue, «Cristo non sarebbe che uno dei tanti cabbalisti che circolavano all‘epoca» e che «la storia della Chiesa comincia da Costantino». E Dante? per non parlare di mille altri. ln effetti questo incontro con giornalisti e intellettuali é stato indetto più per ascoltare ipotesi e correzioni pregevoli all’interno della storia della Chiesa dopo il Vaticano II e della personalità imponente di papa Wojtila che non per metterle in rapporto con il Vangelo o più semplicemente con Gesù.
Eppure la figura di Gesù, esaltata o criticata, è di moda, al centro di decine di libri in Francia e in America. Nonostante la presenza del teologo svizzero Cottier e l’invito del papa a fare un esame di coscienza (dove siamo? Dove Cristo ci ha portato? Dove noi abbiamo deviato dal Vangelo?) nel convegno il nome di Gesù non è stato nemmeno pronunciato. Ma la storia della Chiesa italiana, nella critica feroce o nell’apologetica (alle Inquisizioni nel libro sono riservate solo tre pagine) è la nostra Storia . Mai una parola da me richiesta su Savonarola, di cui l’anno prossimo cade il centenario della morte sul rogo o su Giordano Bruno.
Un silenzio terribile, che chiederebbe anch’esso il perdono.
A cura di Ugo Carruba
Nello Saito