L’intrattenimento del gioco 

L’intrattenimento del gioco 
 
È fresco di stampa il libro Game show, logica e mercato del ricercatore siciliano Walter Ingrassia, che analizza i giochi televisivi, partendo dall’ipotesi che essi «- così come le altre forme d’intrattenimento – siano retti da una logica frattale per cui l’articolazione generale del prodotto si ripete in maniera identica e a diversi livelli di profondità all’interno di ciascuno dei sintagmi che la compongono». 

Pubblicato da Scripta Web di Napoli nel 2009, il libro è frutto di una ricerca che si rivela doppiamente utile, perché fornisce agli addetti ai lavori un quadro di esplorazione dettagliato e ai fruitori, invece, partecipa tutto ciò che sta dietro ai game show, comprese le leggi di mercato che tutto condizionano. È articolato in tre parti ed è corredato da un’ “Appendice”, relativa alla programmazione dei game show, con un quadro di dati della televisione italiana che interessano tutto il decennio 1998-2008. 

Il game show, nella prima sezione, è presentato nelle sue componenti e nelle sue classificazioni. È analizzato, ed è un aspetto portante del lavoro che l’Autore ha svolto, il “saper giocare”, alla cui base è il «tipo di abilità e le competenze che ciascun concorrente deve necessariamente mettere in atto per determinare la situazione ludica», ed è tenuta in considerazione la voce “competenza”, pervenendo, attraverso Eco e Greimas, e tenendo presenti Chomsky, von Neumann e Morgestern, al rapporto esistente tra la competenza, o le competenze, e la performanza. «La manipolazione del destinante – scrive l’Autore – consiste in una performanza cognitiva che modifica la competenza del soggetto operatore. Questi, dopo aver aderito ai valori proposti dal destinante ed aver virtualizzato il proprio programma narrativo, comincia a considerare l’ipotesi di compiere l’azione e per questo motivo si dota di un saper fare e di un poter fare necessari per agire». L’obiettivo è creare un tessuto narrativo che, da un lato, deve garantire la buona riuscita del gioco, dall’altro, soddisfare lo scopo che è quello di coinvolgere un maggior numero possibile di telespettatori. 

La seconda sezione affronta il format del gioco, su cui Ingrassia, partendo dalla valenza di significato che la voce acquista, si sofferma per dare un quadro d’insieme dei mutamenti fatti dagli anni Ottanta in poi, quando la fascia dei consumatori, e con essa anche quella oraria, si era allargata ad un pubblico più vasto. Il format diventa, così uno schema, più che un programma, o un contenitore entro cui trova spazio il contenuto, suscettibile di variazioni e adattabile, secondo le esigenze culturali dei vari Paesi, anche tenendo conto delle leggi di mercato che ora hanno a che fare con la globalizzazione. Più che mai, gli autori di format devono tener conto sempre della soglia di audizione, che deve essere alta, perché è con la pubblicità che le aziende televisive fanno grossi affari. In sostanza, pur investendo poco, interessa loro arrivare ad un pubblico abbastanza vasto per garantirsi un considerevole guadagno. 

La logica del game show è l’argomento della terza sezione. L’Autore prende il via da Aristotele, secondo cui una creazione poetica è un fare che si traduce sempre in un’imitazione, nel senso di ri-creazione di un qualcosa, e sostiene che «ogni testo, sia esso una puntata di un game show o di una fiction, si organizzerà intorno all’intreccio delle azioni dei concorrenti personaggi i cui caratteri, pensieri ed interiorità si costruiscono a partire dal loro ruolo narrativo all’interno del racconto ed hanno senso solo in rapporto ad esso». 

Le regole che costituiscono la logica del game show ruotano tutte sull’azione; è una logica rigida, all’interno della quale si muovono le varie sequenze che portano alla realizzazione del gioco, il quale, a sua volta, ubbidisce alle esigenze di intrattenimento degli spettatori. 

