DOVE NON PASSA L’UOMO 

Per una poesia malinconica di Ungaretti 

Dove non passa [‘uomo, la natura … 

ride, ride anche il sole … 

cantano in coro i Verdi … 

Essi non sanno 

che l’uomo non distrugge: 

sta aiutando 

madre-natura, 

il cui fine è la vita, 

e ne compensa 

il destino di morte generando 

altre vite (è sua legge), 

non l’individuo solo, ma la specie 

(la pianta o l’animale come l’uomo, 

tutti u-gu-a-li). 

I Verdi non lo sanno 

che io e i miei fratelli 

siamo riusciti ad arrivare a Dio 

creatore. 

Così 

non credo all’erba lieta del poeta 

dove non passa l’uomo ... 

Lì dove l’uomo non ha messo piede 

il sole 

ha riarso la terra e gli uragani 

l’hanno sommersa. 

Invece, il più caìno 

degli uomini non ha mai calpestato 

i prati, se ce n’è, dei cimiteri … 

Da sola, la natura sopravvive 

a stento 

o dà in escandescenze 

o si desola. 

Forse per questo fu creato l’uomo: 

è la mano dell’uomo che lavora 

ad arte e crea vita, come vuole 

Iddio. 

Vivian Emmer 

(Trad. di Renzo Mazzone)




 DELLA NATURA… 

Fèrmati ad auscultare le segrete 
vibrazioni dei muri 
edificati 
che nel chiuso silenzio della notte 
crescono senza gridi 
o gesti tragici 
ma lentamente avanzano nei vuoti 
e rimuovono il fiore circospetto 
degli alberi e dei prati. 
Ora osserva quel tanto di ricchezza 
che ci rimane ai margini del mondo, 
osserva questo cielo 
di piombo 
che smuove la natura 
e la rifiuta, 
porgi l’orecchio ai muri risoluti 
che s’ergono diritti nella loro 
urgente precisione, 
guarda semplicemente all ‘ esistenza 
e troverai tracciato ogni cammino. 
Disfatti troverai tutti i rifugi 
e diluite tutte le certezze, 
per la paura non avrai parole 
né il verbo che vagheggia la bellezza 
e tuttavia la fredda concretezza 
vuoI essere assoluta ingegneria 
che l’insaziata umanità si inventa 
per perforare i tetti del pianeta. 
Come fossero tante baionette 
le costruzioni acuminate e uguali 
non saziano l’ascesi 
in sé crudele, 
immensità di pietre successive … 
La conclusione 
dei cicli predatori 
verrà allora insieme alle prescritte 
pagine di ispirate profezie 
perché sul nulla resterà a vagare 
il mondo. 

Denize Emmer 

da «Literatura Brasileira» n. 7

Da “Spiragli”, anno XVIII, n.1, 2006, pag. 36.




 IL PROFESSORE 

Disserta il professore 
su un difficile punto del programma, 
e un alunno dorme 
stanco delle stanchezze della vita. 
Lo scuote il professore? 
Lo va a rimproverare? 
Anzi, abbassa la voce 
temendo di svegliarlo. 
Carlos Drummond de Andrade 

(Trad. di Renzo Mazzone) 

(da Mosaico de Manuel Bandeira. Poemas de Carlos Dmmmond de Andrade, a cura di l(jlio Castaiion Guimaràes, Ediçòes Alumbramento – Instituto Nacional do Livro, Rio de laneiro, 1986)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 49.




 CON MACHADO DE ASSIS 

Sul tram per Cosme-Velho il ragazzino 
e lo stregone 
parlano di Cam6es 
e l’isola incantata degli Amori. 
La poesia è un lusso 
che si veste, con gusto, di rumori 
confusi. 

Carlos Drummond de Andrade 

(Trad. di Renzo Mazzone) 

(da Mosaico de Manuel Bandeira. Poemas de Carlos Dmmmond de Andrade, a cura di l(jlio Castaiion Guimaràes, Ediçòes Alumbramento – Instituto Nacional do Livro, Rio de laneiro, 1986)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 49.




