Nel segno della cultura 

Signore e signori, buonasera, benvenuti a questa manifestazione e grazie per averci onorato della vostra presenza, qui in questo magnifico salone, gentilmente concessoci dall’amico e collaboratore J. P. de Nola. 

Sentitamente ringrazio il prof. Tommaso Romano per la sua esaustiva, interessante relazione che ha messo in risalto tutto il percorso della rivista nell’arco di questi venti anni di attività soffermandosi sugli aspetti che meglio la caratterizzano. Un grazie va all’amico editore Renzo Mazzone che da alcuni anni collabora fattivamente con noi, mettendo a disposizione anche la sua lunga esperienza editoriale per aiutarci a migliorare e rendere più appetibile “Spiragli”. E consentitemi anche di ringraziare mia moglie e mia figlia Rita che con molta pazienza mi aiutano e collaborano in questo non facile lavoro. 

Il titolo della relazione del prof. Tommaso Romano: «“Spiragli”, cammino di cultura» è indicativo, perché effettivamente la rivista è nata sotto l’insegna della cultura, come un bisogno soggettivo, una specie di paideia, di humanitas, che spingeva ad avere uno strumento per esternare qualcosa che ci portavamo dentro. Successivamente, essa assunse il significato di bildung e poi di kultur o civilization. Voglio dire che rientrò nell’accezione di cultura che integra l’altro e, quindi, globalizzante. 

A sfogliare tutta la produzione di questi 20 anni di attività l’impressione che abbiamo è proprio questa. Ed è un qualcosa di positivo, di speranza per tutti, perché solo progredendo nella conoscenza, possiamo augurarci il bene, che è garanzia del vivere civile; ed è un assunto che ci si poneva fin dall’inizio, guardando fiduciosi alla letteratura, alle arti, alla scienza, alla scuola, ai problemi che ci circondano. E lo abbiamo fatto sostenuti dal contributo di idee e di scritti dei tanti amici qui presenti stasera, e di tanti altri un po’ sparsi in Italia e nel mondo o di altri che non ci sono più a cominciare da Romano Cammarata, che ci fu molto vicino e seguì con interesse la rivista, poeta e scrittore, apprezzato per le sue opere esplodenti vita, pur essendo intrise di un dolore nascosto; Avelino Hernandez, lo scrittore spagnolo che cominciò ad amare e a riprendere nei suoi scritti la Sicilia; Davide Nardoni, filologo sperimentale che per diversi anni tenne la rubrica “La Taratalla”; e l’ispettore superiore dei BB. CC., nonché scrittore e fine poeta, Giovanni Salucci che collaborò e non mancò di sostenere anche finanziariamente la rivista. 

Fin dall’inizio, “Spiragli”, com’è nel sottotitolo, si è interessata di arte, di letteratura e di scienze, nella sua accezione più larga, e non ha mai tralasciato i problemi di attualità ha ospitato lavori sulla pace e anche quando ha trattato il problema della guerra, lo ha fatto per dire tutto il suo rifiuto, perché la pace va ricercata col dialogo e mai con l’uso delle armi. Si era nel 1989, alla caduta del muro di Berlino, e si pensava che le cose sarebbero cambiate in meglio, ma l’unilateralismo scoprì subito il suo volto negativo e alle tante guerre in corso in Africa e altrove se ne aggiunsero altre ancora più distruttive e micidiali. Proprio allora si è affrontato il tema della guerra, e quando si parlava di esportazione di democrazia, eravamo con altre voci che ritengono impossibile poterla esportare. 

Così altri temi di grande attualità come l’inquinamento o l’integrazione, allora come ora problemi aperti che aspettano una soluzione, se non si vuole arrivare all’irrimediabile o alla rottura con le tante popolazioni che chiedono aiuto ai Paesi occidentali. 

Uno spazio privilegiato è stato da sempre riservato alla Sicilia, alla sua storia, ai suoi uomini, grandi come lo è la loro terra, specie a quelli che l’hanno descritta con obiettività nel bene e nel male, a differenza di quanti la presentano in negativo. E se noi Siciliani siamo additati come mafiosi, non facendo alcun distinguo, si deve proprio alla propaganda negativa di questi scrittori che lucrano, dando un’immagine storpiata della realtà siciliana, dimentichi della stragrande maggioranza lavoratrice e onesta che sa – come scrive Dino D’Erice – che «il profumo della vita / è l’odore del frutto maturo / nato / dal seme / messo a dimora / con le nostre mani». 

L’attenzione maggiore di “Spiragli” è rivolta all’arte, alla letteratura, alla poesia, che aprono al bello e, volendo parafrasare le parole del poeta, «illuminano d’immenso», facendo recuperare il positivo che è in noi, l’umano che spesso è sopraffatto dal materialismo più deleterio o dai tanti “grandi fratelli” che dicono il marciume imperante nella società odierna. A tutto questo riparano la buona letteratura, l’arte, la poesia, capaci di risollevare l’uomo e fargli accettare la vita in rapporto amichevole con l’altro, materialmente lontano, di colore di pelle diverso, eppure vicino, simile, per sensibilità e aspettative. 

