«Roma», «Romina», «Rominalis», «Romus», «Romulus»
Lasciato l’aeroporto di Otopeni e caricate le valigie, in macchina lungo il vialone che porta alla Capitale, chiedevo all’autista quale il significato dci nome: «Bucuresti», Quel bravo uomo, ammesso che i tassisti di tutto il mondo han la stessa grinta e la stessa cultura locale, ridendo, rispondeva: «Bucuresti da Bucur il pastore mitico» e soddisfatto il Rumeno, soddisfatto anche l’Italiano che si accontentava della risposta non potendosene aspettare altra e diversa.
Questo il caso di città che prendeva nome dall’eroe eponimo come Atene da Atena in Grecia, Alessandria da Alessandro in Egitto, Palinuro da Palinuro e Gaeta da Gaeta in Italia.
La curiosità e l’insoddisfazione, madre e matrice l’una e l’altra di conoscenza e scienza, mi spingono a rivisitare la leggenda della fondazione di Roma tanto importante per i Romani esquilini e inquilini dell’Urbe che da quella data: «Ab Urbe Condita» contavano gli anni, i lustri e i secoli.
Si legge, e questo corre sulle labbra dell’inclito e in bocca al volgo, che Romolo, fratello gemello di Romo, segnasse col vomere dell’aratro tirato da vacca all’interno e da toro all’esterno il solco della cinta muraria della nuova città che nessuno doveva scavalcare per nessun motivo e per nessuna ragione. Romo, il fratello maggiore concepito dopo ma nato prima, per matta voglia o dispettoso gusto scansando i varchi fatti da Romolo nel solco per far le quattro porte, ubbidendo al sacerdote che gli gridava: .Porta!, .Porta!., scavalcava il sacro solco, Romolo, il fratello minore concepito prima ma nato dopo, ucciso il fratello, veniva acclamato primo re della città chiamata Roma dal suo nome.
«Rom+a», «Rom+ina», «Rom+in+alis», «Rom+us», «Rom+ulus»; cinque nomi con la stessa base ma con suffiziali diversi debbono indicare cinque cose tra loro semanticamente collegate.
Roma e Bucuresti: due città capitali di due nazioni neolatine con nome avuto dal rispettivo eroe eponimo. Il tarlo del dubbio cominciando a ronzare decidevo di liberarmi del tarlo sempre più insistente.
La leggenda anche se bella resta leggenda e nulla ci dice del rapporto tra nomi e realtà lasciandoci perplessi: «Roma» da Romolo o Romolo da «Roma» potrebbe sembrare uno scherzo e non lo è.
I Filologi, gli Storici, i Numismatici, gli Antiquari sul problema han detto, han scritto, hanno sussurrato quanto potevano, ma nessuno d’essi capace di sciogliere il dubbio e di risolvere il problema.
Quelle menti dotte, anzi dottissime, han scritto, han detto, hanno sussurrato perché lo credevano: «Roma» significar: 1) «Amor»; 2) «Valentia»; 3) «Fiume»; 4) «Forza»; 5) «Poppa».
Logicamente, delle cinque soluzioni una la vera o nessuna la vera; se di esse vera una o vera nessuna, sarà compito della «Taratalla» dimostrarlo applicando alla questione la .Metodologia Sperimentale, già utile in altre ricerche e più difficili.
La Filologia Sperimentale apre la discussione movendo dalla prima soluzione: «Amor» anagramma di «Roma».
A prima vista, l’anagramma seduce e inganna ma la soluzione inaccettabile per chi incapace di tramutare gli Aborigeni Latini abitatori del Colle Capitolio in cruciverbisti «ante tempus, che invece di montar a difesa della Città Quadrata: «Romanus sedendo vincit»1, se ne stavano in panciolle occupati a stilar anagrammi. Gli Aborigini Latini e i Quiriti lor non lontani nipoti sono diversi dai «Graeculi» che aborrendo le armi e preferendo la cultura, nel Museo d’Alessandria e dintorni, stilavano dotti e, per Giove!, raffinati epigrammi e anagrammi.
La Filologia Sperimentale fa notare: i «toponimi» pur potendo per capriccio o per voglia essere anagrammati, restano sempre «toponimi» e nulla e nessuno riesce a mutarli tanto essi vischiosi e insopprimibili2.
