Gentili Signore, gentili Signori, quando qualche tempo fa il mio amico Salvatore Vecchio mi rammentò che proprio in quest’anno sarebbe caduto il ventesimo anniversario della nascita della rivista “Spiragli”, di cui è stato fondatore e, a tutt’oggi, direttore, e aggiunse che avrebbe voluto dare un certo e giusto risalto all’avvenimento, gli promisi di dare, come Associazione per la tutela delle tradizioni popolari del trapanese che mi onoro di presiedere da oltre un ventennio, la mia disponibilità e quella dell’Associazione.
Siamo qui presenti per mantenere il nostro impegno ma, soprattutto, per rendere omaggio alla rivista, il cui primo numero vide la luce nel mese di gennaio del 1989.
La titolazione della rivista, appunto “Spiragli”, era già simbolo di un impegno, come a volere accendere un lumicino all’interno delle tante difficoltà che l’editoria, spesso, presenta e un cercare spazio e consistenza in mezzo all’indifferenza ed allo scetticismo che contornano iniziative del genere. A queste, spesso, si accompagna l’indifferenza se non la critica del tessuto sociale a cui la rivista cerca di proporsi.
Così nel primo numero:
“Spiragli” al di là di ogni connotazione politica, vuole essere una rivista aperta al dibattito e al confronto
delle idee. Ha carattere culturale e, volendo essere mezzo valido di conoscenza, pubblica articoli originali di
carattere letterario, artistico, scientifico, socio-economico, scolastico e concernenti problemi del nostro tempo”.
Queste le caratterizzazioni individuate dal fondatore e direttore responsabile, caratterizzazioni cui hanno
mantenuto fede, in questi quattro lustri di vita della rivista, tutti i collaboratori e che hanno fatto sì che essa mantenesse uno standard elevato di qualità.
La stessa durata testimonia che si sia colto nel segno e che, ai giorni nostri, può benissimo trovare spazio e suscitare interesse una rivista di letteratura e scienze. Sappiamo, d’altronde, le difficoltà cui si va incontro nell’assumere un impegno di tal fatta, sappiamo altrettanto bene che continuare a vedere in vita l’iniziativa fa scordare sacrifici, impegni e, a volte, frustrazioni.
La rivista nasce nel lontano 1989 proprio nell’anno in cui, nel novembre, si aprirà uno spiraglio nel processo di democratizzazione che fu la caduta del muro di Berlino ove, per la prima volta, concretamente crollarono quelle barriere che non fecero tanto onore al vecchio continente culla della civiltà.
Spiragli s’erano aperti qualche anno prima nel 1956 con i fatti d’Ungheria e di Cecoslovacchia e Polonia dopo. Spiragli quindi come attese, aspirazioni, realizzazioni di altro tipo naturalmente che sono stati alla base dell’ideazione e messa in opera della rivista cui facciamo riferimento.
Ci sono stati altri momenti in Sicilia e in questa nostra provincia in cui si è dato corpo a riviste che dessero spazio ad iniziative tendenti ad evidenziare l’esigenza di mettere assieme forze ed intelligenze e far crescere e coltivare l’amore per la letteratura e le scienze.
Ci riferiamo a quel nobile tentativo che fu l’Antigruppo degli anni Settanta cui diedero contributo autorevoli scrittori e poeti, quali Rolando Certa, Nat Scammacca, Franco Di Marco, Gianni Diecidue, Crescenzio Cane, Ignazio Apolloni, Santo Calì per citarne alcuni. Loro obiettivo era quello di dare spazio ad un’editoria, se vogliamo, d’avanguardia e scomoda che non trovava posto nell’editoria ufficiale e di moda. Il tentativo si spense piano piano, cosìcome si spengono, in questa nostra terra, quasi tutte le iniziative autonome e che non fanno comodo ai potentati locali di turno. Assume, quindi, maggiore risalto ed evidenza, in questo contesto, la rivista ”Spiragli“ che da vent’anni continua imperterrita a vivere e crescere.
C’è, mi chiedo, oggi l’esigenza di una rivista del genere e quale ruolo può essa rivestire? La risposta non può che essere positiva. “Spiragli”, infatti, oltre a soddisfare l’esigenza di ‘dire’ da parte dei redattori e di quanti vi collaborano, soddisfa quella fascia di lettori che non vuole farsi indottrinare da riviste e quotidiani litigiosi, mistificatori e, spesso, asserviti. Essa soddisfa coloro che cercano valori più duraturi tali da contribuire alla formazione e all’approfondimento di tematiche particolari da proporre come riflessioni a chi ad esse si accosta.