Per questo e a buona ragione, Heidegger aveva dato risalto alla parola poetica, perché dispensatrice di verità, aprendo all’essere e disvelandolo. Scrive: «Ma chi sarà in grado di rintracciare questa traccia? Le tracce, sovente, sono ben poco visibili, e sono sempre il retaggio di un’indicazione appena presentita. Essere poeta nel tempo della povertà significa: cantando, ispirarsi alla traccia degli Dei fuggiti. Ecco perché nel tempo della notte del mondo il poeta canta il Sacro». 

Un giorno, Avelino Hernandez, parlando di poesia in senso lato nel suo rifugio di Selva di Majorca, mi disse: «La poesia è una vecchia cieca e zoppa, eppure vede bene e cammina». Di qui l’esigenza di averla vicina e di nutrirsene, perché oggi più che mai, si ha bisogno di camminare sicuri e di vedere ciò che compete per realizzarci come uomini e come persone. 

Questo è il fine della cultura, e ad essa dobbiamo tendere, se non vogliamo rimanere schiacciati e “gettati nel mondo”, senza alcuno scampo. Ma oggi si tende a darle minor peso nelle istituzioni e ovunque. Non si vuole che le masse camminino con i loro piedi, che vedano e tocchino con le proprie mani la realtà che le circonda; non si vuole che siano consapevoli, perché alcuni, i pochi, possano continuare a manipolarle e gestirle, secondo piani ben precisi, studiati, ma sempre a loro vantaggio. Perciò non si pensa nemmeno lontanamente a sostenere e ad incrementare la cultura; piuttosto si promuovono quelle attività materiali che rendono dal punto di vista produttivo ed hanno subito un’immagine di ritorno lucrativa. 

M. Pomilio, a proposito della rivista, qualche mese prima di morire così scriveva: «…le intenzioni iniziali sono chiare. A lei, ai suoi collaboratori, auguro buon lavoro, e molto coraggio, ché ce ne vuole per far durare simili imprese». E, infatti, ce ne vuole! Tante volte siamo stati tentati di interrompere la pubblicazione, ma ne siamo troppo attaccati per abbandonare una creatura che abbiamo visto crescere e dare i suoi frutti. 

Certo le difficoltà ci sono, e sono tante; le intuiva G. Salucci, quando scriveva: «Mi dicesti che avresti chiarito, su “Spiragli”, le modalità di aiuto e di contribuzione per la rivista, ma non c’è niente. Non lo dico per me, ma per gli altri. Io, comunque, siccome sono convinto che iniziative come la tua vadano sostenute, oggi stesso ho inviato il mio modesto contributo». Si era nel ‘93, quando le leggi fiscali, penalizzando le piccole attività facevano chiudere tanti esercizi commerciali. 

Ora, a distanza di anni, stiamo vagliando alcune modalità di contribuzione per migliorare ancora la rivista e per dotarla di un sito che metta a disposizione di tutti il lavoro fatto e quello che si andrà facendo. 

La manifestazione di oggi vuole essere un momento di verifica, ma anche di confronto (pertanto, sono graditi eventuali vostri interventi), per meglio operare a favore di questa realtà che riscuote consensi per il taglio editoriale che le si è dato, per i suoi contenuti di largo interesse e per l’anticonformismo che da sempre la caratterizza, facendola non strumento di parte, bensì di crescita individuale e collettiva come solo la cultura sa fare. A questo tende “Spiragli” con l’auspicio che si avveri. 

Salvatore Vecchio

Da “Spiragli”, anno XXII n.1, 2010, pagg. 16-18.




Un cammino di cultura 

Buon pomeriggio a tutti, prima di tutto ringrazio Jean Paul de Nola per l’ospitalitàsempre affettuosa e signorile in questa che è una casa della cultura e non solo una bellissima magione privata. 

È davvero importante dare merito, e soprattutto festeggiare una rivista, “Spiragli”, che si deve ad un intellettuale o, come meglio direbbe, e giustamente ci ha ricordato in uno dei primi articoli Titone, un uomo di cultura qual è Salvatore Vecchio che, intanto, salutiamo con un applauso, in quanto è l’animatore di questa impresa, perché di impresa trattasi. Vedete, una rivista che ha solcato 20 anni e che oggi è approdata da 4, 5 numeri nelle sapienti mani dell’editore Renzo Mazzone, punto di riferimento della cultura siciliana e non solo, che è qui con noi e che saluto come maestro di molti di noi, per l’affetto da un lato, ma soprattutto per la competenza, la cultura e la qualità della sua azione culturale e per avere preso nelle proprie cure questa prestigiosa rivista. 

Ma l’impronta marsalese, l’impronta siciliana di “Spiragli” è appunto, tutta del suo direttore, senza nulla togliere, come vedremo, agli autori. Diciamocelo francamente, una rivista è di cultura, di letteratura e, soprattutto, di chi la fa, di chi la fa con amore, con passione, con determinazione, con libertà Questa rivista, come leggeva prima il prof. De Nola, che tra l’altro è un collaboratore (io ho appena letto in questi giorni un bellissimo suo ulteriore contributo a Paul Bourget che egli ha pubblicato proprio su “Spiragli”), è nata all’insegna di questi valori, all’insegna, appunto, della libertà. 

