Chiara testimonianza scientifica e patrimonio storico, l’osservatorio astronomico di Palermo si eleva su un’ala dell’antico Palazzo Reale, valida immagine che, alla fine del XVIII secolo, rappresentò il mezzo più significativo dell’astronomia moderna italiana.
Con la determinazione del moto proprio di oltre 1000 stelle e, nel 180l, con la scoperta del primo asteroide, Cerere, collocato in un’orbita tra Marte e Giove, l’astronomo abate Giuseppe Piazzi portò l’osservatorio di Palermo all’attenzione del mondo scientifico di allora, facendogli occupare uno dei primi posti in Europa nella ricerca e studio del cielo settentrionale.
Piazzi nacque nel 1746 a Ponte in Valtellina (Sondrio) e nel 1789 fu il primo ad organizzare a Palermo l’osservatorio astronomico. La scoperta di Cerere gli procurò una vasta simpatia e particolarmente quella dell’ammiraglio inglese William Hemy Smyth, che si trovava a Napoli per alcuni lavori di idrografia. Nel 1819, lo stesso ammiraglio diede ad un suo figlio il nome di Charles Piazzi Smyth, il quale divenne, in seguito, regio astronomo per la Scozia e direttore dell’osservatorio di Edimburgo; a lui si attribuisce il calcolo delle misure della piramide di Cheope. Si sottolinea che l’istituzione dell’osservatorio astronomico di Palermo sollecitò l’interesse delle altre città italiane, tanto da dare un impulso alla costruzione di una serie di alquanto modesti osservatori, aggregati alle rispettive Università di Bologna, di Pisa, di Torino, di Milano, di Padova e di Firenze.
Oggi, uno dei più importanti cataloghi stellari è quello pubblicato nel 1803 da Piazzi, in edizione riveduta nel 1814 e messo in commercio nel 1933, dopo essere stato sottoposto ad un lungo e laborioso esame e poi ridotto da Francesco Porro per le sole ascensioni rette e, ulteriormente, completato nelle declinazioni.
Giova precisare che 1’osservatorio di Palermo nacque su un progetto scientifico elaborato nel 1786, contemporaneamente alla istituzione di unacattedra di Astronomia presso l’Accademia dei Regi Studi1 e costruito, in appena otto mesi di lavoro, nella Torre di S. Ninfa, o Pisana, del Palazzo Reale. Ufficialmente fondato il l° luglio 1790, l’osservatorio s’impose subito come uno dei migliori esistenti in Europa, sia per la sofisticata strumentazione che per le felici ricerche scientifiche. Dopo la morte dell’abate Giuseppe Piazzi, ebbe la direzione dell’osservatorio di Palermo il suo stretto collaboratore Niccolò Cacciatore e dopo, nel 1842, il di lui figlio Gaetano.
Nel 1853, a causa dei moti rivoluzionari del 1848, l’astronomia in Sicilia e bassa Italia subì un arresto, risvegliandosi soltanto per opera dell’astronomo Domenico Ragona che, nel 1855, acquistò il rifrattore equatoriale Mertz di 25 cm. di apertura, attualmente esistente nella cupola grande della Torre Pisana. Con l’unificazione italiana, l’astronomo Gaetano Cacciatore, prima allontanato dall’incarico e incarcerato (1849), quale rivoluzionario, venne reintegrato nella carica di direttore dell’osservatorio di Palermo e riprese la sua intensa attività, sviluppandola, ulteriormente, nelle tre sezioni, di Astronomia, Meteorologia ed Astrofisica. Nella sezione di Astrofisica, dal 1863 al 1879, si distingue il primo astronomo aggiunto Pietro Tacchini, il quale, dopo circa dieci anni di giacenza in magazzino, riesce a montare (1865) l’equatoriale Mertz e a dare inizio, primo in Italia, allo studio spettroscopico delle protuberanze solari. La figura di Pietro Tacchini s’inserisce fra quelle appartenenti a scienziati di fama mondiale, specialmente per essersi trovato fra i sostenitori e poi fondatori degli spettroscopisti italiani, che diedero origine all’attuale «Società Astronomica italiana» (S.A.It.).
Purtroppo, l’osservatorio di Palermo è una costruzione che sempre è stata soggetta ad oscillazioni quotidiane per la sensibile escursione termica, dalla notte al giorno e viceversa, nonché a deviazioni del piano meridiano; elementi questi che influenzarono gli errori sulle osservazioni fatte dal Piazzi e che oggi si assommano alle cattive condizioni ambientali esterne ed interne.
I palermitani, passando per Piazza Indipendenza e per le aree adiacenti, ammirano l’argentea cupola astronomica di Palazzo Reale e si domandano che se n’è fatto del vecchio e famoso osservatorio e se ancora oggi ha la sua giusta funzione nello studio della sfera celeste accanto ad altri osservatori nazionali.
La risposta, purtroppo, sarebbe molto deludente per il profano, anche se confortata da vecchi attributi di gloria. Allo stato attuale, anche quando se ne avesse la volontà, non si potrebbe intraprendere alcuno studio stellare, neppure a livello didattico, ad eccezione di osservazioni visuali dei grossi corpi solari, come la Luna, Venere, Giove e Saturno. A questa limitazione concorrono soprattutto l’inquinamento atmosferico e le abbondanti luci cittadine.
Nonostante quanto si è detto, la cupola più grande (m. 12 di diametro), continua ad ospitare, con muta dignità, il già menzionato rifrattore di di 25 cm., mentre quella più piccola, un recente Schmidt-Cassegrain di 35 cm. di diametro, che viene usato dall’Istituto universitario.
Il vecchio e prezioso «Cerchio di Rarnsden», costruito dallo stesso Ramsden, sotto gli occhi del Piazzi e con cui l’abate aveva studiato le stelle e scoperto Cerere, illuminato da una flebile lampada elettrica, resta relegato in un angusto ambiente, immeritato destino di un valoroso guerriero, chiuso in prospetto da una impolverata e grande vetrata, attraverso cui il lucente ottone dello strumento viene intravisto dall’ammirato nostalgico.
Ma la tristezza non s’addice ai giovani scienziati che dirigono l’osservatorio di Palermo, tanto che, negli ultimi cinque anni, lo studio della fisica solare rappresenta l’unico orientamento tradizionalistico dell’osservatorio astronomico che, sotto la guida degli illustri astrofisici G. Vajana e S. Serio, non può non aspirare ad una rapida rimonta per riprendere il posto fra gli osservatori più importanti d’Europa. Certamente, un’adeguata attrezzatura operativa, dislocata in area montana del palermitano, dove un fotometro a 4 colori potrà scandagliare il cielo nel lontano infrarosso, stabilirà i meriti che competono alla specola siciliana.
A. Pezzati
1 L’Accademia de’ Regi Studi era un settore della pubblica istruzione, organizzato dalla «Deputazione de’ Regi Studi», organo creato dal governo borbonico nel 1778.
Da “Spiragli”, anno II, n.1, 1990, pagg. 43-45.
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