Antologia

 ANTOLOGIA 

Per fortuna c’è l’alcool nella vita, 
chi s’ubbriaca e chi va per la coca. 
Io 
bevo solo allegria … 
Dissimulata è la mia tenerezza 
dai miei denti sporgenti. 
lo ho tutti i motivi meno uno 
d’essere triste. 
E sono stanco di lirismo puro. 
E forse è bene perdere la testa 
per una donna brutta … 
Pura o macchiata d’infima bassezza 
voglio per me la stella del mattino. 
Sempre i corpi s’intendono 
non l’anime. 
Benedetta la morte ch’è la fine 
d’ogni miracolo! 

Carlos Drummond de Andrade 

(Trad. di Renzo Mazzone) 

(da Mosaico de Manuel Bandeira. Poemas de Carlos Dmmmond de Andrade, a cura di l(jlio Castaiion Guimaràes, Ediçòes Alumbramento – Instituto Nacional do Livro, Rio de laneiro, 1986)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 49.




Il Matrimonio di d’Annunzio

Da “Spiragli”, anno XXII, n.2, 2010, pagg. 49-50.




 LUCE NELLA STRADA 

Divideremo il pane 
e berremo la luce in gocce chiare. 
Tracciando solchi 
semineremo questa terra a grano 
che nel tempo di mezzo sarà in spighe. 
Prima viene la terra, 
la vita. il pane caldo del mattino. 
Vengono poi i fiumi 
ad aprire le loro vene d’acqua, 
e a cingere gli spazi e a fecondare 
di rugiada le superfici grige. 
E dall’ humus dorato 
germoglieranno vigne inaspettate. 
Nell’ora insonne 
lampade accenderemo nella strada 
per aprire la notte ai nostri occhi. 
Entriamo infine tutti in questa casa: 
sulla tovaglia stesa della mensa 
divideremo il pane a noi dovuto 
e berremo la luce in gocce chiare. 

Antonieta Dias de Moraes 

(da «Literatura Brasileira») 

(Trad. di Renzo Mazzone)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pag. 51.




 Una lirica liturgica bizantina. A San Marciano 

di Gregorio di Siracusa 

Gregorio di Siracusa (vissuto nella seconda metà del secolo VII), di cui non abbiamo altre notizie, è autore di tre «contàci» (preghiere ritmate accompagnate da musica, che erano alla base della liturgia bizantina), tutti incompleti, perché si fermano alla terza strofa, scritti in onore di san Marciano, di san Niceta martire e di san Luca evangelista. 

Nel canto per san Marciano (tradotto dal greco da Oreste Carbonera, gentilmente approntato per «Spiragli»), si fa cenno alla Sicilia, patria di Gregorio. Dopo una premessa, in cui sono esaltate le figure di Gesù, «sole di giustizia», di Pietro, «fulgida roccia», e di Marciano, «raggio profetico», inviato a predicare la parola di Dio, «vera conoscenza», e ad aprire alla fede gli uomini, l’encomiaste invoca il Santo, perché lo faccia avanzare nella conoscenza, per rendersi degno e potersi avvicinare a Dio, e insieme con lui le genti affidategli e la Sicilia, perché prosperino e crescano nella fede. 

È una preghiera entrata a far parte della liturgia bizantina, segno di una grande spiritualità, propria di quell’epoca,in cui le eresie e il paganesimo ritornante, mettendo a dura prova i credenti, ne corroboravano la fede e inculcavano loro una forte vitalità. 

