Conoscevamo Mario Tornello come pittore e poeta, ma, a considerare questo nuovo libro, la sua versatilità di artista va ben oltre. Il signor Piazza ed altri racconti ci dà la prova tangibile di uno scrittore che è sulla via giusta da seguire per ottenere risultati ancora migliori. Certo, in mezzo alla babele in cui ci troviamo in fatto di produzione libraria (e non solo in questa), dobbiamo dire che Tornello ci ha regalato un libro di buona fattura, e sarebbe riuscito meglio nel suo intento se avesse evitato alcuni ritorni di vocabolo che, a lungo andare, stonano e rompano l’armonia della pagina.
Il signor Piazza è il racconto più corposo che dà il titolo al libro. È una patetica figura di uomo che, però, nasconde una forte personalità. Artigiano nato, creatore di statue religiose in un momento di crisi dell’attività che fino ad allora si erano tramandata da padre a figlio, Piazza abbandona tutto e tutti e va, da clandestino, Oltremare in cerca di fortuna. Non vuole altro che uscire dallo stato di solitudine, dare una svolta alla vita che niente sembra prospettargli e vincere la malinconia delle giornate asfittiche e sempre uguali.
Il lettore si renderà bene conto che non è la ricchezza la molla che spinge .il professore., come viene chiamato dalla gente il protagonista, bensì la mancanza di un affetto sicuro, di un amore che gli spazzi via la solitudine che si porta dentro. Teresa, ex meretrice sua compagna, niente dice all’uomo che scompare senza alcun commiato. E quando, malgrado i soldi e la posizione che s’era fatta, gli verrà meno Elisabeth, la donna per cui era sembrato rinascere, il signor Piazza non saprà più reagire; .si senti improvvisamente estraneo in quella terra, come calatovi da una mano misteriosa. Ebbe più grave il complesso del clandestino e percepì la sua estraneità in quel luogo. (pag. 37).
Apparentemente il protagonista subisce, ma – dicevamo – c’è in lui una personalità complessa, anche se spesso repressa, pronta, però, a venir fuori e ad imporsi, esplodendo ogni qualvolta vede calpestata la sua dignità: reagirà, volendo punire quell’America che gli si è mostrata ingrata, e ucciderà don Salvatore Aquino per vendicare, più che ogni altra offesa, l’oltraggio all’onore. Questo omicidio, vero che lo riscatterà agli occhi della gente, ma lo farà chiudere col mondo. quel mondo a cui aveva tante volte teso le mani, a costo di abbandonare il quartiere dove era nato, la .Vuccirìa». e i volti amici. e volutamente finirà i suoi giorni da barbone, ai margini della città che sempre aveva portato dentro di sé, specie durante il soggiorno americano. È il suo, un gesto di rigetto, un ribellarsi al destino che risolutamente si era accanito contro di lui.
Bella è la descrizione iniziale e indicativi sono i tratti descrittivi che fanno da sottofondo alla figura tormentata di quest’uomo.
Gli altri racconti (La trappola, Salvatore, carissimo cane, Il paese dell’anima, Kusna, il nano) sviluppano temi che ad una prima impressione potrebbero sembrare a se stanti, ma che poi, riflettendoci bene, tutti sono riconducibili all’uomo, visto nelle varie sfaccettature e con i suoi problemi.
Sempre curata è l’affabulazione. E Tornello non si perde in lungaggini, anzi, gli bastano poche battute per presentarci una situazione o uno stato d·animo. Le frasi sono come piccole pennellate, sicure e incisive. Il pittore dà una mano allo scrittore. e la prosa è piacevole. con punte squisitamente letterarie.
“Il paesaggio va imbiancandosi; la neve caduta durante la notte ha disteso i suoi bianchi lenzuoli ed il silenzio antico è stracciato da un’auto rabbiosa che sale in direzione di un villaggio dove è attesa” (pag. 56).
È un passo della Trappola che a tendere, stavolta, è la natura, volendo punire certi uomini per la loro malvagità. La fuga in montagna, dopo una rapina e un conflitto a fuoco da cui uscirà fuori un morto, si rivelerà inutile a causa della neve e di una bufera che costringeranno i due banditi a trovare rifugio dove rimarranno intrappolati e stretti da una morsa di freddo e di ghiaccio.
In Salvatore, carissimo cane c’è, invece, tutta la generosità e la fedeltà dell’animale, non sempre ripagate, come in questo caso, dall’uomo che al momento opportuno fa di tutto per liberarsene. Il cane è il vero personàggio del racconto, Salvatore. per aver salvato il figlio del vecchio zio Filippo, ed ora, incurante del male subito, gli riporta la giacca che aveva dimenticato.
Kusna, il nano ripropone l’antica sempre nuova aspirazione dell’uomo a volare. Kusna, quasi per un dono di natura che, a sua volta, lo aveva fatto nano e brutto, vola sfiorando le nuvole e il mare, godendo l’ebbrezza dello stare in alto, al di sopra pure della malvagità degli uomini, i quali mai si erano interessati a lui se non in quella occasione, rosi dall’invidia e desiderosi di emularlo. Ma la bontà è negli animi sensibili.
“Kusna compì una larga virata verso la costa, ormai illuminato nella mente dall’amore immenso per i suoi bimbi cui si legava ogni giorno di più. Non avrebbe potuto rinunciarvi, sarebbe stato come spezzare l’unico filo …” (pag. 114).
Questi racconti – dicevamo – sono tutti legati tra loro dal filo sottile che porta alla nostra misera umanità. Ed è quanto di più vero e di più nobile l’Autore ci possa dire, quasi a conforto e ad indicarci che, in fondo, sta a noi condurre il mondo verso una vita migliore, e che ci vuol poco per rendere felice chi sta peggio di noi. Tornello dice questo più col cuore che con le parole, perché non ha tanta fiducia negli uomini. Piuttosto preferisce rivolgere la sua attenzione alle piccole creature indifese, o guardare indietro nel tempo e ritrovarsi bambino. Come nel Paese dell’anima, dove con soffusa nostalgia va alla ricerca delle proprie origini che, poi, sono le nostre.
È per questo che il libro non solo è interessante, ma è utile, perché scava, come gli acquazzoni, sui nostri io frastornati dalle tante sollecitazioni quotidiane, e ridimensiona, facendoci scoprire una sensibilità che sembra appartenga ormai ad altri tempi.
Da “Spiragli”, anno III, n.3, 1991, pagg. 73-75.