La rivista, sin dalla sua nascita, ci appare equilibrata nella sua composizione. Consiste di una sezione che offre informazioni sul recente e del recente: “Notizie ed Opinioni”, con un taglio non solo locale ma ampio, internazionale o, con un termine in uso ai nostri giorni, globale. Sono notizie ed opinioni che riguardano avvenimenti culturali, scientifici, artistici e di cronaca seria.
Segue “L’Argomento” dove si considerano tematiche impegnate di filosofia, di letteratura, di problematiche sociali, esistenziali, trattate dalla penna e dall’intelligenza di intellettuali di indubbio spessore culturale. Anche qui è sorprendente come, nel tempo, siano stati coinvolti eminenti studiosi, docenti universitari, uomini di cultura non solo locali ma di altri posti della terra. È il caso di Oliver Friggeri dell’Università di Malta, docente di Teoria letteraria ed autore di una Storia della Letteratura maltese; Jorge Velasquez Delgado dell’Università Autonoma Metropolitana del Messico; Helmut Koenigsberger, storico inglese di fama internazionale che ebbe rapporti di vera amicizia con lo storico siciliano Virgilio Titone, che apprezzòl’analisi storica che l’inglese fece sulla Sicilia durante il regno di Filippo II; Ángeles Arce dell’Università Complutense di Madrid, italianista; Maxime Louise Lawson, David Boyd Carrigan; Calogero Messina che scrisse le belle pagine sul rapporto tra Koenigsberger e Titone, già citato. Poi, Antonino Contiliano, Vincenzo Monforte, Oreste Carbonero, Donato Accodo, Irene Marusso, Rita Vecchio, Romano Cammarata, per citarne alcuni.
Altra sezione della rivista è dedicata all’“Arte” ed anche qui si affrontano temi e scrittori di indubbio valore, vuoi come collaboratori, vuoi come pittori recensiti. È il caso di Germana Parnykel, russa nata a Kiev e morta a Torre Pellice, artista di fama che sposa il marsalese Tommaso Giacalone Monaco ed alla quale viene offerta la possibilità di allestire una mostra nella cittàlilibetana. L’avvenimento è ricordato da uno scritto di Gaspare Li Causi nell’“Itinerario umano ed artistico di Germana Parnykel”. La rivista riporta in bianco e nero alcune tele esposte in quell’occasione.
Trova spazio con un articolo di Donato Accodo l’opera pittorica di Emilio Guaschino che “sulla scia della matrice guttusiana racchiude, nelle sue tele, storie della sua terra, con un’attenzione particolare alle tematiche vicine alla condizione del bracciantato siciliano”.
Ma, ancora, la rivista presenta le opere di Antonello da Messina, Morandi, Marcucci, Milluzzo, La Scola,
Laura Cutuli, Mario Tornello e tanti altri di rinomanza internazionale.
La poesia ha trovato sempre spazio nella rivista che ha riportato testi di autori italiani e stranieri. Questi ultimi andrebbero sistematicamente tradotti perché i lettori ne colgano i contenuti ed i valori. Ma questo già si sta facendo con i poeti di lingua portoghese e latina.
Le schede di recensione degli ultimi anni hanno presentato ai lettori un numero rilevante di testi costituendo un vero serbatoio di contenuti e di stimoli per chi alla lettura voglia approcciarsi.
Anche la veste tipografica ha subito una positiva evoluzione passando dal monocromatismo dei primi anni alla quadricromia degli ultimi.
Vorrei evidenziare, a questo punto, la copertina dei primi numeri raffigurante, a mio avviso, una strada lastricata convergente in un punto di fuga, “spiraglio” appunto, e contenente delle figure solide che, sempre a mio avviso, possono benissimo starci con i solidi propositi di chi sa di dover trattare argomenti rilevanti ed impegnativi allo stesso tempo. Le modifiche alla copertina, che hanno portato alla quadricromia, ritengo non siano state dettate da un puro fine estetico e che siano, invece, testimonianza del successo della rivista e della colorita soddisfazione che essa ha dato al suo direttore e all’intero gruppo di redazione.
Mi piace, infine, evidenziare come la rivista “Spiragli” sia rimasta fedele alle sue promesse iniziali, cioè quelle di dare spazio a tutti coloro che avessero da esprimere il proprio pensiero nella massima libertà.
Mi sia concesso, però di chiudere questo mio intervento, rivolgendo un ringraziamento ed un augurio affettuoso al mio amico Totò Vecchio, compagno di liceo e di università lui palmese di Palma di Montechiaro, io favarese di Favara, ambedue di quell’agrigentino non sempre sulle cronache per positività ma in grado di esprimere, in ogni tempo, filosofi, scrittori di talento da Empedocle a Pirandello, a Sciascia, a Russello, a Camilleri e tanti altri.
