Ho avuto la grande fortuna di incontrare nella mia vita due grandi scrittori della cultura mondiale: Carlo Bo alla prestigiosa Università di Urbino e Jean Paul Sartre alla grande Università della Sorbona a Parigi.
Carlo Bo, nato a Sesti Levante/Genova il 25 gennaio 1911, grande ispanista e francesista, critico letterario e politico italiano, è stato considerato uno dei massimi studiosi del Novecento in Italia; fondò la scuola per interpreti e traduttori nel 1951 e la IULM nel 1968, con sede principale a Milano, e per oltre cinquant’anni Magnifico Rettore dell’Università di Urbino cui è stata intitolata l’Università. Compì gli studi superiori presso i gesuiti dell’Istituto Arecco di Genova, dove ebbe come professore di greco Camillo Sbarbaro. Si laureò in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Firenze e iniziò subito la carriera universitaria, insegnando Letteratura Francese e Spagnola alla Facoltà di Magistero dell’Università di Urbino. Dal 1959 fu cittadino onorario di Urbino, dal 1972 fu Presidente della giuria del premio Letterario Basilicata e nel 1984 fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Collaborò per tanti anni al “Corriere della Sera” e al settimanale “Gente”. Fu insignito dell’Ordine della Minerva dall’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio”. Nel 1966 l’Università degli Studi di Verona gli conferì la laurea honoris causa in Lingue e Letterature Straniere: Nel 2001 Sestri Levante gli conferì la cittadinanza onoraria, e lo stesso anno, in seguito ad una brutta caduta sulle scale avvenuta nella sua casa di Sestri, venne ricoverato all’ospedale di Genova, dove morì. Fu sepolto nel cimitero di Sestri.
Con Carlo Bo, mio maestro di vita e di formazione, ho sostenuto la tesi di laurea in Lingue e Letterature Straniere proprio all’Università di Urbino su “Jean Paul Saartre et la polémique de l’engagement”. Due grandi scrittori a confronto, Carlo Bo, cattolico sofferente, e Jean Paul Sartre, comunista dissidente; il mio maestro scrisse il monumentale saggio “La letteratura come vita”, pubblicato sulla rivista “Il Frontespizio” nel 1938, ristampato nel volume Otto studi (Vallecchi, Firenze 1939), e il grande filosofo dell’esistenzialismo francese: “Qu’est-ce que la littérature?”, pubblicato in Francia dall’editore Gallimard, tradotto e pubblicato in Italia da Il Saggiatore: Che cos’è la letteratura?” Letteratura come vita è di fondamentale importanza per Bo, fa comprendere le motivazioni profonde dell’Ermetismo, contiene i fondamenti teorico-pratico della poesia ermetica, e Bo lo pronunciò come manifesto al Quinto Convegno degli scrittori cattolici di San Miniato.
Dopo sessant’anni Bo scrisse un grosso articolo sul “Corriere della Sera”: “Il critico deve tenere conto della vita dello scrittore oppure deve limitare la sua indagine soltanto ed esclusivamente all’opera? La questione è antica per il maestro di tutti, Sainte Beuve, la conoscenza della vita era più che utile, insuperabile. Per altri, a cominciare da Croce e da Proust, se ne poteva fare a meno, anzi era bene stringere lo studio alla valutazione pura dell’opera”.
Bo rifiuta l’idea di una letteratura vista come pratica abitudinaria o come esercizio professionale nel tempo libero, e la definisce come la strada più completa per la conoscenza di noi stessi e per dare vita alla nostra coscienza. La letteratura si identifica con l’io profondo del soggetto, risalendo alle origini centrali dell’uomo. La letteratura esprime la purezza dell’esistenza e l’indiscutibilità di valori, si propone come scopo esclusivo la ricerca della verità e per questo è una missione e non un mestiere. La letteratura recupera i significati profondi e primitivi della vita dell’uomo e, pertanto, non può che escludere ogni rapporto con la politica e con la storia. La letteratura contribuisce alla scoperta di un’identità che si allontana dalla realtà storica della società umana. La letteratura è ricerca continua di noi stessi ed impegno quotidiano dell’uomo.
