Per una storia della letteratura siciliana

Una letteratura siciliana vale a dire una storia letteraria che ha il suo fulcro narrativo-critico in una singola regione del nostro paese, stimola e nello stesso tempo esige un doppio ordine di giustificazioni, in quanto, se da una parte non è superfluo proporre una riflessione sul perché di una nuova storia letteraria, a fronte di un panorama editoriale, scolastico e non, che di testi, nei quali con dignità e rigore culturale si affrontano le grandi tematiche della letteratura nazionale, ne offre tanti, dall’altra occorre ritrovare e chiarire a se stessi e ai lettori le ragioni di questa scelta prospettica, per la quale la problematica storico-letteraria viene affrontata nell’ottica specifica di una singola regione. 

Cominciamo col dire che forse la risposta alla prima implicita domanda potrebbe anche essere costituita dalla seconda domanda, nel senso che la novità della prospettiva di studio e di ricerca che è stata in questo caso privilegiata, potrebbe anche essere sufficiente ad identificare una motivazione per la proposizione di una nuova storia letteraria. 

Ma non possiamo fare a meno di proporre qualche riflessione: in primo luogo la stessa ricchezza articolata del panorama editoriale per quanto concerne le storie della letteratura italiana significa che discorsi unici e definitivi non sono proponi bili: potrà apparire paradossale, ma il fatto che ci siano molte storie letterarie significa implicitamente che di storie letterarie se ne possono scrivere tante, se ne possono scrivere ancora, senza che nessuna di essa abbia sapore di ridondanza, scada nel superfluo, si squalifichi come inutile doppione culturale. L’importante, naturalmente, è che ciascuna di queste storie letterarie si caratterizzi in nome della originalità dell’ approccio, della peculiarità dello sviluppo espositivo, della specificità dei risultati critici che si preoccupa di proporre. 

Vorrà dire, a questo punto, che il repertorio, se cosi possiamo chiamarlo, delle storie letterarie, assumerà il significato di un repertorio intellettuale, di una rassegna culturale non più soltanto delle proposte cognitive in relazione a fenomeni e personaggi della vicenda letteraria nazionale, ma anche in ordine alla presenza e incidenza di questi fenomeni e personaggi nella vicenda quotidiana della nostra nazione. 

E se facciamo riferimento appunto al rapporto fra accadi menti storico-letterari e accadimenti quotidiani del sociale, ci risulterà anche più lineare e comprensibile il ragionamento in relazione alla specificità di una storia letteraria siciliana. 

È appena il caso di sottolineare, infatti, che, quanto più fortemente apparirà sottolineato il rapporto fra la dimensione letteraria e lo svolgersi della quotidianità, tanto più dovremo sforzarci di cogliere i rapporti fra la generale valenza letteraria o storico di un avvenimento, di un personaggio e il contesto storico-sociale della terra che lo ha visto accadere, se si trattava di un episodio, che lo ha visto nascere e poi agire, se si trattava di un personaggio. 

Certamente Gorgia da Leontini sta nella storia della filosofia e, in prospettiva più specifica, in quella della retorica, per il suo essere portatore di uno specifico culturale, quello della raffinatezza ed eleganza formale dell’ eloquio, quello della potenza di convincimento che attraverso quell’eloquio raffinato si dispiegava. 

Ma bisognerà anche ammettere che quella complessa ed articolata serie di capacità/potenzialità si dispiegò, non certo casualmente, nel contesto politico e culturale della Sicilia: non a caso nel 427 a. c., quando gli abitanti di Leontini vollero chiedere l’aiuto di Atene contro Siracusa, proprio a lui si rivolsero, con un atto di fiducia che trovava le sue radici da una parte nella fama già diffusa del rètore, e dall’altra nell’istintiva convinzione che la comune origine siciliana avrebbe indotto il parlatore illustre a spendere i tesori del suo eloquio per la sua terra. 

Vuol dire che la dimensione territoriale, la prospettiva regionale, si giustifica in funzione di tutta una serie di legami, più diretti e immediati, che certamente esistono fra l’autore, fra il protagonista della vicenda letteraria, e il contesto storico-culturale nel quale si è svolta la sua vicenda umana e nel quale si articola la sua presenza culturale. 

