G. Bella, Congiure celesti, Catania, Prova d’Autore, 1991, pagg. 225. 

Presentando i dieci racconti che formano Congiure celesti di Giuseppe Bella, S. Lanuzza dice dell’affinità dell’autore d’esordio con i padri fondatori della letteratura del “realismo magico”: Gogol, Landolfi e Bulgakov. Forse si potrebbe anche dire che gioca l’immaginario kafkiano delle metamorfosi, se è vero che il corpo delle ombre, degli indizi, delle ipotesi. delle intuizioni, delle interpretazioni ‘congetturali’ del de-lirio dei vari personaggi prendono forma e configurazione secondo i termini di una “congiura celeste” che fonde sogno e realtà, enigmi e paradigmi, conscio e inconscio, razionale e irrazionale e attraversa sia i soggetti che la loro soggettività. Questo cum-iurare celeste, quindi strutturalmente e metafisicamente dato, poi, sine nomine e polimorfo, quanto permanentemente soglia, si versa come in un ‘bricco’ -i vari protagonisti-, che così si vedono e si dicono come un ça parle lacaniano. 

G. Bella, insomma, conosce l’arte e il mestiere di scrivere letteratura. In realtà, già fin dal titolo -Congiure celesti-, che categorizza i vari racconti, il sintagma stesso è una spia più che indicativa. Un macrosistema complesso che interagisce con chiusure e aperture permanenti con altri sottosistemi -i vari racconti-, altrettanto complessi ma autonomi, dove l’inventio, la dispositio e l’elocutio di volta in volta tracciano un itinerario seducente quanto logico, ineccepibile e unico ma sempre differenziato sul piano dell’intreccio narrativo e del tempo che miscela attività reale e onirica, eventi e congetture. E se facessimo incontrare i personaggi di Bella e le loro vicende con il poeta-fingitore di Pessoa e il poeta viandante di Machado? 

Antonino Contiliano

Da “Spiragli”, anno VII, n.1, 1995, pag. 62.

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