Game show, logica e mercato è un libro che suscita interesse, perché apre ai meccanismi che regolano questi giochi, presenti anche in ore preserali, e spiega cosa c’è dietro a tutta la loro proliferazione e come, alla fine, tutto si gioca sul fruitore. I nuovi mezzi tecnici, di cui si serve la comunicazione di massa per trasmettere i suoi messaggi, producono queste merci che, al pari delle altre, sono pronte per essere comprate e consumate. 

Ugo Carruba 

Da “Spiragli”, anno XXII, n.1, 2010, pagg. 56-57.




V. Segalen, Gauguin nel suo ultimo scenario, Bollati-Boringhieri, Torino, 1990, pagg. 139.

Quando Segalen, medico, arriva alle isole Marchesi, il grande pittore era già morto. Da qui ha inizio il libro, da questo incontro che non c’è stato, per crearselo nella fantasia con brevi scritti, annotazioni e dialoghi, nei luoghi che videro Gauguin negli ultimi tempi della sua vita. 

Questi luoghi offrono all’autore lo spunto per portare avanti un dialogo, sempre conciso, da visionario (.Pensieri pagani», .La marcia del fuoco»), quasi smorzato, che contribuirà molto al consolidarsi della prosa novecentesca. 

Ugo Carruba 

Da “Spiragli”, anno II, n.4, 1990, pag. 55




Scuola e riforma (a cura di L. Nicastro), voll. 3, Caltanissetta, Terzo Millennio Ed., 2004. 

Per la collana “Scuola del Terzo Millennio” è stata pubblicata una trilogia (Scuola dell’infanzia e Riforma; Scuola primaria e riforma; Scuola secondaria di I grado e Riforma) che vuole essere strumento valido di conoscenza nel momento particolare segnato dall’ entrata in vigore della riforma. 

I tre volumi, oltre a presentare la specifica normativa della scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di I grado, sono corredati di un commento che ne agevola molto la comprensione e chiarisce aspetti che tuttora sono oggetto di contestazione (la figura del Tutor, ad es.) da parte di chi nella scuola, e in sintonia con la riforma, deve operare. 

È una pubblicazione indispensabile per gli operatori scolastici, i docenti, le amministrazioni e quanti vogliono documentarsi sul cambiamento in atto nella scuola per conoscerla e per seguire, ognuno nel ruolo che riveste, il processo educativo e formativo degli alunni. 

Ugo Carruba




SALVATORE ZARCONE, LA COSCIENZA MALATA (GIUSEPPE ANTONIO BORGESE), PALERMO, ANNALI DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DDELL’UNIVERSITÀ, 1985, PAGG. 221.

Questo saggio critico contribuisce notevolmente a far meglio conoscere la figura e l’opera di Giuseppe Antonio Borgese, che tanto rilievo ebbe nel suo tempo. Ma non solo. Zarcone gli riconosce il merito di avere enormemente contribuito a svecchiare la cultura italiana, aprendola all’Europa e al mondo. 

Salvatore Zarcone si rivela un abile indagatore, riuscendo a cogliere nel segno lo scrittore, il suo spessore e l’incidenza che tuttora ha nella cultura e nella letteratura dei nostri giorni. 

Per fare questo, il critico passa in rassegna la grande mole di scritti di Borgese (e su Borgese), e vi si sofferma per costruire tutto il mosaico di idee che furono del Polizzano, a partire dalle prime opere, fino alle Poesie, ai romanzi e ai drammi. Unico filo conduttore: la “costruzione” dell’Uomo. 

Il libro, La coscienza malata (Giuseppe Antonio Borgese), suddiviso in tre parti (1.- Borgese e la “crisi” primonovecentesca; II- Tra sradicamento e sperimentazione: le “Poesie”; III.L’Ottocento “edificante”), ripercorre le tappe del viaggio umano e artistico di Borgese, tappe ricostruite con competenza ed acume critico che, vuoi o no, rimandano il lettore a leggere ed apprezzare l’opera di questo siciliano che seppe imporsi con la sua presenza variegata e aperta alla modernità. 

