Con questa sua ultima opera Vincenzo Monforte crea, tra Veneto e Sicilia, un ponte ideale che assume il valore di un messaggio di unità in questi tempi confusi in cui leghismo e separatismo sembrano dominare le coscienze o piuttosto irretirle, plagiarle verso chi sa quali nascosti interessi ciechi ed anacronistici.
La cultura, invece, non separa, unisce. E certo è di grande conforto scoprire o riscoprire l’indissolubile unità della cultura italiana .dal Veneto alla Sicilia-, sin dai primissimi avvii dell’arte della Stampa e poi durante tutto il Cinquecento.
Queste .Battaglie editoriali- volte a ricostruire casi clamorosi di concorrenza fra tipografi della stessa città (gli eredi di Aldo Manuzio, Gabriel Giolito de’ Ferrari, Vincenzo Valgrisi ed altri stampatori veneziani), oppure fra tipografi di provincia ed editori delle città che egemonizzavano la stampa delle grandi opere della cultura classica ed umanistica, ci danno un’immagine confortante ed intimamente unitaria di tutta la civiltà rinascimentale: e ciò al di là e al di sopra della separatezza fra i vari staterelli che componevano l’Italia d’allora.
Vincenzo Monforte scopre e dimostra che gli entusiasmi che la nuova arte della stampa accese in tutta l’Italia sul finire del ‘400 e il suo prosperare in numerosi centri della regione padana, ma anche in altre città come Roma, Firenze, Napoli, Messina, Perugia, Foligno, Urbino, sono le prove di un’unità culturale ed etnica che faceva sì che l’intera penisola – dal Veneto alla Sicilia – si riconoscesse nella tradizione letteraria e linguistica che, avviata dai poeti siciliani e dal mecenatismo di Federico II di Svevia. si era affermata poi in Toscana, come la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio, lingua del bel paese .dove dolce il si suona-.
Questa unità culturale e spirituale degli Italiani – nota il Monforte – si consolida proprio grazie alla nuova arte della Stampa, con la sua opera capillare ed insistente, estensiva ed intensa. Per quest’opera – dice l’autore – si rese necessario da una parte la delega della cultura umanistica e dei suoi principali centri (Firenze e Roma) in favore di Venezia. affinchè essa si facesse veicolo di diffusione della nuova cultura e delle opere prodotte dalla nuova arte. dall’altra una continua osmosi fra centro e periferia. fra i letterati (o i tipografi) che si trasferivano a Venezia per avere successo (potendo da lì giovarsi della rete e degli itinerari commerciali della Serenissima) e stampatori veneziani che un po’ dovunque creavano succursali in altri centri dell’Italia o della Francia, specialmente a Lione.
Un quadro d’insieme ricco ed articolato. nel quale Vincenzo Monforte sa inserire, privilegiandola con l’equilibrio e il garbo che lo contraddistinguono, sia la vicenda del Cieco d’Adria, coinvolto nelle battaglie per la supremazia fra gli editori Veneziani, sia le avventure .tipografiche» di Emanuele Filiberto di Savoia che seppe servirsi della nuova arte per italianizzare il suo Piemonte e conquistare all’unità culturale italiana tutti i territori al di qua delle Alpi.
Salvatore Vecchio
Da “Spiragli”, anno V, n.1, 1993, pagg. 59-69.
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