Su questa rivista hanno avuto ospitalità tanti uomini di cultura: poeti, non solo italiani, narratori, saggisti. Ma, soprattutto, questa rivista nasce in una zona certamente complessa della nostra Sicilia che è Marsala (per quanto Marsala sia una bellissima città che io amo molto, anche per ragioni familiari e non solo perché è una bella città, essa, diciamolo francamente, pur avendo avuto specialmente negli ultimi anni una ripresa di attività culturale, non c’è dubbio che fino ad una ventina di anni fa, quando nasceva la rivista, era una zona abbastanza terminale della vita culturale siciliana e nazionale. Ad esempio, la galleria del Carmine ha in questi anni prodotto alcune importanti mostre che sono a vanto di questa città ma soprattutto, grazie a “Spiragli”, è diventata anche una città che ha irradiato la vita letteraria e culturale nel più ampio ambito siciliano, nazionale e internazionale. 

Intanto, il nostro prof. e amico Salvatore Vecchio, autore che ha esordito nel 1963 con la raccolta di poesie Primo Albore, presente in varie antologie, è autore di un libro di narrativa, Le lettere di Maria Clara Neves, pubblicato dalla Herbita nel 1984, di saggi molto importanti e soprattutto autore di saggi corposi e di una letteratura siciliana. Penso ai saggi su Cardarelli, Pirandello e Ionesco, a La terra del Sole, penso al numero unico che ha curato e anche ai tanti contributi dedicati a Romano Cammarata, artista, scrittore, poeta e anche alto dirigente della Pubblica Istruzione italiana. 

Quest’impresa nasce proprio all’insegna della libertà il primo numero dell’ ‘89, del gennaio-marzo ‘89, lo ha detto il prof. De Nola, nasce con quelle parole che abbiamo già sentito e con queste altre che vorrei leggervi, perché è il manifesto di fondazione di “Spiragli” e per vedere e verificare insieme, se in questi anni ha tenuto fede, secondo me assolutamente, a questo programma: 

In un periodo in cui tutto sembra correre verso uno sfascio senza alternative, e la materialità è dilagante, si sente il bisogno di ripristinare quei sani valori di una volta che davano fiducia nella vita e la facevano amare. 

Nostra convinzione, e di quanti la pensano come noi, è che se l’uomo guardasse un po’più dentro di sé certamente ritroverebbe tante di quelle risorse positive, che ora sembrano del tutto assopite, e necessarie per cambiare in meglio lo stato in cui si trova. 

Consapevoli che bisogna adoperarsi, oggi più che mai, per perseguire il bene, non rimane che rimboccarci le maniche per recuperare il senso vero della vita: la famiglia, l’micizia, il rispetto del prossimo… 

Questo è l’intento che anima i promotori e i sostenitori della Rivista, e per questo intento guardano fiduciosi alla letteratura, alle arti, alla scienza, alla scuola, ai problemi che li circondano, sicuri della loro importanza formativa e costruttiva insieme. 

Vedete, questo è un programma di ampio respiro, un programma che già dai primi numeri vedeva l’attenzione di intellettuali di grande livello, di scrittori, di critici: penso a Barberi Squarotti, a Mario Pomilio, a Francesco Spina, all’amico comune Francesco Grisi, un amico che resta per me e per molti di noi un punto di riferimento assolutamente non eludibile. Tutti questi andavano ad indicare nei primi numeri una sorta appunto di spiraglio. Infatti il titolo è lo spiraglio, direi, quasi la fessura che si apre verso la conoscenza, quella necessità di guardare oltre, attraverso una sorta di fenditura, attraverso una sorta di apripista. 

Quando recentemente (qui ho tanti colleghi e amici che ringrazio), parlavo di fondare una rivista in una classe di terza superiore, dicevo: – Ragazzi, voi non capite a volte cosa significa potere stralciare una tela e potere aprire una tela. A volte si dice: – E chi non sa fare una cosa del genere? Chiunque è in grado di dare uno strappo a una tela! Però il concetto è ben diverso! Il concetto significa “aprire oltre la tela “, “andare oltre la tela”, “guardare oltre”; comunque sia, il segno può piacere, può non piacere, è un problema estetico; concettualmente, l’idea è quello di andare oltre, e lo spiraglio è questo: vedere di aprire delle possibilità. E queste possibilità su che cosa si muovono, su cosa si misurano, su cosa si materializzano? Nella letteratura. Una letteratura che non è soltanto “narcisismo”, perché noi abbiamo l’idea – molti di noi, diciamo la verità – abbiamo l’idea della letteratura come narcisismo, come forma di autorappresentazione, di autoaffermazione, come se la letteratura fosse un bel vestito, una bella occasione, un bel modo per rappresentarci insieme, per stare insieme. Probabilmente la letteratura è anche questo, per carità mondanità ma certo è l’ultima cosa rispetto a quello che è il testo, rispetto a ciò che è la vera e propria funzione e direi anzi, per certi versi, missione fondamentale della scrittura. Da quando esiste la scrittura, cioè da quando l’uomo comunica attraverso i graffiti, che forma di scrittura sono, come lo sono i geroglifici, trasmette. 