L’anagramma non avendo nulla con la leggenda di Roma, nulla ha a che fare con l’indagine e per questo esso accantonato.
La Filologia Sperimentale rivisita la seconda soluzione: «Valentia»: il nome arcano dell’Urbe; arcano il nome era e arcano il nome resta, ma se esso porta e sopporta il nome antico di Roma, non avendo esso nessun rapporto con il «toponimo» e con la leggenda dell’Urbe, esso resti nelle menti dei dotti ma lo si cancelli da chi ha in mente un solo obbiettivo: scoprire se il nome «Roma» ha qualcosa che lo ricolleghi alla leggenda e alla fondazione della Città. Sulla città di Roma, da tempo fondata e minacciosa sulla riva sinistra del biondo Tevere: «in ripa Romana», calavano le Forze combinate Etrusche dalle città della Dodecapoli e Roma cadeva sotto il dominio etrusco e dei Lucumoni Tarquini.
Gli Etruschi facevano entrare l’Urbe nella storia; gli Etruschi davano a Roma il meglio delle loro conquiste e per gli Etruschi Roma si avviava verso il suo glorioso destino. Che gli Etruschi chiamassero la città conquistata: «Roma» da «Rumon»: «fiume» intendendo con quel nome dire: «la Città del Fiume« è cosa lecita, logica e fattibile se è diritto del conquistatore lasciare traccia di sé nei territori e nelle città conquistate, ma anche ai conquistatori non è permesso mutare i «toponimi» che resistono, che sopravvivono a tutti gli sforzi fatti per cancellarli dai documenti e dalle menti delle genti.
I Romani si ribellavano al dominio straniero e cacciati gli Etruschi si riprendevano la Città e dando forma al nuovo regime politico ridavano a «Roma» il suo nome nel vero e antico significato.
Dal meridione avanzavano i Greci armati di cultura, non di armi e la loro invasione era peggiore e più penetrante di una conquista armata. I Greci nei loro scritti parlavano della leggenda di «Roma», ma anche quegli eruditi facevano uno sbaglio: essi non collegavano il ‘nome «Roma» con la leggenda; non facendone un «toponimo», per nobilitarlo lo collegavano con la voce greca: «rhome»: «forza» e così contenti essi, contenti quanti, e sono una lunga schiera in infinita pompa, oggigiorno ripetono «Roma: Forza», con un colpo solo tradendo linguistica e leggenda.
A far saltare l’ipotesi greca basta osservare: il «toponimo» aborigeno perché dovuto agli Aborigeni Latini abitatori antichi di quei famosi e fatali Colli prima che vi calassero gli Etruschi e ancor prima che vi salissero i Greci.
Dimostrate false e inaccettabili le quattro soluzioni avanzate a spiegar il nome -Roma», resta da esaminare la quinta e ultima: «Roma=Poppa» per vedere se l’uguaglianza regge o non regge.
«Ruma» o «Rouma=Poppa» si fonda sull’autorità di Festo che al nome collega: «dea Romina, ‘:ficus Ruminalis•. La Filologia Sperimentale che non tiene affatto conto del -principio d’autorità., non s’inchinerebbe davanti a Festo se non vedesse concorrere a sostener Festo l’orografia e la linguistica assistite dalla leggenda. Il Colle Capitolio che ancora porta le tombe degli Aborigeni abitatori del Colle fatale, a quei tempi, staccato da tutti gli altri Col, li intorno, si offriva agli occhi come una -Poppa., prima che la mano dell’uomo ne guastasse aspetto e forma.
Se la -diva Romina.: -Rom+ina. era la dea delle poppe e dell’allattamento alla quale le mamme romane alzavano preghiere e levavano voti per aver le poppe di latte gonfie da porgere ai pargoletti lor figli: i magnanimi nipoti di Romolo; se il ‘:ficus Rominalis.: -Rom+ina+lis’ era il fico all’ombra del quale le mamme romane cercavano rimedio alle proprie poppe aride e secche, come n.egare che -Roma> significava: ‘poppa. se questo significato lo si ritrova palese e chiaro nella leggenda?