In una lunga intervista il critico letterario Bo definisce Sartre il profeta della nuova letteratura francese, figura poliedrica di filosofo e letterato, autore teatrale, romanziere e saggista. Dopo la lettura di un brano dell’autobiografia “Les Mots”, del 1964, Carlo Bo ricorda Sartre nelle vesti di direttore della rivista “Les Temps Modernes”, attorno alla quale si erano raccolti i migliori giovani degli anni Cinquanta, e parla della “moda del sartrismo”, che si diffuse in quello stesso periodo. Secondo Carlo Bo, Sartre è stato il primo a mettere in dubbio la necessità e il valore della letteratura, ponendo in essere provocatoriamente atti clamorosi, come il rifiuto del premio Nobel nel 1964.
La letteratura è la vita stessa, ossia la parte migliore e vera della vita. Letteratura come vita, uno dei testi fondamentali e decisivi della nuova civiltà, la forza rovente della letteratura si misura per Carlo BO dalla sua potenzialità di accogliere la vita, di intervenire sulla realtà in forma di intervento morale, e da Letteratura come vita si diramano le fertili, sistematiche esplorazioni di Bo degli autori francesi, italiani e spagnoli, introducendo in Italia scrittori di alta tensione etica e poetica, come Kafka, Eliot, Maritain, Claudel, Mallarmé, Unamuno, Garcia Lorca, ossia quella letteratura che non si occupa delle vanità, della sola estetica, ma che tende alla formazione umana e presuppone una fedeltà continua alle proprie idee e ai propri ideali. Bo si chiede: «Che cos’è per noi la lettura se non tenere in mano questa parte viva della verità e consumarsi per non saperla restituire, che cos’è se non durare su questo oggetto chiuso e palpitante dell’animo?». La sua capacità di lettura è attentissima a cogliere in ogni testo la misteriosa presenza della poesia.
Bo è rimasto fra i pochi a conservare integro il senso carico di assoluto delle domande brucianti, che investono, per voce dei poeti, i fatti fondamentali della nostra vita. Il suo interesse andava verso quella cultura cattolica che in Francia aveva espresso Pascal, prima, Maritain, Claudel e Mauriac, dopo; al contrario, la sua attenzione in Italia andava soprattutto su Leopardi, Serra, Don Mazzolari, Giovanni Testori e tanti altri. Bo, interrogato sulla questione morale e sulle ingiustizie sociali, rispose: «Siamo pronti a combattere contro l’ingiustizia e le questioni morali, tutto comincia da noi, il male che vediamo in spaventose forme esteriori ha un’esatta rispondenza nel nostro cuore».
Jean Paul Sartre nacque a Parigi il 21 giugno del 1905. A solo quindici anni rimase orfano di padre, frequenta gli studi all’École Normale Supérieure, in quegli anni conosce la sua compagna di vita, la scrittrice Simone de Beauvoir e insegna filosofia in diverse scuole parigine fino al 1945.
Finita la seconda guerra mondiale, si dedica esclusivamente alle sue opere filosofiche e letterarie, tra cui i romanzi La Nausea (1938), I cammini della libertà (1945-1949). Per il teatro scrisse, tra l’altro: «Le Mosche» (1943), A porte chiuse (1944), Le mani sporche (1948), suscitando grosse polemiche e irritazione da parte del Partito Comunista Francese, per questo l’ho definito “comunista dissidente”.
Nel 1945 fonda la rivista “Les Temps Modernes”, i cui principi fondamentali sono: la filosofia, la letteratura e la politica. Nel 1968 prende una forte posizione contro la politica francese in Algeria, schierandosi a favore dell’insurrezione studentesca. Nel 1964 rifiuta il Premio Nobel per la letteratura, suscitando tante polemiche e irritazioni intellettuali. Tra le sue fondamentali opere troviamo: L’Essere e il Nulla (1943), La critica della ragione dialettica (1960). Dopo una lunga malattia muore di edema polmonare a Parigi il 15 aprile 1980, ai suoi funerali partecipano oltre cinquantamila persone.