Che cosa è un graffito? Cosa sono, ad esempio, i graffiti dell’Addaura? 

Sono forme di trasmissione, non solo il segno in quanto tale, sono forme in quanto tali. Naturalmente poi si codifica in linguaggio, e poi nella storia della civiltà Tuttavia “trasmissione” significa anche avere responsabilità di ciò che si trasmette; e questo è stato il senso della rivista in questi anni: è stato il senso della rivista con le difficoltà che soltanto chi fa riviste può saperlo. Soltanto chi stampa libri e chi ha quotidianamente a che fare, come Renzo Mazzone, ed anch’io (ormai da tanti anni, non quanto i suoi, ma insomma anch’io da tanti anni), ci portiamo dietro, da un lato, come compito, ma anche come, per certi versi, segno da esplicare ulteriormente nel segno della diffusione e della presenza, ma soprattutto, della identificazione della cultura. 

E allora cosa ha pubblicato “Spiragli”, cosa ha fatto in questi anni? Innanzitutto ha eletto, a mio avviso, alcuni punti di riferimento. Li ha eletti e, nel tempo, ne troviamo echi. Uno di questi punti di riferimento è a mio avviso, anche perché ho visto quasi tutti i numeri della rivista, Virgilio Titone. 

Non solo come grande storico e non solo perché se ne occupò sin dal primo numero, se non ricordo male, Calogero Messina, che fu un collaboratore attento della rivista, ma perché attraverso Virgilio Titone si è impresso, direi, anche nella desolata per certi versi provincia siciliana che è quella del trapanese (desolata lo era, anche secondo l’accezione di cui parla in un saggio molto attento e profondo Vecchio su Gentile, a proposito del tramonto o meno della cultura siciliana), il segno di una rinascenza. Tutto questo con Titone 

è stato il segno di una rinascenza. Una rinascenza che si basava soprattutto su una storia rivista, meditata e indagata secondo una categoria di ordine oggettivo e non soltanto soggettivo, pur essendo il nostro Titone, per chi lo ha conosciuto, come me e come molti di noi, un uomo di una difficoltà caratteriale senza pari. Io mi porto la fama di essere un poco spigoloso, e me la porto dietro con piacere, ma, diciamo, Titone era una delle persone non spigolose, era uno specchio aguzzo. Tuttavia chi ha avuto il segno e il senso della sua amicizia, e soprattutto della lettura dei suoi testi, capiva e ha capito che la libertà di Titone era paradigmatica al suo essere uomo integralmente calato in una realtà di crisi da un lato che egli ha violentemente, in termini anche di pubblicistica, attaccato alla radice; penso a Titone ricordato sulla rivista per la direzione delle sue riviste, una delle quali provocatoria anche nel titolo, intitolata “Quaderni reazionari”. 

Titone era un vecchio liberale, conservatore, amico di Croce. C’è un bellissimo testo, devo dire, che rievoca una mancata visita al grande filosofo, e questo è anche paradigmatica di un certo modo di fare cultura, narrata nelle pagine di “Spiragli”; è un lungo saggio, molto bello, che narra appunto questa mancata visita di Titone, allora già maestro del nostro Ateneo, e Koenigsberger, di origine tedesca, che diverrà un grande storico e studioso, autore anche di saggi pubblicati su “Spiragli”, un amico, un maestro, un vate, diciamo così un altro punto di riferimento della rivista. 

Titone un giorno al giovane amico studioso dice di volergli fare conoscere Croce. Siamo nel 1947 e i due si avventurano per treno in un viaggio troppo periglioso per quegli anni. A Napoli per un contrattempo non riescono ad incontrare Croce. Anzi, Titone nel timore di voler sollecitare con la visita una recensione, dice all’amico di andare lui. Così nessuno dei due vi andrà e dopo tre giorni fanno ritorno a Palermo. Questo per dire chi era Titone. 

Ma non solo. Su Titone c’è recentemente, credo nell’ultimo numero, un articolo che ne riprende, invece, la religiosità Titone era un uomo particolare nella sua religiosità assolutamente cosciente di una tradizione. Perché la coscienza della tradizione? Titone intanto era e lo diceva, lo dichiarava apertamente, un uomo che si muoveva secondo regole anche di tipo familiare, nel senso che diceva: “io sono nato in questa religione”, “sono nato nel cattolicesimo”, “mia madre mi ha insegnato queste cose e io vivo la mia religione secondo schemi che sono quelli della tradizione”. Tant’èvero che, come altri intellettuali italiani, come tanti uomini di cultura, aderì al Manifesto che fu firmato dalla grande scrittrice Cristina Campo e da Elemire Zolla sul latino, sulla liturgia tradizionale, perché Titone sosteneva che la Chiesa si secolarizzava con la lingua volgare e che il deposito della tradizione non poteva che stare nella difesa del latino. Naturalmente questo lo faceva da reazionario, da reazionario a suo modo, non secondo i criteri odierni; reazionario nel senso di reazione allo status quo, all’andazzo delle cose, alla dimensione, diciamo così del quotidiano, soprattutto alla sciatteria che già nei tempi si prospettava, non certo come la catastrofe odierna, ma aveva buoni indizi e buone aperture rispetto alla questione che stiamo quotidianamente vivendo. 