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno XIV, n.1, 1999 – 2002, pag. 61.




P. Russo, Siculospirina (45 compresse di purissimo siciliano), Palermo, Flaccovio, 2010.

 Lingua, altro che dialetto!

Libri come questo dovrebbero essercene tanti, persino incentivati e voluti dalla Regione Sicilia che dovrebbe tutelare il siciliano come lingua del popolo e, ancora, attivarsi perché sia insegnato alle giovani generazioni e usato, ricorrendo ad ogni mezzo, anche legislativo, pur di raggiungere questo l’obiettivo. Ma la Sicilia non ha trovato l’uomo che faccia attuare lo Statuto e continua ad avere un’autonomia che non ha niente a che vedere con quella auspicata dai padri propugnatori!

Ritornando al libro, Russo esamina alcuni vocaboli (Accùra, canzìati, mòviti, ammuccàri, spirtìri, ecc.) e fa notare l’equivoco di cui sono carichi o il significato pregnante che difficilmente troviamo in un’altra lingua. Il tutto tra il serio e il faceto, con una scrittura che coinvolge e spinge alla lettura. Parafrasando il sottotitolo, il libro è composto di 45 vocaboli, presi in esame così come si prendono le compresse che sono sempre prescritte in dosi, senza l’assillo di ingoiarle col pericolo di procurarsi il male.

Il “medico” Pippo Russo prescrive una lettura che aiuta ad assaporare la ricchezza, la complessità ma anche la bellezza e, quindi, la dolcezza di questo linguaggio che, prendendo come l’ape da fiori che si sono radicati (tanti quante le culture e le dominazioni) nel corso dei millenni in terra di Sicilia, dice più di quanto non si parli.

L’ultima delle otto sezioni del libro è dedicata alle osservazioni-riflessioni che noi, tenendo conto dell’incipit di questa scheda, inviamo ai deputati regionali e ai detentori del potere perché possano intervenire a tutela del patrimonio linguistico-culturale che è traccia delle nostre migliori tradizioni e invidiabile vestigia dell’antichità.

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno XXII, n.2, 2010, pag. 63.




P. Marrone, Mafia (Guida bibliografica), Trapani, Cartigraf, 1993, pagg. 101.

 Il prof. Paolo Marrone, attento osservatore delle realtà sociali, con questo libro ha voluto mettere a disposizione degli studiosi del fenomeno “mafia” uno strumento indispensabile che, se offre una panoramica di quanto si è scritto sul tema fino al 1993, aiuta nella ricerca, avendo selezionato ben 1750 pubblicazioni, suddivise in: Repertori bibliografici, Inchieste e Atti parlamentari, Opere generali sulla Sicilia, Questione meridionale, Articoli di riviste e periodici, Saggi e opuscoli, Narrativa, poesia, teatro e varia. 

L’Autore nell’introduzione tiene a sottolineare che l’opera non ha altro interesse se non di essere di ausilio a quanti si accingono a studiare l’argomento, qualsiasi sia l’aspetto che si vuole approfondire. Qui sta, secondo noi, l’importanza del libro che, in modo agile e sistematico, offre .un bilancio il più completo possibile dei risultati cui oggi sono pervenuti la pubblicistica e la storiografia sulla mafia, anche attraverso l’indicazione di opere che non sembra abbiano legami diretti con l’argomento in questione, ma la cui conoscenza può indubbiamente facilitare un approccio sempre più critico ed organico nei confronti del fenomeno della criminalità mafiosa-. 

Maggiore merito acquista l’opera se si considera nata nell’ambito dell’istituzione scolastica, nel nostro caso, del Liceo Scientifico “P. Ruggieri” di Marsala, sensibile alle istanze della vita sociale e culturale della collettività. È un esempio di come la scuola può ancora essere al servizio della società, offrendo dei risultati che, al di là delle parole, testimoniano una operosità altamente formativa e qualificante. 