Totò Vecchio, dicevamo, che è stato della rivista “Spiragli” ideatore e, a tutt’oggi, direttore responsabile, è firmatario di articoli e saggi in ogni numero della rivista. A lui vanno i nostri ringraziamenti per tutto quello che, sin qui, abbiamo detto e per l’impegno costante profuso in tanti anni come docente, educatore e come coordinatore della rivista che comporta sacrifici e dedizione. La sua “dolce modestia” ne fa un uomo forte ed impegnato, sensibile ed attento verso i tanti problemi in generale e quelli del sociale e della letteratura in particolare.
Leggerò parte di un suo articolo apparso in “Spiragli”, Anno I, n. 4 dell’ottobre-dicembre 1989, dedicato a Jerry Essan Masslo, da cui traspare tutta quella sensibilità delicatezza e, nello stesso tempo, forza che attribuiamo a Salvatore Vecchio.
Jerry Essan Masslo fu uno dei tanti giovani provenienti dalla profonda Africa che giunto in Italia, a Villa Literno, in cerca di lavoro e riscatto, trovò invece, la morte.
«Jerry, amico mio, perdonami il lungo silenzio. Sei urtato, lo so! Dopo il fattaccio e la gran cagnara che s’è fatta, tutto sembra sia rientrato nella normalità come se niente fosse mai successo. Anzi a dir la verità i giornali se ne sono occupati per un po’ a causa della Chiesa Battista che, facendoti un suo adepto, ha denunciato l’egemonia cattolica per averti imposto quel rito funebre. Sono situazioni da cui una persona esce sconcertata: gli speculatori colgono tutte le occasioni e le fanno buone per imbastire ogni sorta di discorso che dia loro credibilità e potere, a scapito della povera gente o di chi non può difendersi. Come te, d’altronde! Cosa si aspettano, che venga fuori a dir la tua?
E sei urtato Jerry, per quello che ti hanno fatto, per come ti hanno trattato e continuano ancora a fare. È valso a qualcosa il tuo sangue innocente?
Tu che eri desideroso solo di un po’di giustizia e di tanto amore, ora proverai grande commiserazione per questa meschinità che è negli uomini; ti ripugnano le loro bassezze, così come la malvagità che tante volte ti aveva visto soffrire: le morti violente dei tuoi cari, un esilio silenziosamente vissuto, lontano dalla tua terra e dalla gente assieme a cui eri cresciuto, l’accanimento dell’dio fratricida …
Eppure, so cosa pensavi quella sera d’agosto: un mondo che ti avrebbe socialmente riscattato! E questo chiedevi: il diritto alla vita senza discriminazioni.
Disteso su una brandina sgangherata, la tua mente volava al Paese d’rigine, così vario nei colori, così diverso nella vegetazione, così ricco che, se non fosse per l’stinata apartheid, potrebbe competere a pieno titolo con i Paesi europei più industrializzati. Pensavi a ciò che ti era stato negato solo perché ti eri battuto per la parità dei diritti; e non potevi restare certo indifferente al solo pensiero che i bianchi spadroneggiassero, a scapito dei fratelli negri costretti a vivere una vita di stenti nei lavori più duri e, per di più, considerati di seconda classe. E volevi che gli uomini fossero veramente umani, nel rispetto dei valori più semplici e profondi al tempo stesso, non addossando agli Africani la sola colpa di essere scuri di pelle e per ciò segregandoli e non privilegiando i bianchi che, solo perché tali, vogliono arrogarsi la superiorità.
Mi chiedo: com’è possibile che ancora sussistano queste differenziazioni?
Addirittura, in certi Paesi – come nel tuo – il razzismo è legalizzato, quasi a voler togliere dalla coscienza dei singoli il complesso di colpa che tale pratica genera; in altri lo spettro razziale è vivo e vegeto, e il suo spiritello s’insinua là dove apparentemente tutto sembra vivere in pace. E noi non potremo mai dimenticare le votazioni antitaliane tenute qualche anno fa in Svizzera, l’accanimento della Germania contro i Turchi, della Francia e dell’Italia nei confronti degli immigrati provenienti dalla vicina Africa».
Ho voluto leggere di proposito questo articolo, perché da esso viene fuori la sensibilità dell’uomo Salvatore Vecchio e per sottolineare come questa sua sensibilità abbia permeato, permei e continuerà a permeare, sono sicuro, non solo i suoi scritti ma anche l’intera impostazione della rivista. Lunga vita, quindi, a “Spiragli” e un affettuoso complimento a tutto il suo staff.
Salvatore Valenti
Da “Spiragli”, anno XXII n.1, 2010, pagg. 4-8.