Altro punto di riferimento della rivista è stato, non solo perché si è pubblicato un saggio e non solo perché Pomilio, in una sua lettera al direttore, rispose dicendo che “le intenzioni iniziali sono chiare”, a proposito del primo numero. Pomilio, grande scrittore e uomo di straordinaria importanza, insieme a quell’altro amico, Michele Prisco, sono state coscienze di altissima levatura, esattamente sulla stessa linea di Mario Luzi, come coscienze anche inquiete del cattolicesimo italiano, attente da un lato ai segni del tempo, dall’altro alle risorse fondamentali dell’ identità e della fede. Il Quinto evangelio è una delle sue opere di fondo. Pomilio è un autore che va riletto, e la rivista ha proposto un articolo ampio con tutta una serie di elementi e soprattutto di critiche ai vari suoi testi. 

Pure un riferimento è certamente Ungaretti, citato spesso e soprattutto analizzato a fondo, e poi Pirandello; non solo per Pirandello, per l’amore e l’attenzione vigile del nostro direttore Salvatore Vecchio che è autore di saggi specifici, anche più di uno sulla rivista, ma per questo senso della Sicilia che indica la rivista da un lato come segno di contraddizione, dall’altro segno di una forte consapevolezza. 

La lettura di Pirandello proposta dalla rivista non è una lettura stereotipata, non è la solita lettura di Pirandello; e l’assurdo di Ionesco diventa nei testi di Vecchio il trait d’nion tra due colossi della letteratura europea, Pirandello e Ionesco. Ma soprattutto Pirandello resta autore europeo e non solo siciliano. 

Guai al sicilianismo dei confini, come se il mondo finisse a Reggio Calabria e lo stretto di Messina fosse il confine del mondo! Questa è una stupidaggine; quando si esaminano le letterature regionali, esse vanno certamente identificate con i loro presupposti, con il loro humus profondo, ma vanno identificate in una cornice sempre più ampia, mai limitata alle strettoie, né geografiche né linguistiche, né tantomeno legate al folklore vero e proprio. Infatti Pirandello resta europeo e resta un grande personaggio della storia letteraria europea e mondiale proprio per questa ragione, perché supera i territori. 

Mi piace sottolineare proprio, a proposito delle letture e riletture che fa “Spiragli”, l’altro personaggio che è stato assolutamente quasi ormai ignorato che è Nello Sàto, l’anarchico, diciamo, individualista da un lato e utopista Nello Sàito, a cui Vecchio e la rivista hanno molto insistito negli anni, pubblicando anche delle lettere, dei resoconti, e pubblicando un’attenta ricognizione sulle opere e poi una memoria. Bellissimo articolo che ho riletto fino a ieri sera, quello in morte di Sàito che indubbiamente ci ricorda un altro scrittore, geniale a suo verso, nato a Roma ma siciliano nella essenza più ampia, che è un altro autore da riscoprire, che la rivista ci invita a scoprire. Anche quello è un segno; la rivista non può soltanto, diciamo così parlare dei grandi e mettere solo temi e autori consueti. Bene, “Spiragli” ha avuto e ha questo compito di indicare altri, anche attraverso le tante recensioni di altrettanti autori, che qui sono presenti e che poi saluterò che indubbiamente entrano nella cornice generale di questo movimento che èmovimento anche delle lettere in Sicilia e non solo. 

Ma poi c’è il tema dell’umanesimo siciliano, non solo inteso filologicamente e storicamente, altro attento saggio, ampio saggio, a firma di Salvatore Vecchio, ma direi “umanesimo siciliano” inteso come metafora di alternativa rispetto all’ovvio e, in fondo, quell’”umanesimo siciliano” fra il ‘400 e il ‘500 diventa la misura di una possibile ripresa anche in Sicilia che certamente nel ‘900 ha avuto esponenti di grande rilievo. Su questo non c’è dubbio. La stranezza nostra, ma per molti versi anche la nostra originalità consiste proprio in questo: da un lato indubbiamente una certa marginalità geografica e anche culturale (che cosa sono i grandi centri della cultura, cosa le riviste, cosa significa fare arrivare le nostre cose fuori), ma dall’altro lato anche la difficoltà. 

Prendete, per esempio, un centro che, a mio avviso, diventa emblematico di questa contraddizione e che si chiama Bagheria, un centro emblematico di corruzione e di distruzione sfrenata del territorio. Un centro, una città bellissima, ma se andate a visitare Villa Palagonia, trovate uno scempio, ridotta a spettacolo indecente, una cosa orrenda. Eppure Bagheria ci ha dato personaggi che si chiamano Renato Guttuso, Ignazio Buttitta, Giuseppe Tornatore, ma che si chiamano pure poeti minori, come Castrense Civello (autore anche di Renzo Mazzone che pubblicò un libro su Gioacchino Guttuso Fasulo), Giardina, e poi i fotografi Scianna e Pintacuda e tanti altri. Questo lo dico perché in fondo Bagheria è la sintesi di quella che è la Sicilia, è la sintesi anche del nostro cammino, cammino irto, difficile, complesso, soprattutto alla ricerca di quell’”umanesimo siciliano” a cui prima si faceva riferimento. E sono i temi che poi affrontano intellettuali nostri. Penso ad Elio Giunta che scrive in uno degli ultimi editoriali e poi anche in articoli delle questioni riguardanti la letteratura in Sicilia e da un lato di quell’anticonformismo che si va cercando, che si va predicando anche in nome di anti che poi diventano soltanto bla bla. 