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno VII, n.1, 1995, pagg. 61-62.




P. Hoffmann, La mia Libia, Marietti, Casale Monferrato, 1990, pagg. 261.

La Libia che l’autrice descrive è quella dell’infanzia vissuta in terra africana, rimasta nella sua memoria e nel suo cuore. 

Rientrata in Italia, subito dopo la guerra, come tanti altri che laggiù lasciarono averi e lavoro, Paolo HofImann si considererà un’estranea e guarderà sempre con nostalgia la Libia, con la natura ancora incontaminata, tra palme e signore con cappelli e ombrellini, e il ricordo del padre, un romantico pieno di iniziative e ricco di avventure. 

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno II, n.4, 1990, pagg. 54-55




P. Handke, Falso movimento, Modena, Guanda, 1991, pagg. 104.

È il viaggio verso la scrittura di Wilhelm Meister, l’alter ego dello scrittore austriaco. Apparentemente Handke racconta di un viaggio (il giovane scrittore Wilhelm si aggrega ad un gruppo di quattro persone e percorre la Germania, dal Nord fino alle Alpi Bavaresi) che, poi, si rivela falso, mentre quello vero è l’andare indietro nella memoria e scavare in sé. 

Lo scrittore raggiunge la condizione necessaria allo scrivere quando alla vita di tutti i giorni abbina la vita interiore, quella che effettivamente ci appartiene di più e ci spinge ad agire come a scrivere. 

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno III, n.1, 1991, pag. 61




P. Bestetti, Le copertine del «Mondo, Milano, Rizzoli, 1991, pagg. 128.

Pietro Bestetti raccoglie in questo libro i disegni realizzati per «Il Mondo». Un’idea originale che si concretizza in un elegante volume d’arte, reso piacevole dai colori bene appropriati. 

Il libro sprigiona una soffusa bellezza: il disegno balza vivido agli occhi e tende all’essenziale. 

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno III, n.1, 1991, pag. 61




Nello Sàito, Com’è bello morire (1986), in «Ridotto», settembre-ottobre 1988, pagg. 14-31.

Nello Sàito, Premio Viareggio nel 1970 per il romanzo Dentro e fuori, è un commediografo di indubbia levatura che affronta temi sempre nuovi e interessanti.

Diciamo che è il primo autore italiano a sviluppare (La speranza, 1978, Un re, 1975, Déjeuner sur l’herbe, 1980) il tema della morte, sia perché incute paura, sia perché spesso si è presi da interessi più idonei a soddisfare le richieste del mercato.

In questa pièce, Com’è bello morire, pochi personaggi – come, del resto, negli altri lavori teatrali – appena «morti», vengono catapultati, uno per volta, nella scena che funge da anticamera del regno dell’al di là, dinanzi ad un pubblico invisibile, ma disturbati dalla «Voce» che di tanto in tanto vorrebbe loro incutere paura. Ognuno di essi si dice contento di essere morto, stanco come è di una vita di miserie, di bugie e di mascheramenti.

La morte viene vista come liberazione da ogni meschinità che attanaglia gli uomini: nessun rimpianto, nessuna nostalgia per la vita che si è rivelata malvagia e sopraffattrice. Soltanto Teresa, nonostante il suo passato libertino, vorrebbe riavere la vita che le è stata tolta. Mentre un altro grande drammaturgo contemporaneo, Ionesco, per farli ravvedere, pone i suoi personaggi dinanzi alla morte che inavvertita e inesorabile si avvicina, Nello Sàito non ha la pretesa di insegnare niente a nessuno, ma lascia ancor più disorientati, e fa riflettere, anche se siamo tutti presi da un progresso apparente e inumano.

Ugo Carruba

Da “Spiragli”, anno I, n.3, 1989, pagg. 66-67