I due Gemelli: Romo e Romolo: -Romus·: .Rom+us. e -Romulus.: .Rom+ulus., figli di colpa grave, vennero lasciati in balìa delle acque allora bionde del Tevere perché in esse morissero travolti dalla corrente e dai forti vortici. Il dio Tiberino salvava i due bambini e spingeva a riva la cesta nella quale Romo e Romolo vagivano. Il pastor Faustolo li salvava e li affidava alla moglie Acca Larenzia perché li ristorasse con il latte dei suoi seni. La donna, ,vulgato cO/pore·, aveva soprannome: ,Lupa. e dai nomi di -Romo·: .Poppante. e di ·Romolo: Poppantello. e dalla .Lupa. nasceva la leggenda della -Lupa che allattava i due Trovatelli., come fa la Lupa conservata nel Museo cittadino di Alba Julia nella Romania. Così avvenne che ,Roma. non ebbe nome dal mitico fondatore ma Essa dava il nome al suo fondatore.
Resta la leggenda ma spiegata; resta il nome di ,Roma>: ,Poppa.: restano i nomi di Roma e di Romolo: i due gemelli poppanti; resta il ricordo di ‘Romina. dea dell’allattamento e di -Rominale., il fico dell’allattamento dal latte denso e vischioso all’ombra del quale le mamme romane, a miracolo ottenuto, saziavano la fam ~ dei loro ·Romiio e delle loro -Romule·.
Resta Roma e l’antica sede dell’-immobile CapiL;lii saxum. (3) e la sede cristiana dell’-immobilis Petri Petra. (4) continua dal suo inesausto seno a porgere all’umanità il perpetuo flusso della civiltà e del progresso perché questo volle il .FatuTTl’ (5) romano, perché questo si volle dalla cristiana .Providentia. (6).
[Origen).
– -Petro primum Dominus super quem aedlfteavit Ecclesiam et unde unitatis originem insntuit et ostendit, potestatem istam dedit ut inde solveretur (in coelis) quid nle solvisset. (Cypr. ,_Epp. 73) (Sugg. Don Lorenzo Rossetti, parroco in Canale Monterano).
Chi traduce e intende Fatum: destino, fuorviato in questa lettura dalla cultura greca surretizialmente infilata dai «Graeculi» nella cultura romana, non può intendere la sostanza della cultura romana tanto distante dalla greca quanto Roma distava da Atene.
Davide Nardoni
1. Varro, De Re Rust, 1, 2, 3.
– Tit. Liv., Ab Urbe Condit., II, 12; XXII, 39.
2. In Brasile: .Maracana., .Taubatb, .Iguazù., etc., sono toponimi indi che i Portoghesi non sono riusciti sradicare, che la moderna cultura e i «mass-media» non sono riusciti a cancellare dalle menti e dalle lingue.
– L’imperator Adriano fondava .Aelia Capitolma» sul sito della distrutta Jebùs, Salem,
Jerusalèm: città trinonima ma il nome scompariva e lo ricorda solo lo Storico che lo toglie dal mucchio delle fossilizzate parole per ridargli un passaturo sospiro di vita.
3. Verg., Aen., IX, 448.
4.Latuit aliquid Petrum aedlfteandae Ecclesiae Petram diclum, claves regni coelorum consecutum et solvendi et alligandi in coelis et in terris potestatem? (Tertul., De praescript., 22).
– ‘Magno illi Ecclesiae fundamento et Petrae solidissimae super quam christus fundavit Ecclesiam.
5. Fatum· da -far. è la -parola. della Divinità Somma invisibile, inconoscibile, inconosciuta, senza tempio, senza simulacri a rappresentarLa, senza collegio di sacerdoti che sola organizza l’universo intero mondo secondo il piano arcano: arcana Fatorum che Giove e gli altri partecipi del Celeste Senato possono e debbono svelare agli uomini per segni: «signa», da interpretare.
6. Nella Providentia cristiana, se c’è cristianesimo, c’è anche, almeno nella esterna scorza se non nella interna sostanza, dello Stoicismo, se è vero, come è vero, e chi può negarlo, che la mentalità greca ha tutto guasto per dar ragione al detto empirico: «Chi sa, fa; chi non sa, insegna!» che è più di un programma, che è più d’una rovina e d’una eterna sconfitta!
Da “Spiragli”, anno I, n.4, 1989, pagg. 8-10.