Penso agli articoli sulla giustizia, agli ultimi che sono stati proposti da un altro grande studioso, poeta, intellettuale e giurista che è stato Antonino Cremona, un vanto per la rivista “Spiragli”, perché Antonino Cremona è stato anche un testimone della vita culturale siciliana del secondo dopoguerra. Ma poi ancora ci sono i temi su cultura e ostracismo, i temi riguardanti i giovani e la famiglia, la giustizia, la natura, e l’atteggiamento, la predisposizione, direi, che la rivista ha sempre avuto nei confronti dei temi artistici, in particolare analizzando autori, come Sironi, Milluzzo, Antonello da Messina, Marcucci, Romano Cammarata a cui, come si diceva, la rivista ha dedicato un intero numero. E ancora temi filosofici. Pensiamo da un lato al 

saggio su Rousseau, fra democrazia e totalitarismo di Anna Vania Stallone, gli articoli della Cacioppo su Cartesio e Spinoza e ancora quelli riguardanti naturalmente la letteratura, le stroncature, i profili e i saggi legati a Gentile, sui quali spendiamo una parola in più. 

I saggi pubblicati sulla rivista in numeri passati suggeriscono riflessioni su Gentile. Da un lato, c’è naturalmente l’attenta analisi di Vecchio e, dall’altro, c’è un articolo a corredo, se non ricordo male, in quel numero stesso, di Stallone, “Restituiamo a Gentile la sua dignità”. Qual è l’analisi di Vecchio? Certamente Gentile è un gigante, un gigante della cultura, un gigante della filosofia (si può essere d’accordo, non d’accordo, questo fa parte del gioco della vita) ma, non c’è dubbio che il velo di silenzio su Gentile è solo del provincialismo culturale. Insomma, si può parlare di tutto ed è come dire che si vuole omettere, per chi marxista non è, Marx dalla storia della filosofia. È proprio una stupidaggine; è come omettere una parte (giusta o sbagliata che sia) della storia del pensiero. Gentile, quindi, è non solo un grande filosofo, ma anche un attento osservatore delle cose. È tuttavia la tesi sul tramonto della cultura, a cui prima ci si riferiva, una tesi che Vecchio, coraggiosamente direi, anche nel momento storico in cui scrive l’articolo, contesta guardando i segni. Ecco, parlavamo un po’ prima di Bagheria come metafora, Bagheria, come naturalmente può essere Marsala, può essere quello che volete voi, in ogni caso, la metafora della Sicilia letteraria. 

Come mai in tanta depressione, come mai al tramonto può sorgere una nuova alba? Come mai sorgono poi nel ‘900 figure che si chiamano Pirandello o Brancati? Come mai, in tanta depressione rispetto a quell’analisi? Beh, una chiave di lettura che ci accomuna è appunto la riscoperta dei valori da un lato e la perenne attualità della letteratura e della scrittura letteraria e poetica dall’altro. Questi sono dati incontrovertibili, perché se vogliamo fare, come facciamo adesso, un bilancio di “Spiragli”, è anche un bilancio della cultura siciliana, per molti versi della cultura siciliana dal dopoguerra ad oggi, ma direi anche del ‘900, di quello che è stata la cultura siciliana del ‘900. 

Allora è un bilancio naturalmente critico, eppure un bilancio che porta a vedere con attenzione ciò che è stato e a vedere anche con una certa speranza, quella speranza editoriale a cui avevamo fatto riferimento non solo sui valori, ma sull’individualità. Più che un fatto sociale, io direi, la letteratura siciliana è sempre stata ed è comunque un fatto di individualità come dovrebbe del resto essere sempre la scrittura, non è stato mai un movimento organizzato, movimenti o gruppi. 

Pigliamo il caso del futurismo in Sicilia. Qui c’è la prof.ssa Rampolla che ha scritto tra l’altro tanti saggi, 

recensioni, anche molto importanti su “Spiragli” e che ha scritto un libro su Federico De Maria, il quale entra in contatto con Marinetti, con l’idea rivoluzionaria della letteratura, e conia il termine avvenirismo. Ma sarà Marinetti, che era un genio straordinario dell’invenzione, a fondare il futurismo. Ciò che non era riuscito a De Maria, riuscì a Marinetti. Ebbene, De Maria, senza la deformazione ideologica di un Vittorini o di un Brancati, ci dà la misura di cosa è stata ed è la cultura siciliana del ‘900. 