Jean Paul Sartre, romanziere, drammaturgo, filosofo e critico letterario, è stato tra i pensatori più significativi del Novecento, rappresentante dell’esistenzialismo. Nel 1939 fu chiamato alle armi e fu fatto prigioniero dai tedeschi. Venne liberato nel 1941 e, tornato a Parigi, partecipò alla Resistenza. Molto critico verso il gaullismo come anche verso lo stalinismo, si avvicinò alle posizioni della sinistra marxista, attirando sia le critiche dei comunisti sia quelle degli anticomunisti, arrivando ad una clamorosa rottura con Albert Camus. Prese posizione in difesa dell’Indocina, fu contro la repressione sovietica in Ungheria, a sostegno della libertà algerina e contro i crimini di guerra statunitensi nel Vietnam insieme a Bertrand Russel, fondando l’organizzazione per i diritti umani denominata “Tribunale Russel-Sartre”, e contro l’invasione della Cecoslovacchia.
Il manifesto letterario di Sartre lo scopriamo nel 1947 quando pubblicò Qu’est-ce que la littérature, apparso per la prima volta sulla rivista “Les Temps Modernes”. La letteratura è lo spazio in cui scrittore e lettore dialogano, per mostrare quel tipo di letteratura impegnata nel suo tempo e contemporaneamente rispondere ai quesiti che Sartre pone proprio alla prima pagina del testo: «E poiché i critici mi condannano in nome della letteratura senza dire mai che cosa intendano per letteratura. La risposta migliore sarà di esaminare l’arte di scrivere senza pregiudizi. Che cos’è scrivere? Perché si scrive? Per chi scrivere? In realtà sembra che nessuno se lo sia chiesto».
La prima di queste domande riguarda soprattutto l’atto dello scrivere, ossia quella forma d’arte che si differenzia dalle altre proprio tramite l’uso delle parole. Risulta chiaro il malessere vissuto da Sartre a causa delle critiche ricevute in tutta la sua vita. Ogni scrittore deve fare i conti non solo con i suoi lettori, ma anche con chi ha fatto della critica la sua professione; Sartre è ben consapevole di tutto ciò, non riserva parole generose ai propri avversari: «Mi è parso che i miei avversari mancassero di lena al momento di mettersi all’opera e che con i loro articoli si limitassero a trarre un lungo sospiro scandalizzato, tirato avanti per due o tre colonne. Mi sarebbe piaciuto sapere in nome di che cosa, di quale concetto di letteratura mi si condannava: ma quelli non lo dicevano, non lo sapevano nemmeno». Per la critica avversa a Sartre, tutto ciò che non rientra all’interno di una sfera di valori già costituiti crea in qualche modo scandalo. L’autore autentico e impegnato deve fare scandalo, ossia deve usare parole forti e urgenti. Il compito dello scrittore è quello di parlare al lettore e scuotere la sua coscienza.
La lettura è, dunque, un esercizio di generosità e lo scrittore pretende dal proprio lettore un’applicazione della libertà, ossia pretende il dono di tutto il suo essere, delle sue passioni ed emozioni, dei suoi pregiudizi e della scala di valori. Scrivere e leggere sono due aspetti di uno stesso fatto di Storia, e la libertà alla quale lo scrittore invita il lettore, è una libertà che si conquista all’interno di una situazione storica. In questa attenta analisi compiuta da Sartre sul ruolo della scrittura, dello scrittore e di chi legge, risulta necessario indagare sulla tipologia di rapporto che si instaura tra scrittore e lettore. Tutto ciò appare talmente chiaro dalla lettura di Qu’est ce-que la littérature? Il concetto di littérature engagée si impose così sulla scena sia politica che letteraria, dopo essere stato formulato da Sartre nella presentazione di “Les Temps Modernes” nel 1945.
Giovanni Ferrari
“Spiragli”, Nuova Serie – Anno IV 2023 NN. 1-2, pagg. 45-50.
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