Ma mi sia consentito di fare una riflessione particolare per quanto concerne lo specifico di questa storia letteraria, che si offre alla nostra attenzione di lettori come storia della letteratura siciliana. E dico una riflessione particolare, in quanto credo che non si possa prescindere da una considerazione relativa allo spessore vincolante che la sicilianità, se così posso esprimermi, assume nei confronti di chi ha avuto i natali e ha trascorso la sua vicenda esistenziale, in questa terra, che il sole riscalda, che il vulcano incendia, che il mare blandisce e nello stesso tempo schiaffeggia, che i profumi di tante coltivazioni ardenti di calore e sangue fanno vibrare sottilmente, di questa terra nella quale gli uomini non sembrano sempre voler riconoscere se stessi e la propria dignità, nella quale non sempre la dimensione umana della persona, pur sentita, pur vissuta, pur esaltata, viene accettata e riconosciuta nella pienezza della sua superiore dignità. 

Se posso abbandonarmi per un attimo al gusto del paradosso, alla tentazione di una provocazione, vorrei dire che uno scrittore siciliano, e s’intende siciliano per sangue, cultura, dolore, sofferenza, speranza e morte, uno scrittore siciliano sarà pure ad un certo punto scrittore italiano, nella prospettiva di una dimensione nazionale della vicenda storica, ma rimane pur sempre scrittore siciliano, perché le stimmate sofferte della sua condizione esistenziale di partenza difficilmente si cancellano. 

Il che non significa, si badi bene, che la catalogazione di uno scrittore nato in Sicilia nella dimensione della letteratura italiana sia da respingere o da mettere almeno in discussione: quello che qui si vuol dire è che si ha voglia di essere letterariamente italiani, ma si rimane comunque e sempre, almeno letterariamente, siciliani. 

C’è da fare ancora qualche considerazione, doverosa per uno come me che la cultura la vive, la sente, e, se mi è consentito dirlo, la soffre nella prospettiva della dimensione anche scolastica del problema, sulla collocazione appunto didattica di un discorso culturale del genere. 

Intanto comincerei con l’osservare che non è fuor di luogo, anche indipendentemente dalla mia esperienza ministeriale, preoccuparsi del rapporto che fra una produzione editoriale del tipo e del genere di quella che stiamo qui presentando, e l’attività didattica, deve esistere. 

Voglio dire che un testo di storia letteraria, quale che sia l’articolazione delle finalità e degli obiettivi immediati per i quali esso viene proposto, vuoi nell’ottica creati va dell’ Au tore, vuoi nell’ ottica disseminativa dell’editore, non può mai essere considerato privo di ricadute in senso didattico, perché, anche se esso non fosse immaginabile in quanto suscettibile di specifico impegno nel contesto dell’attività didattica quotidiana, esso concederà comunque alla formazione dei docenti e determinerà comunque, a breve o a medio termine, ricadute formative sugli studenti, ai quali auspicabilmente i docenti si presentano sempre più preparati, sempre più aggiornati. 

Io sono convinto che il discorso della letteratura regionale abbia una valenza di forte incidenza formativa, in quanto consente di cogliere – con particolare immediatezza – i nessi che caratterizzano la trama dei rapporti tra prodotto letterario e condizione ambientale nella quale la vicenda umana dell’autore si svolge. 

E non è certamente da temere che un’attenzione regionalistica alla problematica 

letteraria possa scadere in forme di settorialismi demotivanti o assumere aspetti di separatismo culturale altrettanto preoccupanti. In realtà l’attenzione alla dimensione regionale, se opportunamente adoperata come premessa per comprendere in che modo quella produzione regionale si scomponga e si sciolga nella superiore unità culturale della letteratura nazionale, servirà a determinare visioni unitarie nel senso più autentico della parola, cementate dalla chiara conoscenza di nessi e rapporti di fondo, non costruita su surrettizi accostamenti ed accorpamenti fra realtà che sono diverse e che non hanno da temere dalla loro diversità, che ne costituisce l’elemento caratterizzante nell’ambito di una superiore unità garantita dal carattere genetico nazionale. 