Anche questa rivista non ha carattere ideologico; ha un suo programma preciso a cui ha tenuto perfettamente fede; essa non è di parte, ma aperta, come deve essere la letteratura, la cultura, aperta al dibattito, al confronto. Questo non vuol dire che è una rivista sincretista, è una rivista che ha un’identità che pone l’identità in parallelo con altre realtà e con altre culture, come dimostra la collaborazione con poeti e con intellettuali di altri Paesi che si è manifestata negli anni. In questi ultimi anni, anche grazie a Renzo Mazzone, devo dire, per i poeti e gli scrittori brasiliani, ma prima va citata, a merito della rivista, la corrispondenza e la collaborazione con autori di diverse nazionalità tra cui quella con l’italianista spagnola Ángeles Arce, con lo scrittore Avelino Hernandez, poeta, narratore e autore di libri per ragazzi che poi è diventato anche un punto di riferimento. Ma nelle pagine di “Spiragli” trovate tanti di questi contributi. 

Possiamo naturalmente parlare di quelli che sono i “Problemi e discussioni”, un titolo delle rubriche ferme della rivista. Certo, problemi e discussioni la rivista ne ha posti molti, innanzitutto sulla praticabilità della letteratura. Il problema della praticabilità della letteratura in Sicilia è stato affrontato da “Spiragli” con la determinazione che si deve ad una palestra di libertà e poi anche dai vari collaboratori o coloro che sono stati. Qui vedo il giudice Osnato che saluto, un ottimo e importante poeta, accolto nella rivista anche con recensioni, così come Anna Maria Adragna, il nostro amico Cangemi, la prof.ssa Rampolla, lo stesso nostro padrone di casa. Tuttavia l’ampia gamma di collaboratori deve riferirsi anche al territorio nazionale, soprattutto a Donato Accodo, che è stato per molti anni il tramite della rivista con la E.I.L.E.S, anche lui un critico e un saggista di vaglia e poi alla corrispondenza di tanti autori nazionali e internazionali. 

Io, qui, concludendo, ritengo che veramente di “Spiragli” bisogna avere la collezione completa. “Spiragli” è una rivista che si scrive, appunto nella rinascenza possibile della cultura siciliana, possibile ma concreta, testimoniata quotidianamente; se poi sia complessiva o meno, non è Camilleri che la determina. Lo dico con molta franchezza e con molta onestà intellettuale, non è Camilleri che la determina; con tutto ciò per carità gli diamo tutti i benefici d’inventario, gli diamo anche opere a volte buone e accolte, anche se, diciamo, non proprio identificabili come opere letterarie. Tuttavia, comunque, una presenza, ma non è quello il punto evidentemente. Certo, Sciascia lo è stato; Sciascia, contestato da Messina in un articolo, come lo contestava Titone. Eppure ritengo che la coscienza che è stato Sciascia ancora oggi è punto di riferimento, punto di riferimento di libertà individuale, anche di contraddizione; sapersi contraddire e saper rivedere le proprie opinioni, le proprie idee, soprattutto camminare nel sentiero della libertà è sempre, comunque, un’operazione complessa, difficoltosa, e Sciascia è stato anche lui un testimone straordinario di questa ascesa verso la verità una verità laica per il Nostro, tuttavia una verità che poi la letteratura, la poesia, la stessa filosofia ovviamente in primis debbono condurre come obiettivo di fondo, come conoscenza fondante. 

In tutto questo la rivista assume un suo profilo e il bilancio che è già stato fatto 10 anni fa (io ho trovato anche la noticina di 10 anni fa), stavolta lo facciamo insieme a voi. Devo dire anche con un pubblico scelto di scrittori, poeti, narratori che sono qui presenti, davanti al quale il piacere e l’onore che mi ha dato stasera di discutere con voi mi dà anche il senso di una libertà. Salvatore Vecchio e io siamo amici, abbiamo un buonrapporto, ma non abbiamo avuto mai in questi venti anni straordinari rapporti; ci siamo visti, ci siamo incontrati in varie occasioni, devo dire che lui mi ha invitato sempre a scrivere; io, per la verità per la mia proverbiale pigrizia, ho dato poco o niente, per la verità niente. Però i rapporti sono stati sempre costanti; c’è un punto di riferimento: si sa, si sapeva che veniva e arrivava la rivista, arrivava cioè un punto di riferimento che ancora oggi resta utile alla conoscenza di quella cultura siciliana e non solo alle discussioni, ai temi e ai problemi che la cultura siciliana pone. Quindi a Vecchio, a tutti i suoi collaboratori, a tutti gli amici che hanno seguito e seguono e, direi anche, a Renzo Mazzone, un ringraziamento della comunità palermitana, ma anche il ringraziamento sincero di chi vi parla. La comunità palermitana variegata, difficile, complessa di scrittori, poeti, narratori e tutto quello che volete, saggisti e che, però, è riuscita negli anni ad avere anche una dignità, e questo confronto è presente nella rivista con tanti autori e noi ringraziamo per l’ospitalità che è stata sempre data a tutti noi palermitani e non come capitale dell’Isola ma come centro vivo, ancora vivo della cultura e soprattutto della speranza che la Sicilia incarna. 

