La guerra e le sue vittime: «Quando scoppia la guerra la prima vittima è la verità.» Senatore Hiram Johnson, 1917

       Un vecchio proverbio recita: «Chi semina vento, raccoglie tempesta». Ed è quello che avviene quando si entra in guerra. I nostri detentori del potere, incuranti della volontà del popolo e della Costituzione1, invece di dirimere diplomaticamente controversie e attriti fra nazioni, non fanno altro che schierarsi a favore di una o dell’altra delle parti belligeranti, come è avvenuto per le guerre russo-ucraina e israelo- palestinese, mandando aiuti ed armi, con i conseguenti aggravi sul popolo, “sovrano” nella Carta, ma nei fatti chi subisce le conseguenze di eventuali allargamenti dei conflitti o l’aumento esagerato dei prezzi di ogni genere, compresa la benzina. Una tempesta che vede in crescita i disoccupati, il numero dei poveri e dei senza tetto, e la ricaduta in negativo sugli enti pubblici e privati, la sanità, ridotta agli estremi, la scuola e tutto il resto.
      Il vento della guerra non cessa mai, perché non cessa nelle menti dei potenti l’ingordigia, la sete di dominio e di ricchezza. Ma l’homo omini lupus, ripreso da Hobbes, spesso non fa notizia, non se ne parla e non si sa niente delle tantissime guerre che si combattono nel mondo; interessano ai promotori e a chi sta loro dietro. In ogni caso, la prima vittima a cadere, come scrisse il senatore Johnson, è sempre la verità, accompagnata dalle tante vittime dell’una e dell’altra parte, spesso innocenti che non avevano niente da spartire con la guerra, tolte barbaramente alla vita e all’amore dei propri cari.
       La verità è la prima cosa che in guerra si oscura per insabbiare l’orrore, annebbiare le menti e farle parteggiare. Prima di agire, la stampa e l’etere vengono asserviti e non si fa altro che leggere o vedere immagini contro la parte avversa, con tutti gli orpelli che la tingono di nero; il tutto per giustificare azioni e stragi distruttive e seminatrici di morte. Sicché, dal febbraio 2023 ad oggi, assistiamo ad una danza di notizie, e siamo portati a credere come pecore al pascolo. Si condanna così la Russia, senza conoscere ciò che sta dietro alla guerra, trascinato per anni; si condanna Hamas, dimenticando che gli accampati dal 1948 aspettano una soluzione che ponga fine alla situazione precaria in cui sono costretti a vivere. Ma non si è portati a condannare soltanto, si è spinti anche ad accettare ogni sorta di reazione, bombardamenti a tappeto, senza pietà. Non importa se il tutto ricade sulle popolazioni inermi e indifese. Si arriva così a condannare l’orrore, ricorrendo all’orrore, senza un freno e con il beneplacito di tanti.
      Le grandi potenze e l’America, a parole, si danno da fare e dicono di impegnarsi per risolvere le questioni sul tappeto, ma in concreto non muovono un dito per una pacifica soluzione. Israele è una finestra aperta su quella parte di mondo, e la gestiscono a loro uso e costume. Perciò, vanificata rimane la promessa del costituendo Stato palestinese, promessa nel 1948 e non mantenuta. Così si vuole, così piace. Il «divide et impera» non è cosa passata, d’altri tempi; è attuale, attualissimo, e se ne giova chi sta dietro le quinte, che fa finta di mediare, mentre sottobanco impone.
Stando così le cose, le questioni in campo non si risolveranno mai, ed Eros e Thanatos, la pulsione di vita e la pulsione di distruzione, di freudiana memoria, non avranno pace. Questo i potenti lo sanno, ma curano il loro interesse, dimentichi che, se Thanatos dovesse avere il sopravvento, Eros languirà, e la sua caduta si ripercuoterà su di essi.
                                                                                                                                    S. V.
1 Art. 1: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
Art. 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».

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