E vorrei anche dire che non si deve ritenere che un siffatto processo autenticamente formativo si metta in movimento soltanto o in particolare per gli studenti appartenenti alla regione alla quale la trattazione storico-letteraria si riferisce: è chiaro che, anzi, la penetrazione dei complessi fenomeni locali sarà ricca e articolata anche per chi dalla specifica realtà territoriale è lontano fisicamente. 

Ben venga dunque questa Storia della letteratura siciliana di Salvatore Vecchio, una storia costruita con competenza e passione, una storia nella quale la fondatezza dei procedimenti critici attraverso i quali essa è stata articolata egregiamente si coniuga con la ricchezza dei materiali e dei documenti attraverso i quali essa si snoda. 

Non mi pare questa la sede per analizzare la struttura compositiva di una storia della letteratura siciliana, ma mi pare indispensabile almeno sottolineare alcune caratteristiche che mi appaiono particolarmente felici di questa struttura. 

Mi riferisco alla ricca ed articolata presenza dei documenti letterari diretti: in un’epoca nella quale acquista sempre più spazio e merita sempre più attenzione una didattica testuale, non avrebbe senso una trattazione di storia letteraria che si rifugiasse soltanto nella prospettiva indiretta della notizia, pur seria, complessa, puntuale, documentata, senza svilupparsi con rigore di puntigliosa ricostruzione dall’interno, intorno ai testi che della storia letteraria sono sangue e linfa vitale. 

E mi riferisco anche alla presentazione comunque sempre puntuale, specifica, rigorosa delle opere che, anche quando, per ovvie ragioni di equilibrio dell’opera, i testi non possono essere presenti al di là di un certo spazio, sono comunque illustrate ampiamente, con ricchezza di particolari e puntualità di informazione complessiva. 

Forse potremmo apporre come ideale e simbolico messaggio di sintetica presentazione di questa opera i versi di Omero, che anche in essa si leggono, quei versi nei quali si parla della Sicilia. 

Forse potremmo dire che nelle pagine di questa storia letteraria incontro ti verranno le belle spiagge della Trinacria isola, dove pasce il gregge del Sol… 

Ai lettori fortunati che in queste pagine riusciranno a ritrovare gli itinerari ideali di un percorso fra gli uomini ai quali la terra di Sicilia diede i natali e che alla terra di Sicilia restituirono grati tributi di alta poesia, l’augurio affettuoso di buon viaggio da parte di chi, come me, il viaggio l’ha fatto tante volte, in termini di amore, in termini di nostalgia, in termini di speranza. 

Romano Cammarata

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pagg. 6-9.

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Di Romano Cammarata 10 Articoli
Romano Cammarata nacque nel 1929 ad Arbus, in Sardegna, dove il padre di Bivona (Ag) era andato ad insegnare. Ritornata la famigliola in Sicilia, Romano compì gli studi a Bivona e si iscrisse in giurisprudenza a Palermo, dove si laureò nel 1952. Un concorso pubblico lo portò poco dopo a Roma come dirigente del Ministero della Pubblica Istruzione. Poi, dal 1984 fu direttore della sezione classica fino al marzo del 1996. Conobbe il prestigio, ma anche il dolore che testimoniò nei tanti rami balzati e in un libro di largo successo: Dal buio della notte (1983), a cui seguirono Per dare colore al tempo (1985) e Oh, violenza, mia cara (1986). Non mancarono i riconoscimenti: nel 1984 ebbe il Premio Scala per la narrativa e nel 1992 il Premio Pannunzio "Una vita per la cultura". Come direttore ministeriale, seguì con molta attenzione e in prima persona la vita della scuola e i giovani, che tanto incoraggiò, dando loro fiducia e rispetto. Se ne andò per sempre dopo una breve degenza in ospedale, proprio nella mattinata del 21 agosto del 1996, quando avrebbe dovuto far ritorno a casa, venendo a mancare ai suoi e a quanti gli volevano bene. Ha pubblicato in "Spiragli": - Ai giovani studenti di Sicilia - Editi e inediti - Per una storia della letteratura siciliana

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