È quell’umanesimo, concludendo, a cui si faceva riferimento, l’umanesimo della ricerca e della speranza; quell’umanesimo che si fonda su valori perenni e che tuttavia si confronta, dialoga con il mondo, ma soprattutto dialoga interiormente. Avrebbe detto il nostro Piero Scanziani, un viaggio entronautico dentro la letteratura che poi è un viaggio entronautico entro tutta la vita. In fondo la letteratura non è soltanto uno svago, non è un hobby; chi dice che la letteratura è un hobby non è né scrittore né letterato, è una persona che scrive su fogli di carta. La letteratura è tutto rispetto al fatto che la vita si muove attraverso la scrittura, non è un fatto episodico, non è un hobby della domenica. In questo senso “Spiragli”, nel suo titolo, nella sua storia e nelle complessità delle sue pagine, ci rappresenta e ci rappresenterà ancora per tanti anni. Grazie. 

Tommaso Romano

Da “Spiragli”, anno XXII n.1, 2010, pagg. 8-16.




 Uno strumento di prestigio 

Signore e Signori, buona sera, sono qui con voi per onorare “Spiragli” della cui Redazione faccio parte sin dal 1989. L’inizio del percorso non è stato facile, come non facile, del resto, per molte realizzazioni al primo impatto con la realtà. Epperò, come spesso accade nelle comuni durezze, con tenacia e coraggio anche gli ostacoli più duri vengono superati. Lo ha dimostrato Salvatore Vecchio, fondatore e direttore della Rivista, al quale va il nostro vivo ringraziamento per le sue interessanti pagine dense non solo di sicilianità ma anche di orgogliosa italianità 

Coadiuvato dalla prof.ssa Maria Di Girolamo, sin dai primi numeri della Rivista, ha ricevuto apprezzamenti di studiosi di varie correnti culturali, con conseguente crescita dell’indice di gradimento anche in diversi stati esteri: Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Spagna, Canada, Brasile, Giappone, Messico ed ora anche in Cina, tanto per citarne alcuni; e l’elenco sarebbe ancora troppo lungo, come altrettanto lungo il tempo per illustrare il lavoro svolto dagli studiosi che hanno contribuito a fare della Rivista uno strumento di prestigio nell’ambito della cultura nostra e internazionale. A costoro il plauso nostro e di tutto il Comitato di Redazione. 

Del prof. Vecchio numerose le opere di elevato valore culturale. Ne cito alcune: Vincenzo Cardarelli l’etrusco di Tarquinia, Pirandello e Ionesco, La Terra del Sole, La letteratura siciliana (vol. I). Molti i riconoscimenti di merito, tra i quali il “Premio della Cultura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Accademico Honoris causa dell’Accademia Siculo-Normanna di Palermo e Monreale. 

Sorge spontanea una domanda: ma che c’èdi più propriamente diverso che in “Spiragli” desta particolare interesse e aumenta il numero dei lettori? 

A chi è abituato a penetrare le profondità del pensiero dei vari scrittori non sfugge il fondamento di una cultura umanistica, intesa come continuazione del ruolo educativo e formativo che nella società possono svolgere ovunque, e in ogni tempo, coloro che attingono alle limpide sorgenti di un sapere che è stato sempre fonte di civile progresso. 

Sono questi i principi racchiusi in “Spiragli”, propugnati e trasmessi da Salvatore Vecchio, sensibile ai bisogni degli afflitti, degli umili, dei bisognosi, di chi vessato da una giustizia iniqua e assai spesso cinica, e aperto alle varie problematiche sociali. 

Liberalità umanità rispetto per la Natura, amore per tutto ciò che di buono e di bello eleva ad agognate altezze, sono gli elementi che danno vita alle nobili iniziative della Rivista, in linea con quanto stabilito sin dal suo esordio. Questo il segreto. 

“L’illuminismo teorico e l’empirismo conoscitivo accendono i fari dell’intelligenza” soleva dire il compianto Romano Cammarata, uomo di elevata cultura e di spiccate qualità morali, esempio di umiltà nell’espletamento delle sue alte funzioni nel Ministero della Pubblica Istruzione, grande innamorato della sua Sicilia. Lo stesso amore, le stesse idee dell’amico intellettuale sono quelle di Salvatore Vecchio da Lui indirizzato alla ricerca di approfonditi studi nel complesso panorama storico della vetusta Trinacria. Di quell’illuminismo non sono mai mancate, e mai mancheranno nella Rivista, anche pagine di vita dedicate all’Isola e ai suoi uomini migliori. 

Sulla spinta di condivisi ideali per mutare in meglio la società sono certo che, nella ricorrenza del futuro trentennale di “Spiragli” coloro che vi parteciperanno avranno contezza di aver creduto all’esistenza di un mondo extramentale da cui molte idee, balzando con forza alla nostra coscienza, ci sproneranno sempre a sperare in meglio e a bene operare. 

Ancora un elevato pensiero a coloro che non sono più con noi, a Giovanni Salucci, Davide Nardoni, Romano Cammarata, Mario Caruso, e a quanti altri in questo momento mi sfuggissero, ancora un grazie agli affezionati collaboratori, lunga vita ai nostri lettori, a quegli autori che, dall’alto delle loro cattedre ci trasmettono, coi loro scritti, esempi di probità e di civile progresso. Auguri. 

Donato Accodo

Da “Spiragli”, anno XXII n.1, 2010, pagg. 3-4.