Salvatore Vecchio 

La fulgida roccia, il principe supremo 
degli apostoli, 
dalle terre d’Oriente 
te, come più splendida stella 
di Cristo nostro Dio sole di giustizia, 
agli uomini d’ Occidente 
inviò come raggio profetico 
per illuminare i loro pensieri 
indirizzandoli alla conoscenza divina; 
e per mezzo di tali pii propositi 
da te inculcati, 
confermandolo nella retta fede, 
tu tempri e riscaldi il tuo gregge, 
o santissimo Marciano, 
svolgendo assiduamente le tue funzioni 
di intermediario a favore di tutti noi. 
Tu che hai acquisito l’arcana sapienza, 
tu che tutti hai sopravanzato 
nel protenderti 
verso il destino ultimo dell’ anima, 
o venerabile e santo Marciano, sii ora mediatore di grazia 
nell’infondermi la conoscenza 
del verbo divino, 
nel far risuonare il tuo nome, o padre, 
davanti alla santa Trinità,
al cui cospetto ti sei elevato e accostato, 
nel liberarmi da tutte le passioni corporee 
e dai legami materiali, nel farmi tornare, 
allontanandomi dall’apatica 
indifferenza, 
al cammino che conduce verso Dio, 
nel quale tu sei stato stimato degno 
di precederci, 
svolgendo assiduamente le tue funzioni 
di intermediario a favore di tutti noi. 
Tu che detieni il bastone del comando, 
che hai fatto tua la croce del Signore, 
sei stato scelto come guida 
e compagno di viaggio 
per i suoi seguaci: infatti il nostro benefattore, inchiodato 
alla croce, 
risvegliatosi dal sepolcro e sconfitta 
la morte, 
come investito ormai di pieni poteri 
sul mondo ha mandato i suoi discepoli 
a battezzare tutte le genti 
nel nome del Padre, del figlio 
e dello Spirito Santo: 
dalle quali potenze celesti 
anche tu inviato 
come battezzatore dei popoli 
hai accumulato ingenti ricchezze 
spirituali 
svolgendo assiduamente le tue funzioni 
di intermediario a favore di tutti noi. 
Queste parole Pietro udì dal Signore: 
«Se mi sei sinceramente devoto e mi ami ardentemente, 
pascola le mie greggi, impartisci loro insegnamenti, 
facendo sì che maturino e procedano 
dall’ ignoranza alla conoscenza 
della santa Trinità.» 
Da quella stessa fonte tu, avendo ricevuto il mandato divino, 
lo adempisti zelantemente, 
come si addice a un capo e a un iniziato;
e a te è stata affidata quest’isola di noi Siciliani, 
e tu hai ricevuto e accettato 
quest’eredità, o lume di sapienza, 
svolgendo assiduamemente 
le tue funzioni 
di intermediario a favore di tutti noi. 

Gregorio Di Siracusa.

(Trad. di O. Carbonero)

Da “Spiragli”, anno XX n.1, 2008, pagg. 46-55.

 




L’ultima Parola

Salvatore Di Marco ( Trad. stesso autore)

Da “Spiragli”, anno XXII, n.2, 2010, pag. 56.




 IL QUARTIERE 

Quasi pentito di esistere, 
il vecchio quartiere 
grida, stracci, vento 
respira 
e vagabonda senza peso 
sin dal mattino. 
Tenero e saggio i] vecchio, 
un rondone al raggio di sole. 
Sull’ uscio morsi di cielo 
ed erba chiudono la soglia. 
Tardi arriva i] politico, 
in fretta, indaffarato. 
I fedelissimi attorno. 
Subito pronto i] fotografo. 
Accanto un bambino 
in posa: nuovo spirito pervade, 
Egli parla per tutti e tutto dice 
a tutti: sugli errori del passato 
sulle speranze del futuro. 
A sera grande pausa per tutti. 
Il deserto sui petali del politico 
fiorirà ricco di frutti. 
Sulla soglia di casa sonnecchia, 
ormai vecchio Mosè. 
Il bianco profumo del gelsomino 
al giorno che muore 
s’attacca, confusa preghiera. 
Una morte rovesciata 
il pane della miseria. 
Godono in tumulto i passeri 
con l’ultima luce 
incorniciata nelle strade. 
Parole già sfatte 
appassiscono 
su angoli di memorie. 
Fuori, la notte 
scivola chiusa in se stessa: 
non fa rumore. 
Delle illusioni 
ciò che resta muore sul cuscino.

Carmelo De Petro

Da “Spiragli”, anno XX n.2, 2008, pag. 49.